
Fratelli
North Carolina, 1861
«Ritirata! Ritirata!».
La parola magica, quella che il nemico voleva sentire e gli ufficiali dei soldati che lo sentivano no.
Bastò perché gli unionisti gettassero a terra i moschetti e sciogliessero le fila per poi filare. I confederati guadagnarono terreno.
Timothy non poté fare nulla: Se faccio l’eroe, divento un eroe morto, pensò.
Fece per scappare, ma prima si assicurò che Lawrence lo stesse seguendo.
Non lo vide da nessuna parte.
Si preoccupò.
Intendeva fuggire, ma senza suo fratello non lo avrebbe mai fatto. Cos’avrebbe detto ai suoi vecchi?
«Lawrence, dove diavolo sei?».
Lo vide poco lontano, a terra, ferito. Si tamponava lo stomaco che sanguinava.
«Timothy» lo pregò.
Su Lawrence c’era un capitano. Gli stava puntando alla tempia il revolver.
«No». Timothy protese le braccia come a volerlo bloccare, peccato che era a una ventina di iarde di distanza.
Il capitano tirò il grilletto, uccise Lawrence.
Timothy afflosciò le spalle, non ci aveva potuto fare nulla.
Il capitano parve accorgersi della sua disapprovazione: «Conosceva dettagli troppo utili, non lo potevo abbandonare al nemico. Vattene, soldato». Poteva darsi sapesse del legame di parentela fra loro, comunque dopo non se ne curò più.
Timothy obbedì mentre sentiva la sua anima frantumarsi come uno specchio caduto dalla parete.
Giorni dopo, una scaramuccia.
Timothy aveva un altro moschetto. E rimuginava.
Gli unionisti si batterono contro i confederati, la prateria era disseminata di cadaveri e resti di cadaveri. Non era che le pallottole fossero gentili: dilaniavano e maciullavano, si moriva non in pace, ma con dolore.
Timothy aveva davanti a sé il capitano, quel maledetto. Stark di cognome, meritava una brutta fine.
Stark agitò il berretto, poi la sciabola: «All’attacco!».
Le baionette, più i denti di un mostro, si protesero come una falange verso i confederati, soldati in grigio in fuga.
Il grigio non per la paura, era la loro uniforme.
I nordisti li inseguirono e Timothy si ritrovò di fronte la schiena di Stark. Strinse i denti e gli infilò la baionetta tra le scapole.
L’ufficiale si girò a guardarlo mentre sanguinava dalla bocca: «Cos’hai fatto…».
«Per mio fratello» gli sputò in faccia. «Forse pure tu sei a conoscenza di dettagli troppo utili».
Adesso la corte marziale attendeva Timothy, e se non quella, la condanna fino alla morte di aver assassinato un superiore. Ma mio fratello… Mio fratello.
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Molto bello il messaggio che passi attraverso questo racconto. Uno stile asciutto e quasi giornalistico a fare da cornice all’amore fraterno. Quasi uno spiraglio di luce nel nero della guerra.
Ti ringrazio! E poi, di guerra ce n’è anche abbastanza visto che l’oscurità si sta impossessando del mondo
È proprio vero. Tu parli spesso di guerra, sicuramente per una tua passione come osservatore, ma lo fai sempre con occhio molto compassionevole.
Grazie per le tue parole