Fido e il Maresciallo

Serie: Cancello automatizzato


Di cosa parla la serie? «Bau bauu bau bauuu.» Grazie Fido. A volte gli animali si fanno capire meglio degli umani.

Era un’anonima strada di periferia, bella e senz’anima, direbbe Cocciante, scocciante da percorrere per le tante buche disseminate alla caz— a random, lo dicono i romani. Il marciapiede, anch’esso dissestato, assomigliava tanto a un campo minato: non era l’Ucraina, ma le molte buche presenti nella città eterna rappresentavano comunque un pericolo tanto erano profonde che, nelle giornate di pioggia, ci si poteva specchiare.  

Mario percorreva tutte le mattine quella strada di periferia col suo solito passo spedito; una Posta, altrettanto di periferia, si intravedeva a distanza. Era sconosciuta dagli abitanti della ZTL, i fortunati che vivono in centro, frequentatissima dalla gente di periferia, tutte persone poco raccomandate, di ritorno dagli affari loro.

Appiccicato come un francobollo il suo fedele amico a quattro zampe a volte lo seguiva, a volte lo precedeva, senza mai allontanarsi troppo dai suoi piedi costringendolo a delle continue acrobazie per non inciampare; erano salti obbligati a cui non poteva sottrarsi per non rimanere con il guinzaglio attorcigliato ai piedi. La manovra si completava con un rapido passaggio da una mano all’altra del guinzaglio in pelle di pregiata fattura, acquistato da un vu cumprà (senza fattura).

Mario era abitudinario, percorreva sempre lo stesso marciapiede destro sia all’andata che al ritorno, quello sul lato sinistro lo evitava perché di cattivo auspicio, troppo sinistro per lui che era di destra.

Lungo il marciapiede non mancavano i soliti souvenir maleodoranti, i  ricordini lasciati a terra senza vergogna da padroni “cani”. Ci vorrebbe Shpalman che shpalma la m***a in faccia, pensava Mario canticchiando una canzone di EeLST. Bella idea Elio! La penso così anch’io, che di questo strampalato racconto ne sono l’autore: «Shpalman passa anche di qua, così conciati Trieste sarebbe certamente più pulita».

Il Maresciallo Mario aveva lasciato il servizio attivo da oltre trent’anni, da quando la pensione non era un miraggio ma un gentile omaggio (rima baciata e strabaciata dai pensionati che ne hanno beneficiato) elargito a piene mani da sindacati e politici ipovedenti, compiacenti piuttosto che lungimiranti. Per Mario la pensione anticipata era un diritto sacrosanto: peccato che avendo prestato servizio solo per venticinque anni i contributi versati erano del tutto insufficienti, ma solo per la matematica, i maggiori oneri ricadevano quindi sui lavoratori attivi chiamati, loro malgrado, a ripianare il buco previdenziale creatosi nel tempo.  

Aveva lasciato il servizio alla veneranda età di 43 anni, nel lontano 1993, dando le dimissioni dal corpo delle Fiamme Gialle: lui sì che era un vero pensionato con la camicia, e…. con tanto culo. D’altronde Mario era fortunato di nome e di fatto, Mario era il cognome e Fortunato il nome di battesimo, un azzardo andato bene, per fortuna. L’argomento pensioni, che trova tanto spazio nel dibattito politico e nei talk show televisivi, lo interessava poco, lui i contributi li aveva versati  tutti, regolarmente, se poi sono diventati troppo pochi pazienza, la sua pensione era un diritto acquisito. “Chi ‘a avuto, ‘a avuto, e chi ‘a dato ‘a dato, scurdámmoce ‘o passato, simme in Italia” era il modo di liquidare ogni discussione per poi concludere con la battuta ironica “lavoratoriii tiè” accompagnata dal classico gesto dell’ombrello. Aveva il coraggio di lamentarsi perché dopo trent’anni a casa l’assegno si era svalutato; i sindacati devono fare qualcosa, sennò cosa ci stanno a fare, era solito dire. 

Il vecchio finanziere non cercava più colpevoli evasori ma “innocenti evasioni”, così chiamava le ore passate leggendo “Milano Finanza”, il quotidiano economico finanziario che leggeva in sole 24 ore, per leggere Il Sole 24 Ore non gli bastava invece l’intera giornata.

🎶Gianna Gianna Gianna difendeva il salario dall’inflazione, 

🎵Mario Mario Mario difendeva invece la sua liquidazione,

ecco il motivo, anzi,  il motivetto per cui li leggeva (scusa Rino G.).

Lui era un sottufficiale preciso e diligente, avrebbe voluto diventare un dirigente ma per passare di grado bisognava frequentare l’Accademia. All’esame di ammissione era caduto sull’acca scrivendo sul curriculum: “ò frequentato le scuole superiori con hottimi risultati”. Per l’Accademia erano due errori intollerabili, per di più l’acca era una parte integrante dell’Accademia, ne andava del prestigio delle Fiamme Gialle.

Fortunato aveva un cane dal fiuto eccezionale. Ne sanno qualcosa i  trafficanti e spacciatori di droga acciuffati grazie al fiuto di Fido, questo era il suo nome, quand’era al servizio dei Finanzieri dell’aeroporto di Milano Malpensa, lo ben pensano, e a ragione, i tanti malviventi arrestati. Ora Fido si godeva la sua meritata pensione in compagnia del Maresciallo senza più fiutare corrieri, al massimo abbaiando a qualche scassata corriera euro zero. 

Fortunato di Fido si fidava, la banca un po’ meno perché non bastava il povero Fido a garantire quel fido su cui Fortunato confidava per comprargli la cuccia nuova. Tutta colpa di quel perfido direttore che per Fido non si è speso minimamente,  era solito dire quando incontrava qualcuno lungo la strada, solo di te – caro mio Fido – mi posso fidare. Poi, per la cronaca, il prestito glielo concesse la “FIDOmestic; non è la migliore delle finanziarie però per Fido lavorano bene: “da cani”. 

Quella strada di periferia continuava anche dopo la Posta. Le casette costruite ai due lati erano tutte uguali, fatte con il copia incolla. Tutte quelle villette a schiera, così vengono chiamate, si affacciavano su di un giardino di proprietà: sei metri quadri di un tappeto erboso tra metri cubi di cemento con a fianco un comodo box. A rompere la tranquillità dell’isolato dei rumori insoliti, tutti provenienti da uno di questi box,  rumori metallici, crepitii di una fiamma ossidrica, martellate rimbombanti. A completare l’elenco dei rumori molesti non mancava il sibilo di un trapano elettrico nel tipico frastuono di un motore che va su di giri per poi rallentare la rotazione. Evidentemente qualcuno lo utilizzava come un’officina laboratorio piuttosto che un garage. Lo pensavano un po’ tutti, compreso il Maresciallo Mario che era solito percorrere verso le nove del mattino quel tratto di marciapiede in compagnia del suo amico scodinzolante. A quei rumori Fido iniziava ad abbaiare per quell’istinto innato dei canidi nelle situazioni di pericolo incombente, e vani si dimostravano i tentativi di Fortunato per tranquillizzarlo. Cosa nascondeva quel box? Fortunato doveva scoprirlo, e al più presto.

Serie: Cancello automatizzato


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Discussioni

    1. Grazie Giuseppe. Non avere delle grosse aspettative perché sto esaurendo le idee, sarà che sono esaurito. Dovrei prendere l’aspettativa dal lavoro ma non posso farlo, sono in pensione.

  1. Complimenti Fabius P., i tuoi racconti sono sempre molto arguti e unici come genere. Mi fa davvero piacere che abbia deciso di pubblicare una nuova serie. Credo che per progredire nelle nostre capacitâ di costruzione di una trama, l’elaborazione di una serie di episodi con piú stagioni sia molto utile.
    Di questo inizio della storia ho apprezzato soprattutto l’ incipit e i continui giochi di parole di cui sei maestro insuperabile.

  2. Una serie! Qui si fa intrigante. E poi FIdo mi fa simpatia, al contrario del fido che, invece, non mi fa simpatia per niente. Se poi ci metti che ho un mutuo, come si dice, sulle spalle, e che mi tocca andare in pensione non un minuto prima dei settanta, perché è allora che il mutuo scadrà, abbiamo chiuso il cerchio. Quello della vita. Ma tanto, a quelli come me nessuno accorcerà la vita lavorativa. L’altra, quella biologica, ci provano in tanti. Un bel guaio: chissà cosa succederebbe se la vita biologica finisse prima di quella mutuale? Tocca fare un’assicurazione sul mutuo, e pagare quindi una rata assicurativa sulla rata del mutuo. Così poi non ci si arriva più a fine mese, tocca fare un prestito per pagare la rata assicurativa su quella del mutuo, e poi rateizzare il prestito. Chiederò a Fido di chiedere al Maresciallo come pagare il fido senza perdere la fiducia.

    1. Consolati, tu sei uno di quelli che il Maresciallo Mario dovrebbe ringraziare personalmente. Lui incasserà più di quello che ha versato, tu invece ti troverai nella situazione opposta, a meno che, e te lo auguro, campi più di cento anni.

  3. Quanto mancava il tuo giocare con le parole caro Fabius!!! Sei sempre sagace, irriverente e divertente. Però sei cattivello con il povero Fortunato: devi aggiungere ai suoi anni di servizio quelli svolti dal fido Fido che, pensandoci bene, lavorava in nero per le fiamme gialle! Attendo nuove nuove.

    1. Attendi nuove nuove? Pensa che questa è un storia vecchia vecchia che mi dà del filo da torcere. Se riuscirò a concluderla sarà un parto particolarmente sofferto.

  4. Quando ho letto di Mario che passa accanto all’ufficio postale, mi sono detta che il nostro Fabius c’ha proprio un’ossessione per le Poste. Ma cosa mai ti avranno fatto la dentro? E cosa ci sarà mai in quel box? Due ‘pensionati’, un cane e il suo umano che inseguono un mistero. Bello. Mi piace 🙂

  5. Un attacco di grande slancio, in una polifonia di stimoli e di situazioni, filtrate con uno sguardo narrativo molto fresco – anche sagace nel fiuto, direi. L’episodio si organizza e si espande in una lunga panoramica, che non incontra ostacoli lungo i suoi versanti spazio-temporali, fino alla domanda del finale, relativa al box, che giustifica tutta la geografia del percorso. Molto divertente, nonché originale, il prestito concesso da FIDOmestic.

    1. Grazie Luigi per l’analisi colta, ne sono piacevolmente lusingato. Sono felice che la mia storiella ti abbia divertito e fatto sorridere. Spero di non deluderti col prossimo episodio.