EFFETTO OCEANO

Tante volte ho pensato di fuggire, lontano da tutto e da tutti, per restare sola con le mie fragilità e paura. La solitudine mi terrorizza, ma mi fanno più paura le responsabilità e le aspettative degli altri. Questo perché so che quasi sicuramente deluderò le persone che mi vogliono bene, e deluderò me stessa. Ho sempre avuto delle aspettative molto alte su di me, mi sono sempre imposta di ottenere il massimo, perché la normalità non mi è mai piaciuta, non fa parte del mio essere.

Vicino alla comunità c’è la stazione; i primi giorni sentivo i treni passare di notte, dalla finestra riuscivo a vedere le luci che si allontanano velocemente in direzione Milano o Lecco. Quale meravigliosa prospettiva di libertà mi offrivano!  Sarei andata alla stazione centrale di Milano e da li avrei preso il primo treno in partenza, senza destinazione, senza bagagli pesanti, solo qualche abito per coprirsi e la speranza di trovare un po’ di tranquillità.

Scappare è il mio modo di affrontare il mondo: sono scappata da casa mia per farmi curare, sono fuggita dall’università perché non riuscivo a studiare, dai miei amici perché il confronto con loro mi faceva troppo male.

Sono una codarda, questo ormai l’ ho capito. Coloro che non hanno coraggio alla fine verranno schiacciati dalla crudeltà del mondo. Certe volte mi ripeto che non ho le capacità per affrontare la realtà e vivere: mi chiudo nel silenzio, che però è pieno di parole che pochi riescono a comprendere. Non posso pretendere di essere capita se non mostro ciò che mi tiene legata alla paura.

Sono in attesa di un miracolo, di un angelo che scenda sulla terra per salvarmi da me stessa, una creatura alata che mi mostri la strada per la beatitudine.

Anche ora l’istinto mi suggerisce di scappare, voltare le spalle ai miei progetti, a un futuro che mi sembra scritto da altre persone.

Dove posso trovare la forza se dentro di me percepisco solo fatica? Perché non riesco a essere entusiasta per il lavoro e la nuova casa? Me lo chiedo ogni giorno, e tutte le volte cerco di convincermi che pian piano tutto diventerà più famigliare e meno inquietante. È quasi un anno che me lo ripeto e ormai non ci credo più.

Non è la vita che avevo sognato per me, sto sperimentando la normalità e non mi piace. È tutto grigio e nebuloso, mi sto trasformando in una trentenne già provata dalle incombenze della quotidianità. Che brutta parola “quotidianità” così priva di colori, di sentimenti ed emozioni, così scialba e dannatamente noiosa. Mi sto adattando per andare avanti, come un animale costretto in cattività.

Non sono un’amante del mare, preferisco di gran lunga la terraferma, ma fondamentalmente perché non so nuotare bene. Amo però l effetto oceano: la pace infinita, interrotta solo di tanto in tanto dal gentile tocco della brezza marina, il silenzio che perfora i timpani, l’odore di salsedine. Il sole si riflette sulla superficie dell’acqua e colpisce violento gli occhi, tanto da non riuscire a tenerli aperti. E così guardo l’azzurro infinito a occhi chiusi, amplificando ogni senso.

Mi viene regalata una gentilezza infinita: l’esperienza unica di essere nulla. Il nulla è pur sempre qualcosa: un’idea di materia eterea ed evanescente che non concede di esistere. Nel nulla non c’è sofferenza, non ci sono giorni belli o brutti, incubi e obblighi. C’è una potenzialità intrinseca di poter essere qualcosa. E allora vale la pena annullarsi per poter rinascere, purificarsi da tutti i peccati cui la nostra debolezza ha ceduto per diventare qualcosa di puro e innocente. Non sto parlando della morte perchè è già qualcosa, ovvero l’atto di non vivere. Senza andare troppo sul filosofico, penso che la morte possa essere vista come una via di fuga, ma non è quella che prenderei: sono troppo legata alla vita per decidere di morire, ho ancora una sottile speranza di cambiare le cose.

L’oceano non sempre restituisce quello che gli viene dato, certe volte lo tiene per sé come un oggetto prezioso e irrinunciabile, così ogni cosa assume una propria regalità e importanza. Ed è proprio questo che vorrei riuscire a fare: dare importanza alle piccole cose, affinché la vita assuma le tonalità di mille colori. Sono stanca di scappare, è arrivato il momento di affrontare a testa alta la vita, abbandonarsi semplicemente alla corrente senza smettere di nuotare.

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Discussioni

  1. “Ed è proprio questo che vorrei riuscire a fare: dare importanza alle piccole cose, affinché la vita assuma le tonalità di mille colori.”
    Con il tempo, si scopre che sono le piccole cose a rendere la vita preziosa. Attimi da conservare a cui fare appello nei momenti difficili.

  2. Questo racconto mi fa venire in mente un aforisma di Pasolini: “La mia più grande forza, che è l’Indipendenza, deriva dalla mia più grande paura, che è la Solitudine”. Sei molto dolce nel tentativo di enfatizzare uno spirito sovversivo, ma che in realtà ha bisogno di un abbraccio, o al limite di sentirsi il brano “99 luftballons”. Questo coraggio di essere vulnerabili è uno dei 794 punti che formano una scrittrice, proseguiamo!

    1. Grazie kenji! Ho espresso un mio stato d’animo, non so se ho fatto bene a toccare pensieri così personali, ma non riesco ad essere asettica quando scrivo, metto sempre qualcosa di mio!

  3. Mi soffermo sul pezzo di chiusura che hai usato, ovvero sull’oceano e sulle piccole cose e mi sono venute in mente le conchiglie che possono contenere delle sorprese, vedi le perle, oppure il suono del vento se le ascolti. L’idea della normalità è soggettiva e a volte la medicina per viverla bene è lo stupore, proprio dinanzi alle piccole cose.