
E non come adesso nei sabato sera
Serie: La giusta distanza
- Episodio 1: Un piccolo per sempre dentro la nostra storia
- Episodio 2: Un sabato di marzo
- Episodio 3: La riva placida dei miei sentimenti
- Episodio 4: L’amore e il sesso dappertutto
- Episodio 5: Abbiamo solo il nostro presente
- Episodio 6: Come ad esempio i nostri cuori
- Episodio 7: E non come adesso nei sabato sera
STAGIONE 1
“Di quando la notte eri sempre più vera
E non come adesso nei sabato sera”
Cocciante sparge la voce in modo rauco fra le stanze di casa, la canzone è sua ma tutti la ricordano con la voce di Rino, io invece sento la sua versione, originale, più intima.
È un sabato sera come tanti, taciturno e tranquillo, la pioggia ha quasi smesso di scendere, è solo uno spruzzo leggero, come un profumo appena messo che aspetta di attaccarsi sulla superfice.
Bevo vino bianco e canto, un canto stonato ma dolce, parole mozzate, masticate, morsicate di pensieri e poi lasciate a metà.
È il sabato prima di Pasqua e il telefono oggi non ha mai né suonato né brillato di notifiche, mai, nemmeno una volta.
C’è il silenzio sottile della solitudine e quello rassicurante della musica come compagnia.
Quello che è successo con Alain mi ha ferito, può uno sconosciuto ferirti a tal punto da sentire come un osso che si rompe o un muscolo che si infiamma?
Può. E accade quando d’un tratto pare portarti via la prospettiva del futuro, fosse anche solo la sua illusione.
Lui mi chiedeva di mollare tutto per raggiungerlo.
Poi si prendeva i suoi silenzi ed io dovevo aspettare.
Io volevo sentirlo di più, annullare una distanza che avremmo comunque avuto all’inizio di un cammino.
Ma cosa accade quando ad un silenzio chiedi voce?
Ottieni silenzio maggiore oppure che diventi tu la voce carnefice, la parte cattiva, la parte pretenziosa.
La gente chiama cattivi quelle persone che ad un certo punto pretendono di più.
Per lui ero io a sbagliare.
Per me era a lui non bastare.
Non così.
A sbalzi e intervalli, in mezzo a troppe incertezze.
Dal nostro ultimo confronto avevo ottenuto solo più silenzio, immaturità, ferite.
Mi ero semplicemente fatta da parte e non gli avevo scritto più niente.
Le scelte comportano solitudine.
Comportano il rischio di non capirsi.
Non sono fatta per le avventure, per i distacchi, per le cose da amanti.
Io agli altri mi ci affeziono e sto male.
Ci sono cose che non si possono accettare ed è per questo che poi i telefoni smettono di squillare.
Lo fanno nei sabati da fidanzati, nelle feste comandate, nel fare il dolce preferito per la persona che ami, nei pranzi in famiglia.
In tutte quelle cose in cui qualcuno ha per forza qualcuno.
A parte me.
Ma un tempo quella parte ero io, la fidanzata perfetta, il sabato, i pranzi in famiglia, le tagliatelle fatte sul tavolo della cucina, tutti insieme.
Poi cresci e ti accorgi che la magia va avanti solo perché ci sei tu a sostenerla e gli ingranaggi crollano ad uno ad uno.
Fuori i gerani sono chiazze di colore, i petali si sciolgono nella pioggia e diventano acquarelli sul cotto lucido.
“Ma dammi la mano e torna vicino
Può nascere un fiore nel nostro giardino”
Dentro i bouquet di San Valentino stanno appassendo bene, sono chiazze scure sul rivestimento chiaro del muro, come cioccolato fondente pronto a fondersi con la panna montata.
Io ballo, con una tuta di ciniglia blu oceano ormai un po’ vecchia e una canotta fucsia come i gerani appena fuori da me che, anche se non sembra, ha un buco breve sulla destra.
Credo sia stato il ferretto del reggiseno perso mesi fa e rimasto in lavatrice, non sono mai stata una brava casalinga e credo di non esserlo nemmeno nei miei sentimenti.
Perché il ferro che ho dentro poi lo perdo sempre accanto a qualcuno, lo dimentico dentro di me fino al punto che, come nella lavatrice, è lui a bucare me.
Come mi buca l’amore, mi punge, mi stimola, e in un attimo il mio sangue se ne va via, perdite come chiazze di sangue sui miei sentimenti, ferite che non avevo prima di essere accorsa a soccorrere qualcuno.
Laura che tanto c’è.
Laura che capisce.
Laura che tanto mica tradisce.
È sabato, sabato sera e mi sento sola.
È sabato e sola, so di esserlo.
Vorrei dire che sono la donna forte, l’eroina spavalda che si basta, ma credo che ogni giorno della mia vita sia lì a dimostrarmi quanto sia così e allora alle volte, proprio appena oppure tantissimo, vorrei avere qualcuno.
Qualcuno per me, nei miei tempi, nei silenzi, nei miei bisogni, qualcuno che c’è.
Alessandro era questo per me, e fa male, malissimo, nonostante gli anni passati nel mezzo, sapere che io non ho più amato così nessuno.
I suoi abbracci, quegli abbracci che ora darebbero una forma diversa alla mia solitudine.
Forse è sempre stato questo il punto più alto fra di noi, quell’abbraccio che è un mondo intero di intimità, casa, sicurezza, approdo.
-Stai bene?
Mia madre arriva dietro di me, la stessa tuta di ciniglia e un altro colore di maglietta, bianchissima, come fosse la mia Carla Fracci personale, sempre eterea.
-Sono stanca di sabato sera così.
-Meglio così che con qualcuno accanto di sbagliato.
-Ma se c’è e solo lo sbagliato, che faccio?
-Hai sentito Alessandro?
-No, e non ho voglia di scrivergli.
Una parte di me sta dicendo la verità e poi l’altra parte, quella in tumulto, annaspa nei bordi aspri della malinconia, negli argini della libertà che un tempo aveva nel cercare qualcuno.
Ero spinta a parlare con qualcuno che credevo avesse nel suo interno il mio stesso vocabolario.
Avevo un posto un tempo, ero la fidanzata e l’amica che tutti volevano, la figlia accudita.
Oggi invece c’è il turbine asciutto dell’esserci ogni tanto, come un tornando esiccato al sole, di ciò che gli uomini hanno lasciato nel mio cuore: Alessandro, Luca, Alain, Filippo, mio padre.
Buchi di sangue sui miei sogni infranti.
-Ne sei sicura?
Mentre mia madre mi parla ancora, la canzone finisce.
-Di cosa?
-Che non hai voglia di scrivergli.
-Ma sì, certo.
Anche se mia madre non sembra convinta affatto e allora provo a cambiare discorso.
-Vuoi dell’altro prosecco?
-Sì, volentieri, poi andiamo a cena. Comunque, se hai voglia scrivigli.
Ma è molto più forte la voglia di tenermi dentro il mio silenzio.
Il tappo del prosecco parte leggero, un lieve alone biancastro nell’aria, elegante, minimale, mentre il suono è quasi inesistente. Un tempo Alessandro mi sarebbe arrivato accanto, mi avrebbe fatto sobbalzare, io avrei mollato il tappo e non come adesso nei sabato sera, avrei gioito per non aver fatto troppo rumore.
Serie: La giusta distanza
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- Episodio 7: E non come adesso nei sabato sera
Brava Marta, bellissime le scene dei fiori! Proprio nella primissima parte avrei sostituito – scendere- con -…. la pioggia aveva smesso di tintinnare sui tetti-….
È un testo molto bello, maturamente scritto, con una voce fragile ma forte, che sa raccontare la vulnerabilità senza cadere nel patetico. È un monologo interiore che si legge come una pagina di diario, una confessione postuma, un’epifania quotidiana. Mi piace il tuo modo di scrivere. Credo rispecchi quello che sei, senza costruzioni artificiali.