Doppio

Osvaldo si avvicinò timoroso alla porta a vetri azionata da una fotocellula. Un ronzio quasi impercettibile, e fu dentro. Si sentì subito sollevato: molta meno gente di quanto aveva temuto, avrebbe fatto presto. Strappò il foglietto con il suo numero dalla macchinetta e controllò sullo schermo: quattro davanti a lui. Se gli fosse andato bene sarebbe riuscito anche a prendersi un caffè prima di tornare al lavoro. Si guardò intorno, le solite sedie in plastica che avevano visto tempi migliori, le pareti grigie e quell’odore impregnato che ricordava i tempi in cui si poteva fumare dappertutto. E poi il solito pubblico da ufficio postale, vecchiette e mamme con bambini piccoli. Lui doveva solo pagare una multa, e non era la prima volta. Prese posto in fondo alla saletta e si mise in attesa. Aveva la mente vuota, quasi anestetizzata, e quindi fece a malapena caso alla porta che ronzava e all’uomo che entrava. Un tipo alto, della sua età; lo notò solo perché diverso dal resto delle persone in attesa.

L’uomo lo fissò per un attimo e il suo sguardo parve luccicare. Si avvicinò e, indicando una sedia accanto a quella di Osvaldo, chiese:

«Posso?»

«Certo, è libera.»

Rimase perplesso per un attimo: c’era tanto spazio, non capiva perché dovesse sedersi proprio accanto a lui. Da come gli si era rivolto sembrava addirittura che lo conoscesse. Non ci pensò più di tanto e, per passare il tempo, tirò fuori il suo smartphone.

«Finalmente l’hai cambiato, quel vecchio iPhone non si poteva proprio vedere.»

Osvaldo restò di sasso, avvertì un lieve capogiro. Si girò lentamente verso lo sconosciuto. Aveva comprato il nuovo telefono due giorni prima.

«E poi vedo che la mano è guarita. Bene.»

La sensazione di irrealtà si fece ancora più forte. Quasi insostenibile. La settimana precedente si era procurato una brutta scottatura alla mano sinistra, rimasta fasciata per giorni. Osvaldo non riusciva a parlare.

«Stai tranquillo, ce la fai a berti un caffè. Enrico se la cava da solo in ufficio.»

A quel punto lo guardò con estrema attenzione. Un esame lento, dettagliato. Chi era quella persona? Come faceva a sapere quelle cose? Lo stava prendendo in giro? Giunse persino a pensare a qualche telecamera nascosta, a uno di quegli scherzi televisivi. Ma rimase ancora più interdetto. L’uomo gli assomigliava tantissimo. Anzi, non gli assomigliava: non era la parola giusta. Quell’uomo era lui. Anche se non esattamente. Era identico, si muoveva come lui, aveva le stesse espressioni facciali. Come un attore che per anni l’avesse studiato. L’uomo colse l’incredulità nei suoi occhi. Le sue labbra si piegarono in un mezzo sorriso.

«Non preoccuparti. Non sei tu che stai studiando me. Sono io che ti sto osservando da sempre.»

Una frase pacata, non minacciosa, non inquietante. Ma incomprensibile. Perché quell’uomo uguale a lui lo osservava? Da quanto tempo lo faceva?

«Ma tu chi sei? Ti conosco?»

«Stai sbagliando la persona a cui porre questa domanda. Dovresti chiederti se ti conosci.»

«Non ti seguo. Dimmi chi sei. E come fai a sapere quelle cose su di me? Spiare le persone non è consentito. Lo sai?»

Osvaldo stava perdendo il controllo. La situazione era assurda e gli stava sfuggendo di mano. L’uomo continuò senza mostrare il minimo segno di emozione: «Non ti ho mai spiato. Non ne ho avuto bisogno.»

Lo stupore si stava trasformando in disagio, forse anche in paura. Notò che lo sconosciuto si toccava la fronte come faceva lui e teneva le mani incrociate allo stesso modo.

«Ti conviene far sparire la ricevuta di quella multa dopo averla pagata. Non credo ti convenga far sapere che quel giorno eri da quelle parti.»

Fu il colpo definitivo. Si rese conto che l’altro aveva un potere completo su di lui. Aveva accesso alle sue paure più segrete e profonde. Non riusciva più a guardarlo, ma sentiva incombente la sua presenza. Sul monitor scattò il numero con un bip. L’uomo alzò lo sguardo.

«Vai, è il tuo turno» disse con voce tranquilla.

Osvaldo si alzò, la mente paralizzata. Si rese conto, con un brivido, che la voce dello sconosciuto aveva lo stesso timbro e ritmo della sua.

Ti piace0 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni