
ET LUCIFER AMBULABAT
Camminava.
Lento, inesorabile, camminava.
Tra le macerie del mondo, l’odore del sangue, le ceneri degli imperi e le ossa dei mortali.
L’Apocalisse era giunta.
L’ultimo rintocco era suonato.
Ma non era stato lui, bensì loro.
Tra il suono delle bombe e delle pistole, Guerra, il cavaliere, era arrivato sul suo cavallo rosso, e dopo di lui Fame, Pestilenza e infine Morte, la più temuta.
Nulla era rimasto, per loro mano.
Per mano dei mortali, che avevano bruciato il mondo e devastato i mari.
Il cielo era basso, annerito da millenni di fuoco e bestemmia.
La terra, infetta di sangue rappreso, sembrava non respirare, essere morta dietro la scelleratezza umana.
I corvi si erano dissolti, insieme alle altre creature, e ogni preghiera era stata zittita.
Le sue ali, lacere e inerti, si trascinavano come un ricordo sbiadito della Caduta e della battaglia.
Camminava.
Il silenzio lo circondava, così come circondava altri suoi fratelli.
Camminavano anche loro, sopravvissuti all’ultimo scontro.
Qualcosa lo attrasse in quelle distese desolate.
Tra i ruderi di un’antica chiesa, un altare era rimasto in piedi.
Grigio, smorto.
Sopra, tra i frammenti di vetro sacro e rampicanti secchi, giaceva addormentata una figura: una ragazza, pallida come la luna che si poteva ancora scorgere in cielo, ma che nessuno avrebbe mai più ammirato, dai lunghi capelli neri che colavano sulle spalle come inchiostro — lo stesso che non sarebbe stato più versato tra le pagine dai poeti.
Giaceva senza alcuna veste, raggomitolata su sé stessa, con stretta al petto una rosa.
Non era una rosa qualsiasi.
Quella rosa pulsava e pareva fatta di sangue e luce, come un cuore che ancora osa battere nella morte.
Il Portatore di Luce le si avvicinò.
Ogni passo, un terremoto; a ogni respiro, un’invocazione taciuta.
Posò i suoi occhi immortali su quel corpo, e lei aprì gli occhi.
Occhi neri e profondi come il cosmo, come la notte prima della Creazione.
Non c’era nulla in quello sguardo, solo conoscenza.
«Ti aspettavo», disse lei.
La sua voce era morbida, irreale.
Flebile, eppure potente.
Sembrava giungere da un sogno mai raccontato.
Un sussurro che gli giungeva urlando.
Quel corpo si sollevò lentamente, senza sforzo, come sospinto da un respiro invisibile.
Sorrise e tese la rosa verso di lui, quasi porgendogliela tra le mani.
«Questa è la vita», sussurrò, quasi posandosi contro la sua spalla, avvicinandosi al suo orecchio.
«L’ultima. Non lasciarla morire.»
Non c’era fiato in lei, alcun calore. Nulla.
Lasciò scivolare la mano sul volto di Lucifero. Le sue dita erano fredde come la notte, ma lasciavano scie di calore.
Si chinò su di lui e gli sfiorò le labbra.
Lo baciò appena, prima di distendersi di nuovo sull’altare.
Come si era svegliata, si era assopita, mentre il mondo tratteneva il fiato.
Lucifero restò immobile, con la rosa che ardeva silenziosamente.
La guardò, e per la prima volta dopo l’Eden non seppe se tremare o pregare.
Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Narrativa
Come ha detto @rusaniol , è un racconto dal tono solenne. All’inizio sembra che si tratti di un mondo alieno, ma poi ci parli della guerra, e allora si capisce che potrebbe benissimo essere la nostra Terra, in una delle tante situazioni drammatiche che esistono realmente. Brava!
Sono felice che sia piaciuto e l’intento era proprio di rendere benissimo la terra “reale”, qualcosa di quasi distopico.
Solenne e ferale come si conveniene a un dipinto dell’apocalisse. Con un Lucifero che pare più uno spettatore piuttosto che esserne l’interprete: osseva ciò che gli esseri umani hanno provocato. Velata di mistero la figura dell’ultima sopravvissuta (se così si può definire); come mi è parso ambiguo l’atteggiamento di Lucifero nella chiusa; ma probabilmente ne so troppo poco (per altro tu proponi la veste di “portatore di luce” della divinità romana…) mentre io ho più in mente il nome assegnato a Satana dalla tradizione giudaico-cristiana. Grazie per la lettura
Diciamo che “l’ultima sopravvissuta” non è umana. Si tratta di una rappresentazione simbolica dell’oscurità, diciamo così. Sono felice però che il racconto sia piaciuto
Il racconto è stato ispirato dall’immagine che ho messo come copertina. Iwa, l’autore del disegno, mi ha concesso l’autorizzazione di utilizzare l’immagine come copertina e di pubblicare questo mio racconto inspirato.