Il Giardino Della Vanità

Serie: Favole Oniriche


Nat è una giovane ragazza che vive con semplicità le sue giornate. La vanità è un concetto a lei sconosciuto. Sovente rimane in disparte…ascolta ma non partecipa alle conversazioni delle sue amiche…e alla fine ne resta esclusa, con suo grande dispiacere. 

Ma le piacerebbe, almeno una volta nella vita, assaporare il gusto di potersi vantare di qualcosa…inebriarsi del suo profumo e poter finalmente sentirsi parte integrante di un gruppo…esserne complice…e non sentirsi sempre un corpo estraneo.

Una mattina…un uomo si avvicina a Nat. Che nel frattempo è rimasta, come sempre, silenziosa ad ascoltare.

L’uomo è vestito completamente di azzurro. Dal cappello alla punta delle scarpe.

Si ferma ad osservare Nat per qualche istante…poi le domanda…”ragazza, perchè sei così silenziosa?”. Nat ci mette un po’ a rispondere. Non comprende il motivo per qui quell’uomo possa avergli posto tale domanda. Poi decide di rispondere…”le mie amiche parlano di ciò che non conosco. Ecco perchè sono così silenziosa”. Lo sguardo di Nat è triste e molto eloquente. L’uomo in azzurro si volta ad osservare le amiche poi, rivolgendosi nuovamente alla ragazza aggiunge…”e ti piacerebbe poter conoscere quello di cui parlano?”.

Nat fa un cenno con il capo come risposta affermativa.

L’uomo in azzurro si avvicina ulteriormente alla ragazza.

“Seguimi e ti mostrerò qualcosa che non hai mai visto. E neppure loro…”, mentre indica le amiche di Nat che, nel frattempo, non si sono curate della presenza di questo misterioso individuo e hanno continuato a parlare animatamente fra di loro dei loro successi e della loro bellezza.

L’uomo si avvia verso il parco e Nat lo segue. Non sa realmente il perchè, ma qualcosa la spinge a proseguire nel cammino.

Giunti a destinazione si fermano. La ragazza domanda…”ma come vi chiamate?”

“Il nome non è importante”, risponde l’uomo, “ma se proprio ci tieni, puoi chiamarmi Genir”.

Nat, con il dito indice appoggiato alle labbra e alzando un sopracciglio dice tra sé e sé…”Genir, che nome bizzarro”. E sorride senza farsi notare.

“Ora vedrai”, afferma Genir rivolto alla fanciulla…”e forse inizierai a capire”…aggiunge.

L’uomo compie alcuni gesti bizzarri con entrambe le mani e, davanti a Nat, si materializza un’immagine curiosa. Una giovane danzatrice si muove con grazia in una stanza di un elegante palazzo, fra tende e drappi alle pareti. Nel suo volteggiare passa davanti a uno specchio, si guarda per qualche istante e si compiace della sua eleganza e della sua grazia. Intorno, seduti sul pavimento impreziosito da decori di ogni genere, vari personaggi che la ammirano e la applaudono. Alcuni hanno uno sguardo triste, altri vorrebbero poterla imitare ma non ci riescono, altri ancora cercano di raggiungere lo specchio per potersi guardare, ma senza risultato. Perchè per loro è irraggiungibile. Sono schiavi della bellezza e dell’eleganza della danzatrice…e nulla più. Ma lei non se ne cura e continua la sua danza vorticosa.

Nat è rapita da quello che sembra un quadro animato di una bellezza sublime. Poi si volta verso Genir…”ma che significa?”. L’uomo sorride e replice…”lo capirai presto”.

Genir fa schioccare le dita e davanti ai loro occhi appare una donna, in mezzo a un bosco. Al posto delle braccia tanti piccoli rami. I capelli sono un tappeto di foglie e radici al posto della gambe. La strana creatura, con una voce appena udibile…quasi un sussurro cantato…si rivolge ai due…”mi hanno portato via la cosa più preziosa”. Attorno a lei, Nat vede strumenti musicali abbandonati. Li indica e domanda alla donna…”e quelli? Cosa ci fanno attorno a voi?”. 

La donna si volta e risponde a Nat con sguardo minaccioso ma con il sottile filo di voce rimasta…”sono stati abbandonati da stupidi incapaci! Non capivano quanto fosse grande la mia arte! Sbagliavano…e sbagliavano…e sbagliavano ancora…poi…se ne sono andati”…una piccola pausa…quasi un sospiro…”tutti tranne uno. Che è rimasto ad osservarmi mentre mi accusava di essere una stupida e vanesia prepotente. Che avrebbero trovato presto qualcuno con cui suonare e cantare. Mentre io sarei rimasta prigioniera della mia supponenza”.

Genir rimane silenzioso mentre osserva Nat e le sue espressioni a metà fra il meravigliato e l’incredulo.

“Ed ora eccomi qui…senza voce…senza poter muovere un passo”.

La fanciulla, quasi mossa a compassione…”povera donna, siete stata vittima di una stregoneria”.

A quel punto Genir interrompe la conversazione e rivolto a Nat…”basta così, hai visto ciò che c’era da vedere”. Poi un altro schiocco delle dita.

Esattamente tre.

Al terzo compare un uomo di statura molto piccola e dall’aspetto buffo. Occhi piccolissimi e naso allungato. Piedi sottilissimi. Inizia a correre intorno a Nat e Genir. Mentre corre esclama ripetutamente…”mannaggia! Non posso mai fermarmi! Non mi danno tregua!”. Nat, non vedendo nulla se non un bizzarro individuo che corre, domanda…”ma da cosa state scappando?”. Lo strano figuro risponde…”ma siete cieca? Non vedete che sono assediato dalle ammiratrici?”. La fanciulla scoppia in una risata. “Ma di quali ammiratrici andate parlando?”, domanda ridendo, “continuo a non vedere nessuno. E poi…”, a quel punto Nat si ferma e decide di non proseguire con la frase. Il piccolo e curioso personaggio, continuando a correre senza sosta si rivolge alla fanciulla…”so cosa state pensando, ma la vostra è solo invidia! Vorreste essere al mio posto, lo so! Ma non posso farci nulla…la natura ha voluto che fossi così piacente, mi spiace per voi!”. Prosegue la corsa fino a quando scompare dopo che Genir ha battuto per tre volte le mani.

“Ma chi era?”, domanda Nat ridendo. 

Genir risponde…”capisco la tua ilarità, ma devi comprendere che lui crede davvero in ciò che dice. Almeno…sarà così fino a quando continuerà a correre senza sosta”. 

Non aggiunge altro. Poi inizia a fischiare. Come se stesse chiamando a sè qualcuno. 

All’improvviso, entrambi si ritrovano in una sorta di atelier, un sofisticato laboratorio artistico.

“Qualcuno ha chiamato?”. Nat e Genir vengono accolti da un curioso personaggio. Indossa una tunica, agita un pennello con la mano sinistra. Non attende la risposta che lui stesso aveva posto pochi minuti prima…”oh sì! Lo so perchè mi avete chiamato! Volete vedere per primi il mio capolavoro. Venite…non abbiate timore”. 

I due non si muovono. Non si possono muovere perchè stanno assistendo a uno spettacolo che cambia continuamente davanti ai loro occhi. Il bizzarro individuo mostra loro una tela…”ecco a voi l’ultima opera del più grande artista di tutti i tempi. L’autoritratto di Goffor! Il geniale e affascinante Goffor!”. 

Nat trattiene una smorfia. Non ha mai visto nulla di più assurdo e meno artistico. E l’autore non sembra essere da meno, dal momento che di affascinante sembra non avere nulla. Nat vede solo un goffo pittore pieno di sè. “Avete qualche dubbio, per caso?”, domanda il pittore aggrottando le ciglia…poi…sempre senza attendere risposta aggiunge…”Mmm…forse avete ragione…non è molto somigliante. Ma volevo imprimere su tela quanto brutto sarei stato…ma fortunatamente è solo un’opera d’arte…nulla di reale!”. In realtà il maldestro artista è riuscito a dipingere sè stesso…esattamente com’è nella realtà…ma sembra non rendersene conto. 

Genir non proferisce parola. Si limita ad osservare con molta attenzione Nat. Fa un piccolo cenno con il capo, fischia nuovamente e Goffor sparisce. 

Nat guarda l’uomo…”e ora?”. Genir risponde…”guarda davanti a te…c’è una sorpresa”. Davanti alla fanciulla, appoggiati a una vetrina, compaiono due orsacchiotti. Uno dall’aspetto allegro e l’altro dall’aspetto triste. Nat domanda a Genir…”chi sono? E come mai hanno quell’espressione?”. L’uomo in azzurro risponde…”sono stati creati così. Chi è allegro compra quello triste. Chi è triste compra quello allegro. Quello…”, mentre indica la vetrina del negozio, “è l’Emporio dell’Umiltà. Chi entra per acquistare deve smettere di mentire a sè stesso”.

“E se non lo fa?”, domanda ingenuamente la ragazza.

Genir risponde sorridendo…”semplicemente, tornerà a casa con l’ennesimo acquisto sbagliato”.

Poi aggiunge…”sei pronta a concludere questo viaggio?”. Nat annuisce.

“Molto bene!”. Genir inizia a batter le mani, ritmicamente. Lentamente, il rumore del battito di mani viene sostituito da quello, ben più fastidioso, di un martello sulla pietra. Nat ritrova davanti a sè una fanciulla, più o meno della sua età che, a colpi di martello e con dietro di sè una fornace, sembra forgiare oggetti metallici a forma di cuore. “Un fabbro!”, esclama. Genir la corregge…”non esattamente”. Non finisce la frase che la donna, dall’aspetto decisamente aggraziato ma dalla voce assolutamente sgradevole domanda a Genir…”ne hai portata un’altra? Non basta il lavoro che già ho?”. L’uomo sorride e non perde la calma. “Ti porto solo persone meritevoli. Lei lo è”. La donna non smette di martellare e lancia occhiatacce a Nat. “Allora questo è per te”, esclama quasi urlando mentre colpisce un cuore di ferro che ha davanti a sè…e lo getta nella fornace.

Nat sviene.

Quando si riprende Genir è svanito nel nulla, così come la sgradevole quanto aggraziata donna con il pesante martello. Poco distanti le sue amiche. Che la osservano silenziose. 

Nat regge lo sguardo come non era mai capitato e si avvicina a loro. “Ho capito chi siete voi!”, esclama. “Peccato che siate voi a non capire chi potreste essere”. Le donne che ha davanti sembrano paralizzate. Poi Nat, sorridendo, si volta allontanandosi…per sempre.

Serie: Favole Oniriche


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Discussioni

  1. Ciao Rossano, era da tempo che non pubblicavi una delle tue favole 🙂
    ll voler far parte di un gruppo, a tutti i costi, ci impedisce di vedere con chiarezza che molti indossano maschere e seguono un dio effimero ed inutile. Meglio scoprire quanto abbiamo dentro e il nostro vero volto.

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