Fotografie
Questo maledetto letto. Non riesco a stare comodo. Dovrei riposarmi ma non riesco. Devo essere attivo per domani. Che ore sono? Le tre e cinquantotto. Se mi addormento entro le quattro e mezza ho ancora cinque ore di sonno prima della sveglia. Non sono pronto. Non sono pronto cazzo. Ora comincio a tremare al solo pensiero, non voglio. Devo farlo. Basta storie. Non devo tremare. Ho aspettato mesi. Mi sono preparato. Carlo è stato lì due mesi a cercare di darmi la spinta giusta. A cercare di analizzare ogni singolo dettaglio, ora tutte le sue parole mi sembrano inutili. Pensavo che la parte peggiore fosse quando ho accettato di farlo. Quando ho capito che dovevo farlo. Nonostante tutto, nonostante la morale, nonostante gli insegnamenti di mamma e papà. Chissà cosa fanno ora, mamma e papà; dormiranno beati. Chissà, magari non sarebbero in grado di dormire così bene, se sapessero cosa sto per fare. Che poi magari immaginano qualcosa. Magari ho dato nell’occhio durante l’ultima visita. Magari mamma non sta dormendo ed è lì lì per chiamarmi e dirmi di fermarmi, di pensare bene. Sono un pessimo attore, non dovevo farmi vedere da nessuno. Ma come mi è saltato in mente di farlo? Ma dico io: c’è tanta gente che se ne sta tranquilla, in casa. Ha un mutuo da pagare e tasse a non finire ma è serena, se ne sta in pace. Si crea una famiglia, fa di tutto per la famiglia ed è felice così, o almeno lo sembra. E io manco una famiglia sono stato in grado di farmi. Che coglione che sono. Dai basta sono le quattro e cinque. Mi fumo una sigaretta poi basta pensieri. Devo andare a dormire. Se domani non sono concentrato è un casino. Se non dormo poi non sono concentrato e potrebbe andare male. No. Non deve andare male. Che poi magari è anche meglio se finisce male, meno sensi di colpa. No. Non ci devo neanche pensare. No. No. Non può andare male. Andrà bene. Sei bravo. Ti sei preparato per mesi. Basta che ti riposi, te ne stai calmo e tutto andrà per il meglio. Abbiamo preparato tutto, lo sai: la fuga, come evitare di farci fermare dalla polizia e tutto il resto. Non andare in panico. Magari i primi giorni sarà dura per Carlo ma anche andasse male non farà mai il tuo nome. Bene, ora basta. Prendo una sigaretta e me la fumo in balcone. L’aria fresca aiuta in questi casi. Spero di non svegliare Anna, poverina. Nel letto di fianco a questo disgraziato. È da settimane che mi chiede cosa c’è che non va e io devio sempre il discorso. Faccio schifo. Non le ho neanche parlato. Non le ho neanche chiesto se per lei fosse una cosa giusta oppure no. Se mi avesse detto che è una merda di idea non so che cosa avrei fatto. Certo ormai anche lei sarebbe stata dentro, ma sarebbe stata troppo buona per montare su un casino. Mi avrebbe fatto ragionare. Forse sarebbe stata spaventata. Non mi ha mai conosciuto in questo modo. Magari sarebbe andata via di casa e non l’avrei più vista. Ora nasconderle questa cosa mi manda fuori di testa. Ma perché cazzo non riesco a smettere di tremare. Dove sono le sigarette? Mi sembrava di averle lasciate sul comodino. No, forse sono nel tavolo in cucina. Ecco che se mi alzo bruscamente sveglio Anna, poveretta. Va bè che è la donna con il sonno più pesante che ci sia al mondo, ma se la sveglio è un casino. Fumo di notte solo quando litighiamo o sono parecchio nervoso per qualcosa. Mi farebbe il terzo grado e in questo momento confesserei tutto perfino alla polizia. Ma come mi salta in testa di pensarlo? Non sono mica un criminale. Non ancora almeno. Bene, non si è svegliata. Ha il respiro più profondo che abbia mai sentito. Sembra quasi che russi. Povera donna. Come le è saltato in testa di sposarsi con uno come me. Manco un bambino sono stato capace di darle. Se non fossi sterile a quest’ora non saremmo neanche qui, sarebbe tutto bellissimo. Volevamo solo questo. Mamma mia che fresco che fa fuori. Torno a prendere una felpa. Anzi no. Comincia a piacermi e non voglio rischiare di svegliare Anna. Almeno se tremo posso dare la scusa al freddo. Domani sarà più caldo e non mi devo scordare dei vestiti che devo mettermi: panama per nascondere la capigliatura e non dare nell’occhio, gli occhiali da sole che mi ha dato Carlo, giacca e pantalone di lino beige e camicia bianca e leggera, la borsa in pelle è il pezzo forte. Come outfit non è neanche male devo dire. Potrei usarlo anche per altre occasioni. Per le scarpe Carlo dice che è uguale e che mi faccio troppe paranoie ma io penso che in questi casi non ci sia da scherzare su nessun particolare. Bene, mi ricordo tutto ma devo smetterla di ricapitolare che se no mi dimentico. Domani sarà tutto più semplice. Domani sarà tutto automatico. Magari anche Carlo è in panico questa notte. Mah, in realtà non credo, lui è sempre così sicuro. L’unico momento in cui l’ho visto in difficoltà è quando mi ha chiesto aiuto: piangeva e quasi si strappava i capelli. Non lo avevo mai visto così. È sempre stato un uomo tutto d’un pezzo. Si vede che gli sta troppo a cuore questa storia del bambino. Non potevo dirgli di no. Ne è passato di tempo da quando eravamo ragazzi. Io mi sento sempre uguale ad allora ma vedo Carlo che cambia continuamente. Non ci vediamo mai cambiare, noi stessi, è strano. Forse perché cambiamo sempre e non ce ne accorgiamo. Un po’ Come quando le mamme non si accorgono che il figlio cresce perché lo vedono tutti i giorni. Se ne accorgono sempre pensando ad un passato lontano o ancora meglio guardando una fotografia. La fotografia ferma i bimbi mentre cambiano, se no ci sfuggono e non possiamo apprezzarli più. Dovrebbe esistere un modo per fotografarci l’anima, così potremmo notare anche i nostri cambiamenti. Vorrei inventarlo io questo modo, però non so se lo direi a qualcuno, che l’ho scoperto: molta gente potrebbe avere paura della propria fotografia e mi dispiacerebbe. Quello che vorrei veramente, in realtà, è poter dire anche io ad un ragazzo: “Mamma mia, ma quanto sei cresciuto! Ricordo quando eri piccolo così e giocavamo assieme a basket nel cortile. Non mi sembra vero che sei diventato così grande” poi fargli vedere le fotografie e fare capire anche a lui quanto sia cambiato. Non potrò mai farlo. Peccato. Questa sigaretta ci stava proprio. Non sto neanche più pensando a domani. Fumare in questi casi aiuta l’anima. Tremo solo un pochino ma è per il freddo, sicuro. Con tutti questi pensieri non mi sono neanche accorto che stanotte cielo è pieno di stelle. Si vede che siamo in settembre. Ancora non è passato nessuno per la strada. È anche vero che è notte fonda. Spero di non vedere nessun bambino da qui a domani. Troppi sensi di colpa mi verrebbero. Magari il bambino sta bene lì dov’è. Magari non è per niente giusto quello che stiamo per fare. Vogliamo fare i buoni della situazione ma magari siamo gli stronzi. Basta ora devo smettere di pensare. La vera stronza qui è stata Amanda. Non si possono prendere decisioni così senza dire niente. Se ti comporti in questo modo non sei neanche giustificata a morire, per quanto mi riguarda. Ormai parlarle non si può più quindi è la cosa giusta da fare. Ormai è tutto deciso. Lo faccio per Carlo. Lui deve poter mostrare a suo figlio una foto quando sarà grande. Lui odia il basket. Magari una foto mentre giocano a calcio oppure la foto di domani. Sarebbe divertente dirgli: “Guarda. Questa l’abbiamo fatta il giorno in cui io e tuo zio Gino ti abbiamo rubato dall’orfanotrofio”.
Avete messo Mi Piace1 apprezzamentoPubblicato in Narrativa
Originale questo racconto 🙂