
GABBIA METALLICA
-Lars. Lars, mi senti?- Ast lo chiamava insistentemente attraverso il comunicatore, -Lars, dove cazzo sei finito? Rispondi, è importante.-
Lars si svegliò di soprassalto, aveva un forte mal di testa e le orecchie gli fischiavano. Si sentiva stordito e confuso; aveva fatto un sogno assurdo, ma non lo ricordava.
Prese in mano il comunicatore sul comodino metallico accanto al letto e rispose: -Sì Ast, ci sono.-
-Ma dov’eri finito? Hai visto in che ora ci troviamo?-
Lars guardò il segnatempo, indicava la settima ora. -La settima- disse.
-Esatto. Stavi dormendo vero? Perché stavi ancora dormendo?-
-Puoi arrivare al punto?-
L’altro sospirò: il suono del suo respiro gracchiò attraverso il microfono vecchio e malmesso del comunicatore. -Se continui così ti farai disattivare, io non posso proteggerti per sempre. E se ti avessero chiamato dal dipartimento?-
Lars non rispose, prese il pacchetto sul comodino e si accese una barra combustibile, la fumò disteso sul letto. -Allora, dimmi subito che devo fare.-
Ast sospirò di nuovo. -Ci rinuncio-, poi disse qualcos’altro, ma la linea venne disturbata pesantemente e non si sentì nulla.
Lars continuava a fumare mentre aveva lo sguardo fisso sulla parete di metallo; che insieme con il pavimento, il soffitto e gli altri muri lisci e privi di irregolarità, formavano un cubo perfetto. -Non ho sentito niente Ast, c’è stata un’interferenza.-
-Ora mi senti?-
-Sì.-
-Ho detto che c’è una breccia nella barriera schermante. Sta passando un segnale che disturba le nostre trasmissioni. Devi andare nell’anello esterno di Kentron e risolvere. Mi raccomando, indossa il casco, a causa della breccia potresti subire attacchi cerebrali.-
-E io cosa c’entro? Perché non mandate un androide riparatore?-
-Perché c’è un sintetico da combattimento fuori controllo, ci sono stati omicidi nell’anello e pensiamo che potrebbe aver creato lui la breccia nella barriera. Servi tu Lars.-
-Che modello è? Appartiene al dipartimento?-
-No, viene da fuori. Non sappiamo precisamente di che modello si tratti: si muove troppo rapidamente e in qualche modo riesce a eludere la maggior parte dei nostri rilevatori e telecamere.-
-Come ha fatto ad entrare?-
-Non lo sappiamo.-
-Perché non mandate una squadra?-
-Vuoi dirmi che non basti tu a portare a termine un compito simile?-
-A quanto ammontano i morti?-
-Non lo sappiamo. Sai com’è laggiù, sono praticamente tagliati fuori.-
-Chiaro. Quindi lo devo trovare, disattivare e riparare la barriera.-
-Esatto, ti invio le coordinate del punto in cui è stato rilevato per l’ultima volta. Non appena avrai fatto fuori l’androide, ti darò quelle della breccia.-
-Perché non me le dai subito?-
-Disattivare quel sintetico ha la priorità assoluta. Potrebbe creare altri problemi, e arrivare alla cupola.-
-Certo, di sicuro la vostra preoccupazione non sono i relegati.-
-Lars, un’altra cosa, devi indagare e scongiurare la possibilità di un attacco da parte delle città esterne, potrebbe essere che…- Ast non riuscì a finire la frase che il segnale venne disturbato di nuovo e cadde la linea.
Lars restò a fissare il soffitto per un po’, mentre assaporava la barra combustibile. La stanza era pregna di fumo e puzzava. Gettò la barra nello smaltitore di rifiuti, fece un lungo sospiro e si alzò. Il mal di testa gli era passato, ma si sentiva ancora un po’ stordito.
Indossò l’imbracatura con la fondina ascellare. Prese il fucile a canne mozze e ce lo inserì, sotto il braccio sinistro. Affilò il coltello, la lama lunga e seghettata, poi lo mise nel fodero sul fianco. Indossò i pantaloni e gli stivali. Si mise il lungo impermeabile grigio scuro e raggiunse la piattaforma al centro della stanza.
Lars era attivo da circa 3.000 anni; appariva come un uomo che si trovava a un terzo della propria vita, quindi che aveva circa 300 anni.
Con il piede premette un bottone sul pavimento e la piattaforma si sganciò; cominciò a discendere lentamente verso il basso.
Mentre scendeva lungo la colonna, Lars vide l’enorme distesa di cubi metallici sopraelevati, lisci e geometricamente perfetti, tutti orribilmente uguali. Erano posizionati su diversi livelli sfalsatati e sorretti da colonne, con al loro interno delle piattaforme che fungevano da ascensore, come quella su cui si trovava Lars. I pilastri si conficcavano, come degli spilli, tra i pochi spazi non occupati dalle fitte abitazioni cubiche al livello 0. Quest’ultime si espandevano per chilometri, così numerose e fitte da apparire come una superfice compatta, interrotta da piccole crepe geometriche e regolari.
Lì, fuori la cupola, abitavano solamente androidi, proprietà del prefetto di Kentron.
Lars scorse la cupola in lontananza, al centro della città. Era così imponente che copriva gran parte del paesaggio e lui quasi non riusciva a percepirne la curvatura. La spessa parete d’acciaio era scura e scanalata. Attraverso i solchi nella superfice correvano tubi e cavi; da lontano sembravano piccoli e fitti, ma Lars sapeva che in realtà erano giganteschi e avevano diametri chilometrici.
Lui non era mai entrato all’interno della cupola, era proibito a tutti i sintetici. Non aveva mai visto nessun essere umano con i propri occhi, poiché non gli erano mai state trasmesse immagini o ologrammi, aveva sempre comunicato con il dipartimento tramite apparecchi acustici.
Avete messo Mi Piace1 apprezzamentoPubblicato in Sci-Fi
Molto coinvolgente fin dalle prime battute. Mi è piaciuto molto come hai reso scorrevole e piacevole la lettura, senza appesantire i periodi. Non vedo l’ora di leggere il prossimo episodio 👍
Grazie mille Nicola, mi fa piacere