
Diramazioni, rimpianti e incantamenti
Serie: Anatomia sepolcrale di un sogno
- Episodio 1: L’arrivo e le altezze
- Episodio 2: Il coltello e i ricordi
- Episodio 3: Nel cuore della notte
- Episodio 4: Ombre rosse
- Episodio 5: Le parole nel buio
- Episodio 6: Il temporale
- Episodio 7: La visione
- Episodio 8: La rivista di poesia ermetica
- Episodio 9: La finestra dell’albergo
- Episodio 10: Il solletico dell’assassino
- Episodio 1: La prima accoglienza
- Episodio 2: Ingresso in camera
- Episodio 3: Prima di cena
- Episodio 4: Inizio della cena
- Episodio 5: L’arrivo a Praga
- Episodio 6: Vita con Edo
- Episodio 7: Delle carte utili e inutili
- Episodio 8: Col respiro spezzato
- Episodio 9: Primi mutamenti
- Episodio 10: Incontro con il direttore
- Episodio 1: L’invito domenicale
- Episodio 2: La sentenza
- Episodio 3: Riverberi dal pranzo
- Episodio 4: Il sonno di Edo e la telefonata
- Episodio 5: Dalla parte di Gustav
- Episodio 6: L’arrivo di Lara in albergo
- Episodio 7: Il rischio e l’abisso della fiducia
- Episodio 8: La sosia
- Episodio 9: La fuga e il rigagnolo
- Episodio 10: Primi barlumi di vertigine
- Episodio 1: Sola al mondo
- Episodio 2: Un faro nella notte
- Episodio 3: Battiti nel sole
- Episodio 4: L’inaugurazione
- Episodio 5: In sala Picasso
- Episodio 6: L’ingegnere astrofisico, Cleofe e un avvelenamento
- Episodio 7: Impulso di fuga
- Episodio 8: Diramazioni, rimpianti e incantamenti
- Episodio 9: Confidenze notturne di una cantante in crisi
STAGIONE 1
STAGIONE 2
STAGIONE 3
STAGIONE 4
Le luci e le ombre del percorso in salita si alternavano a distanza di passi, per condurmi di fronte a un tratto chiuso che mi costrinse a una deviazione, portandomi a seguire altre traiettorie intermittenti, fino a una diramazione parallela, ancora ignota. Mi affidai alle poche segnaletiche, per poi raggiungere una zona desertica, dove ai lati di un corridoio di cartongesso e di polvere si estendevano dei teloni di plastica, oltre i quali si percepivano i riverberi dell’inaugurazione e le sferzate di un vento ululante, gonfio di pioggia. Mentre brancolavo alla ricerca di uno svincolo che mi portasse ai piani superiori, sentii una musica che mi soggiogò totalmente, annientando all’istante i miei ultimi propositi, dalla ricerca della camera numero 100 al mio impulso di fuga – eppure avevo rifiutato di entrare nel gruppo musicale degli avvocati del tribunale, quando al mio primo incarico mi era stato proposto. Avrei dovuto tirare fuori il mio vecchio trombone, riprendere qualche lezione dal mio insegnante americano di un tempo, ma io, cocciuto, mi ostinavo a partecipare solo ai corsi di ballo della scuola Nicanor Zabaleta, e ad altre assurdità , per sopperire con le tecniche di elevazione alla mia bassezza, quando in fondo era solo la musica il fattore che mi catturava più di tutti, ma il tempo, insomma, il tempo non c’era per dedicarsi a questioni che esulassero dalle attività del tribunale e dello studio legale, fin dai primordi della mia carriera era stato il mio grande cruccio: la difficoltà di conciliarle con altre dimensioni, più o meno artistiche. Non ero certo libero come il nostro poeta e compagno di classe dal temperamento istrionico, che inseguiva il suo sogno letterario senza avere concluso nulla di concreto – se non l’aver perso Margot. Rispetto a lui, avevo tutto. Una posizione affermata all’interno della società , attraverso il mio impegno nel tribunale e allo studio legale. Una moglie straordinaria, e grandissima fica – e non è poco, paragonandola alla sua sosia omonima, che ormai era diventata la bambola insignificante del poeta, e poi… insomma: restava la storia delle bambine, che avrei dovuto affrontare quanto prima, avendola trascurata, e mentre pensavo a loro la musica si fece più intensa, segno che stavo sprofondando verso le zone abissali dedicate all’inaugurazione. Mi parve di avvertire i profumi delle donne, la trama del loro respiro, oltre a una song di Nat King Cole emersa come una silfide dalla voce di una cantante, che reputai sin dal primo ascolto irresistibile.
La musica era sempre più vicina, ma non scorgevo nessun varco di accesso alla sala da cui si propagavano la voce della cantante e il suono dell’orchestra. Dopo alcuni metri un muro bianco bloccò la mia strada. La musica cessò di colpo, lasciando spazio a un vociare fitto di persone. Avvertii il tintinnio dei bicchieri, qualche risata, uno stropiccio di abiti e di passi, immaginando fossero tutti lì, già murati, gli adepti della rivista del nuovo ermetismo. Mi toccò ispezionare ogni angolo di quell’area anonima, oppressiva, per tentare un varco tra i teli di plastica che mi conducesse all’interno della sala, dove prima suonavano e cantavano la musica di Nat King Cole. Che peccato interromperla sul più bello. Era arrivato un passaggio straordinario, l’ultimo prima del break. Qualche notina sparsa dell’orchestra in pausa e poi le risate e gli applausi che ogni tanto scrosciavano con differenti intensità , come se provenissero da parti diverse dello stesso ambiente. Ipotizzai che la pausa della musica potesse dipendere dal cambio d’abito della cantante. Ne ebbi conferma quando la musica riprese con la voce di un cantante, dal timbro modesto, alquanto nasale, che ricevette, con mia sorpresa, degli applausi forti e assai più convincenti rispetto ai precedenti destinati alla cantante, a mio parere molto più brava e musicale di lui. Proseguendo a ritroso, nell’incantamento, mi accorsi di una porticina azzurra. Feci per aprirla e mi piombò nelle braccia una ragazzona elegante, in abito lungo da sera, che sembrava infuriata, come se avesse appena gridato o litigato con qualcuno. «Ops» le feci, quando me la vidi arrivare addosso, con il peso giunonico del suo splendore.
«Chiedo scusa, avvocato. Sono talmente distratta stasera… sarà per l’emozione. Ho appena finito di cantare» e intanto mi trascinò dentro e chiuse la porta, mentre mi profusi in complimenti straordinari, tutti sinceri: «Un’interpretazione eccellente, signorina. Non ho mai sentito in un’esibizione dal vivo una tale limpidezza e sensibilità vocale. E poi si trattava di Nat King Cole – l’ho riconosciuto subito! E quando camminavo nel corridoio pensavo a com’era bella la voce che lo sublimava, avvolta nel sonno o nel fumo d’autunno – è stata la mia prima suggestione, del tutto emotiva, naturalmente. Il fattore sonno in una voce femminile che canta nel cuore della notte, e che intanto sogna la musica e la song di Nat King Cole, non è che un valore aggiunto, dello stesso mood del fumo d’autunno, o della vecchia Londra, che attraversa una voce incantevole come la sua, che definirei unica, irraggiungibile».
«Oh, avvocato Gustav, non sa quanto mi rendano felice le sue parole. Lei mi parla addirittura del cantare sognando: è un’immagine che trovo straordinaria, e che adesso mi imbarazza e mi confonde non poco, mi creda. Sono emozionata. Mi ha anche detto che il mio livello sia unico, irraggiungibile, poi… e io che pensavo di essere fuori tono e fuori tempo. Ho visto, durante la mia perfomance, alcune espressioni contrariate del trombonista Alex, il più giovane e crudele dell’orchestra, un vero dèmone. Per dispetto, o arroganza, con il segno di un dito mi intimava di alzare la nota, quando la sentiva troppo bassa, oppure di abbassarla, quando, nonostante la emettessi nella giusta intonazione, secondo lui era troppo alta. Si è attivato un meccanismo terrificante di totale dipendenza dal giudizio di Alex e dalle sue percezioni funeste con cui mi tormenta e mi dirige, riuscendo a sbalestrarmi completamente, facendomi perdere la serenità e la concentrazione necessarie a cantare bene. Se non si è sereni è difficile essere concentrati, così come senza concentrazione non si è mai sereni per cantare, ma alla fine è la concentrazione il fattore primario per non sbagliare mai e garantire un’esecuzione incantevole e distesa. Non trova?»
Serie: Anatomia sepolcrale di un sogno
- Episodio 1: Sola al mondo
- Episodio 2: Un faro nella notte
- Episodio 3: Battiti nel sole
- Episodio 4: L’inaugurazione
- Episodio 5: In sala Picasso
- Episodio 6: L’ingegnere astrofisico, Cleofe e un avvelenamento
- Episodio 7: Impulso di fuga
- Episodio 8: Diramazioni, rimpianti e incantamenti
- Episodio 9: Confidenze notturne di una cantante in crisi
Anche questo capitolo ha la stessa forza visionaria: il corridoio, la musica che incanta e poi la cantante che appare quasi come un sogno materializzato. C’è un fascino surreale che cattura e allo stesso tempo inquieta, come se ogni passo portasse più a fondo in un labirinto interiore. Davvero suggestivo.
Ciao, Lino. Avverto anche io una consonanza molto forte con il precedente episodio. Considero questa fase una zona di transizione, dove, dai lunghi discorsi e resoconti vissuti con il poeta nel tepore e nella relativa sicurezza della sua camera, la storia ci conduce verso una serie di passaggi, diramazioni e sortilegi, dove il povero Gustav è costretto a barcamenarsi in un’accelerazione di frequenze, di ritmi, di situazioni convulse, che a volte lo rendono simile a un divo del cinema muto, a distanza di attimi a una mosca cavallina in un bicchiere capovolto, che si muove sulla superficie deforme del vetro, soggiogata dallo sguardo e dalla mano imprevedibile di un bambino invisibile. Siamo vicini a una successiva sequenza dove i livelli di realtà e di gestazione delle esperienze vivranno sempre di più una contrazione e congestione verso un territorio ignoto, spesso allucinato, eppure condizionante e decisivo, ancora di più di quello ritenuto consueto, comune, rassicurante, quasi a dimostrare che la ricerca di una possibile verità , o soluzione al rebus, deve passare obbligatoriamente per questi lunghi banchi di nebbia, intrisi di solitudine, quanto di poesia e di mistero. Un saluto e un grazie sentito per il tuo interesse sensibile alla mie prove.