Fiore di loto

Serie: Lascia che passi la notte


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Sebastiano ha accettato di andare con sua sorella a una mostra di fotografia, ma il suo pensiero è sempre rivolto ad Annalisa e al suo comportamento sfuggente.

Aprile 2022

Con Laura allacciata al braccio, Sebastiano salì i pochi gradini che conducevano all’ingresso. 

L’atrio era spoglio, due grossi manifesti pubblicizzavano le mostre in corso in quei giorni e delle targhette di metallo indicavano gli uffici ai piani superiori e una scala, in quel momento, quasi del tutto al buio. 

“La geometria dei corpi. Sala uno.” Lesse Laura e indicò il corridoio di fronte a loro.

Il tappeto rosso scuro al centro del pavimento attutiva il ticchettio dei tacchi. Alle pareti, lampade in vetro smerigliato si alternavano a schizzi a matita di chiese e monumenti cittadini. Note di violino si mescolavano a un leggero brusio. 

“Mi dispiace essermi intromesso nella vostra serata romantica.”

Laura gli lanciò un’occhiata di sbieco. “Punto primo, siamo stati noi a invitarti e secondo, io e Max non siamo più abituati a passare del tempo da soli, rischiamo di divorziare.” 

Un sorriso affiorò in contemporanea sulle labbra di entrambi. “Ma il fotografo, l’amico di Max, potrebbe non apprezzare che ci sia anch’io.”

Sua sorella rispose con uno sbuffo. “Tutti gli artisti o presunti tali sono egocentrici. Sarà felice di avere qualcuno in più a cui mostrare i suoi capolavori e la sua nuova fidanzata.”

Sebastiano sbuffò dal naso. “Ottimo, sarò l’unico a non avere una compagna.”

Laura si fermò, allungandogli una gomitata. “Sai che sei una palla al piede?”

Lui le posò un bacio sulla guancia. “Dai, non sei l’unica a poter scherzare.”

“Sì, se il tuo senso dell’ironia fa venire voglia di tagliarsi le vene.” Sua sorella si sporse oltre la doppia porta spalancata della sala. “Vedi dove servono il vino? Max è sicuramente là.”

Sebastiano lasciò vagare lo sguardo. Al centro della sala e su tre pareti erano posizionati pannelli bianchi con sopra le foto, illuminate da faretti di luce calda. Dalla parte opposta all’ingresso, tra due finestre schermate da tendaggi pesanti, c’era un tavolo con calici, bottiglie di vino e un vassoio con qualcosa da mangiare, forse tartine. 

“Ecco Max.” Sebastiano indicò con il mento il cognato, intento a parlare con un uomo alto e ben vestito che cingeva una bionda vestita di rosso e girata di spalle. 

“Cosa ti avevo detto?” Laura lasciò il braccio del fratello. “Vuoi che ti presenti subito Cristian o preferisci dare prima uno sguardo ai suoi scatti?”

Lui apprezzò la premura, consapevole che non fosse casuale. “Mi faccio un giro e poi vi raggiungo.” Prima di tuffarsi in una serata di sorrisi e discorsi di circostanza con due sconosciuti, aveva bisogno di assaporare qualche momento di solitudine. 

Resistendo all’impulso di mandare un messaggio ad Annalisa o a sua madre per sapere di Vale, si avvicinò alle foto a lato della porta. Erano quasi tutte in bianco nero. 

Iniziò da un primo piano su una mano matura e maschile intrecciata a una giovane e affusolata. Padre e figlia, o una coppia? Sebastiano si chiedeva sempre cosa racchiudeva uno scatto, quale momento o messaggio aveva voluto catturare chi si trovava dietro l’obiettivo. 

Fotografare era comunicare e un modo per intrappolare il tempo, per impedire che un ricordo sfumasse. Qualcosa di concreto, eppure un’illusione, uno dei tanti espedienti umani per sfuggire al nulla. Eppure, potevano diventavano ingombranti, la testimonianza di qualcosa di bellissimo che non c’era più.

L’immagine di Annalisa in lacrime circondata da brandelli di Polaroid arrivò a tradimento nella sua mente.

Si spostò davanti alla foto successiva, un uomo che danzava, i piedi staccati dal pavimento, le braccia e il viso rivolti verso l’alto, i muscoli della schiena ben delineati sotto la pelle nuda. Ballava e spiccava il volo.

Il terzo scatto raffigurava due donne, una con il pancione, il viso sorridente rivolto verso l’altra che l’avvolgeva da dietro, braccia e mani intrecciate intorno a una nuova vita.

In ogni immagine, luci e ombre scolpivano gli spigoli degli zigomi, la curva dolce delle labbra, la sinuosità di gambe e fianchi, pieghe e linee di corpi più o meno giovani.

Incantato, Sebastiano raggiunse le foto al centro della sala. Dalla prima, con un gioco di chiaroscuri emergeva solo la porzione inferiore di un volto femminile. La bocca suggeriva l’inizio di un sorriso, il labbro superiore meno pieno e l’arco di Cupido perfettamente disegnato. Non era uno scatto più interessante degli altri, avrebbe dovuto passare oltre, ma qualcosa tenne il suo sguardo incollato lì, come se il cervello cercasse l’indizio nascosto di un rebus. Si avvicinò. C’era un piccolo neo vicino a un angolo della bocca.

Un colpo di tosse dietro di lui lo costrinse a riscuotersi. Un po’ a disagio e senza voltarsi, si spostò alla foto accanto. E lì sussultò.

La modella era girata di spalle, i capelli biondi raccolti in una treccia morbida e un tatuaggio, un fiore di loto alla base della schiena. Non era un disegno originale, quante altre persone potevano averlo sul corpo?

Eppure, la gola si chiuse e una leggera scarica sembrò attraversarlo. Sentì il bisogno di passare alla foto successiva, alla ricerca di una smentita, la prova che la sua memoria si stava sbagliando. 

Ma se la ritrovò davanti, la testa inclinata e una risata che gli sembrò di sentire, rumorosa, di quelle a cui cerchi di resistere e, invece, ti trascinano con loro, lasciandoti senza fiato e con gli occhi lucidi.

In tutte le foto successive c’era lei, Lorenza. 

Sebastiano si toccò la gola, sotto i polpastrelli avvertiva le pulsazioni.

Tornò a guardare il fiore di loto. Alle sue spalle sentì un ticchettio di tacchi e un leggero fruscio.

La voce arrivò come un’onda o una folata di vento improvvisa.

“Te lo ricordi, vero? Non sono più riuscita a farne altri senza di te.”

Sebastiano chiuse gli occhi e inspirò. 

Si voltò. Lorenza, l’ex migliore amica di Annalisa e tutto quello che era stata e avrebbe potuto essere per lui, si trovava lì.

Era avvolta in un abito rosso che le lasciava scoperte le spalle e buona parte delle gambe, un rossetto in tinta, i capelli biondi raccolti in una coda di boccoli e la solita frangia. 

Uno scintillio divertito passò nei suoi occhi verdi. “Sono riuscita a lasciarti senza parole o ti ho spaventato?”

Sebastiano si accorse di avere la bocca secca, la voce gli uscì strana. “È solo passato tanto tempo.”

“Già, spero sia abbastanza.”

 

Serie: Lascia che passi la notte


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Discussioni

  1. Wow! Un bel colpo di scena. La comparsa improvvisa di Lorenza aggiunge una pizzico in più di pepe al gusto piacevole di questa storia, che spazia in vari campi, di culture diverse e curiosità varie. Ho apprezzato l’ intero episodio e mi hanno colpito, in modo particolare, alcune considerazioni sull’ osservazione delle foto, che riporto:

    “Fotografare era comunicare e un modo per intrappolare il tempo, per impedire che un ricordo sfumasse. Qualcosa di concreto, eppure un’illusione, uno dei tanti espedienti umani per sfuggire al nulla. Eppure, potevano diventavano ingombranti, la testimonianza di qualcosa di bellissimo che non c’era più.”
    👏 👏 👏

    1. Grazie di cuore Maria Luisa, sono contenta che la comparsa di Lorenza abbia aggiunto pepe e una ventata di novità alla storia. E grazie anche per aver riportato le frasi che ti sono piaciute😊

  2. Sebastiano è un personaggio in continuo cammino. L’impressione mia è che Annalisa sia ‘ferma’, come trattenuta dentro a una bolla. Lui, invece, finalmente si muove e agisce. La storia assume una luce nuova.

  3. Ho visto Sebastiano camminare fra la gente, ammirare le immagini impresse sulle fotografie. Ho percepito il rumore della sala, il brusio e il rumore dei bicchieri.
    Un episodio che permette una esperienza immersiva e coinvolgente. Scritto benissimo con perfetto equilibrio fra narrazione e dialoghi.
    Il finale è sicuramente un colpo di scena. Ci mostri un Sebastiano ‘diverso’ e, forse per la prima volta, succede che il suo pensiero non si rivolto a Annalisa.

  4. Ciao Melania, mi piace tantissimo il tuo stile (non smetterò mai di dirtelo!) La tua scrittura è pulita, le descrizioni evocative, i dialoghi credibili e naturali: gli ingredienti perfetti di una ricetta che garantisce sempre un ottimo risultato. Ora, Lorenza entra in scena come una femme fatale… sono davvero curiosa di leggere il resto.

  5. “Il tappeto rosso scuro al centro del pavimento attutiva il ticchettio dei tacchi. Alle pareti, lampade in vetro smerigliato si alternavano a schizzi a matita di chiese e monumenti cittadini. Note di violino si mescolavano a un leggero brusio. “
    Questa è una delle tante descrizione che hai inserito in questo episodio che mi hanno trasporto dentro la storia. 👏 👏