Echi di un passato lontano

Serie: Prison Planet 001


Il rumore sordo del motore dell’astronave l’avrebbe portata al suicidio, Ripley ne era certa; la stanza tre metri per tre non consentiva di distogliere troppo l’attenzione vista la mobilia scarna: un letto e un cesso. Nelle celle che aveva abitato per qualche tempo di solito c’era almeno una scrivania sulla quale poter leggere libri fino a tarda notte, quando gli occhi non nè volevano più sapere di stare aperti. Una volta aveva avuto una compagna di cella che russava talmente forte da tenerla sveglia ventidue ore su ventiquattro, con evidenti effetti sull’umore e sull’emicrania.

Quella volta la sorte aveva voluto che si trovasse da sola, al caldo torrido causato dal continuo funzionamento dei motori che non lasciava mai spazio al silenzio e impestava l’aria di carburante bruciato. La nave della Repubblica era una di quelle riconvertite a prigione ambulante, uno stanco ammasso di ferraglia che si trascinava stanco nei meandri dello spazio in attesa di essere attaccato da un branco di pirati di qualche tipo oppure da qualche gruppo di banditi venuti a riprendersi un loro fidato compagno. Si diceva che quelle navi fossero entrate in servizio pochi anni dopo la fondazione della Repubblica degli Eletti, ormai si trattava di un tempo talmente lontano da non essere ricordato da nessuno; erano nate come strumento provvisorio di detenzione quando ancora i pianeti dominati erano pochi e il problema “prigioni” non era affatto sentito dalla popolazione, poi erano diventate “traghetti” dello spazio con il compito di portare i detenuti a destinazione nel modo più veloce possibile. Quando era nato il primo pianeta prigione tutti i condannati in via definitiva ad un ergastolo vincevano un viaggio premio sulle “galere”, così venivano chiamate dagli ospiti indesiderati; Ripley era diventata una di loro da qualche settimana.

“Sacco di merda” disse vedendo passare una guardia particolarmente sovrappeso, il tutto evidenziato da una divisa che non poteva più contenerlo, soprattutto sull’addome dove i bottoni parevano pronti a trasformarsi in pericolosissimi proiettili.

“Potrei ammazzarti di manganellate e nessuno ti rimpiangerebbe, feccia che non sei altro.”

“Magari è proprio questo il mio obiettivo: crepare prima di mettere piede su quel cazzo di pianeta.”

“Tranquilla, il tuo soggiorno premio lungo una vita non te lo toglierà nessuno, nessuno al mondo.”

“Quando passerà il rancio?”

“Ma se l’ultima volta lo hai quasi vomitato!”

“Ho fame, imbecille che non sei altro e voi dovete garantirmi la sopravvivenza, quindi vedi di informarti.”

“Vaffanculo.”

La donna si sedette sul letto fissando il vuoto mentre nel cervello scorrevano i momenti dell’arresto su Marte. Erano passati giorni nei quali aveva conosciuto soltanto la fuga, il guardarsi le spalle e l’avere una pistola carica sotto al cuscino perché non si poteva mai sapere. I suoi compagni l’avevano tradita vendendola nottetempo alle autorità, così un bel mattino si era ritrovata alla porta una bella canna di fucile al plasma ad accoglierla. Il processo era stato molto rapido e aveva portato alla piena condanna per tutti i capi d’imputazione, la sentenza era molto chiara: ergastolo. Il giudice aveva sbattuto il martello di metallo forte ed era stata portata via come un pezzo di carne, il suo avvocato era talmente disinteressato alla faccenda da non essersi nemmeno presentato per l’ultima udienza.

Non esistevano modi di evadere da lì, nessuno ci era mai riuscito e nessuno ci avrebbe nemmeno pensato, nonostante la voglia di mettere il culo in salvo quella prigione non l’avrebbe abbandonata se non una volta giunta a destinazione. 

Serie: Prison Planet 001


Avete messo Mi Piace1 apprezzamentoPubblicato in Sci-Fi

Discussioni

  1. Ciao Alessandro. Uno scorcio interessante, a mio parere troppo breve;) Voglio conoscere qualcosa in più di Ripley e, perché no, del suo rapporto con Occhio Freddo. Oramai il tuo misterioso comprimario (?) mi si è piantato in testa come un chiodo.