Genesi 

Serie: La bambola di porcellana


'Genesi': [←dal lat.genĕsi(m), dal gr.ghénesis]-origine, nascita, processo di formazione: la genesi dell’uomo, del mondo; la genesi di un’opera d’arte.

    STAGIONE 1

  • Episodio 1: Eden
  • Episodio 2: Genesi 

I giorni passavano in fretta nella casa di cura, gli infermieri cambiavano le lenzuola della nonna due volte a settimana, le sistemavano i cuscini dietro la testa prima di andare a dormire, la aiutavano a mangiare e le aprivano le finestre ogni mattina per far entrare la luce del sole e arieggiare la stanza.

Un medico si faceva vivo di tanto in tanto, portava degli occhiali dalla montatura in legno appoggiati su un naso adunco mentre il colore dei capelli era segnato irrimediabilmente dallo scorrere del tempo.

«Buongiorno Signora, come si sente oggi?»

Chiedeva pimpante irrompendo nella stanza.

«Non c’è male dottore, non c’è male.»

Esclamava lei ogni volta, rispondendo a quell’allegria contagiosa con altra allegria.

L’uomo si sedeva su una poltroncina verdastra, davanti alla finestra, al lato sinistro del letto in cui si trovava la nonna per poi iniziare una lunga chiacchierata.

Dopo quasi un’ora si alzava, tirava fuori la penna dal taschino del suo camice bianco e finiva di segnarsi altre parole sulla cartella che aveva tenuto in mano fino a quel momento.

Salutava la nonna con una riverenza scherzosa del capo e prima di andarsene lasciava sempre un ultimo sguardo su di me, che invece ero seduta sulla sedia scricchiolante sul lato destro del letto, la sua figura si rifletteva nei miei occhi cristallini.

«Signora, dica alla sua principessa di sedersi bene su quella vecchia sedia. Non vorrei mai che cadesse e si facesse male» disse un giorno accennando un sorriso sincero.

«Non si preoccupi dottore, la mia nipotina è la bambina più giudiziosa del mondo, non è vero tesoro?» mi chiese la nonna in tutta risposta voltandosi verso di me, poi il dottore uscì dalla stanza.

Una mattina, come tutte le mattine, un infermiere entrò in camera.

La attraversò tutta, a passo spedito, fino ad arrivare alla grande finestra per spalancare le imponenti tende color salvia.

Ma quel giorno il sole, beffardo, aveva deciso di non farsi vedere e di rimanere nell’ombra, nascosto tra le nuvole.

L’infermiere sembrò non esserne particolarmente deluso non come, invece, lo sarebbe stata la nonna una volta sveglia.

Ma quel giorno la nonna non si svegliò.

Il sole le aveva giocato un brutto scherzo ma lei ne aveva fatto uno molto più brutto.

E lo aveva fatto proprio a me,

a me che ero la sua nipotina, la sua principessa, la più preziosa delle gemme!

«Lo sai che i tuoi occhi brillano proprio come due zaffiri?»

Mi aveva detto solo qualche giorno prima mentre mi accarezzava i lunghi riccioli castani.

E forse aveva ragione, forse i miei occhi assomigliavano davvero a due zaffiri ma, come loro, l’unica cosa che sapevano fare era brillare.

Volevo piangere, perché avevo appena perso tutta la mia famiglia, la mia Regina, la mia nonna.

Ma non ci riuscivo, perché nessuno mi aveva mai insegnato a farlo.

Da quel giorno il tempo si era come fermato all’improvviso.

Mi sentivo vuota, più di quanto non lo fossi mai stata in tutta la mia vita.

Che cosa ne sarebbe stato di me?

Che fine avrei fatto?

Qualcuno avrebbe avuto il coraggio di accogliermi sotto la sua ala?

O sarei stata abbandonata come un vecchio giocattolo rotto?

Del resto ero solo una bambina il cui mondo si era appena fermato, chi si sarebbe preso cura di me da quel momento in poi?

Poche ore dopo la morte della nonna, però, qualcuno entrò nella stanza destandomi dalle mie preoccupazioni e dal mio dolore.

Era il dottore, seguito da una donna sulla quarantina.

La donna si fermò proprio davanti al letto in cui la nonna dormiva coperta da un candido lenzuolo profumato, ma i suoi occhi non vacillarono neanche per un istante.

«Le porgo le mie più sentite condoglianze Signora.»

Diceva il medico alle spalle della donna.

Questa non rispose subito, rimase ferma a guardare la figura immobile della nonna che giaceva sotto il lenzuolo pulito.

«Ha…ha sofferto molto?»

Chiese la sconosciuta con un filo di voce che non lasciava trasparire alcun tipo di emozione.

Il dottore prese in mano la cartella, sfogliò le ultime pagine, sospirò, poi parlò: 

«Sua madre se ne è andata serenamente.

La causa del decesso è stata un arresto cardiaco avvenuto durante la notte, quindi no, non ha sofferto.

Per quanto riguarda l’ultimo periodo passato qui, invece, deve sapere che ha goduto delle cure e dei trattamenti migliori, proprio come ci ha chiesto lei fin dall’inizio.»

Calò nuovamente il silenzio.

«E…per quanto riguarda i suoi deliri? Credeva ancora che quella bambola fosse la figlia che non ho mai dato alla luce?»

Lo sguardo del dottore si spostò verso di me, che ero ancora seduta sulla sedia vicina al letto della mia nonna.

«Sì, la psicosi di sua madre si era aggravata negli ultimi tempi, non voleva mai staccarsi dalla sua bambola di porcellana, diceva che era la sua principessa…ma sa, forse è stato meglio così, in questo modo sua madre non si è sentita sola neanche per un istante.»

Finalmente anche la donna si decise a spostare lo sguardo su di me anche se, al contrario di quello del medico, il suo non era triste o malinconico ma rotto e amareggiato.

Sul suo volto si dipinse una smorfia amara non appena i suoi occhi incontrarono i miei, così azzurri e cristallini, proprio come due zaffiri.

«Quella bambola, quella stupida bambola di porcellana… si è portata via mia madre!»

Rimasi in silenzio limitandomi a guardarla a sua volta, del resto, non potevo fare nient’altro.

Non è stata colpa mia

Avrei voluto dirle.

Io non ho fatto niente

Qualcos’altro o qualcun altro per primo si era portato via la bambina di cui la donna era rimasta incinta tanto tempo fa.

E la nonna non era riuscita a sopportarlo, voleva così tanto una nipotina.

Non era l’unica a soffrire, lo sapeva bene, ma non le interessava.

Egoisticamente si era rinchiusa nel suo dolore, come una Regina che si confina nel suo stesso castello, aveva chiuso i battenti una volta per tutte allontanando la figlia e tenendola a distanza per gli anni a venire.

Non è colpa mia, io non ho mai fatto niente!

Volevo gridare, ma non potevo.

Non ho chiesto io di essere amata, è successo e basta ed io non ho potuto far altro se non accettare quell’amore tanto caldo e dolce quanto sincero e premuroso.

Sono nata come bambola di porcellana, è vero, ma sono cresciuta come una principessa.

Una principessa tanto amata dalla sua Regina che, prima di essere una Regina, era la mia nonna.

E ora, dopo tutto questo tempo, torno ad essere una semplice bambola di porcellana.

Serie: La bambola di porcellana


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Discussioni

  1. Molto bello e toccante.
    L’inaspettato colpo di scena finale rende la storia ancora più malinconica e coinvolgente, poiché fa emergere tutto il dolore provato dalla donna a seguito della perdita della nipote mai nata.

  2. Tanto sorprendente quanto affascinante questa seconda seconda metà del racconto. Scavando in profondità, è pieno di spunti di riflessione sulla natura dell’affetto e della vita, in un certo senso. Del resto, vedo che già alcuni commenti hanno fatto notare questa caratteristica. Complimenti, non è da tutti scrivere una storia così ben pensata nella sua brevità, oltreché essere scritta bene! 🙂

  3. Ciao, ammetto che il primo episodio non mi aveva entusiasmato, ma volevo scoprire il finale della storia. Ho fatto bene, mi è piaciuta molto la rivelazione della bambola di porcellana e come hai descritto le sue emozioni. Brava!

    1. Ti ringrazio per il tuo parere e il commento, effettivamente anche io non avrei voluto dividere il racconto in due dato che inizialmente nasceva come un tutt’uno ma per forza di cose ho dovuto farlo. Però gazie per aver avuto la pazienza di andare avanti 🫶🏻

    1. Grazie e ottima domanda! Dal basso della mia giovane età credo (e spero) che non esista una risposta universale. Penso che spetti ad ognuno di noi scoprirlo man mano che si va avanti nella vita 🫶🏻

  4. allora è come avevo pensato. La morte in vita di qualcuno che non può morire perché non è mai stato vivo. Sarà peggio di morire, non aver mai vissuto?

    1. Ottimo spunto di riflessione. Posso dirti che nel caso specifico di questo racconto la bambola preferisce aver vissuto (anche se per poco) alla morte. E sicuramente continuerà ad esistere fin quando non troverà qualcun altro in grado di farla vivere nuovamente 🤍

  5. È già il secondo tentativo che faccio per scrivere un commento decente, ma la visione liquida è sempre un po’ fastidiosa perché appanna e distorce le lettere su schermo e tastiera.
    Che posso farci? Mi faccio sempre trasportare o travolgere da sentimenti non miei, ma che condivido e poi sarei anche il primo a prendermi cura di una bambola di porcellana! Finirebbe in un castello alquanto strano, ma sicuramente la tratterei con tutto l’affetto che merita una principessa.
    Aw! Triste, ma è una tristezza che coccola. ♥