
Ginetta la vendetta
Ginetta amava le storie d’amore. Quasi tutti i romanzi di Bice Cairati, (in arte Sveva Casati Modigliani): “La moglie magica”, “L’amore fa miracoli”, “Lezioni di tango”, “Vaniglia e cioccolato”, “ Suit 405” e un’altra decina, almeno, li aveva letti e in parte riletti.
Il best seller che più di ogni altro era rimasto impresso nel suo cuore, trafitto dall’emozione, era “Love story”, di Erich Segal. Il film con la stessa trama dello stesso autore e sceneggiatore, l’aveva visto una volta al cinema e una volta in TV. Il 45 giri con la colonna sonora del film, composta dal musicista francese Francis Lai e non Lay – come scrivevano in tanti, essendo di origine sarda – era uno dei suoi dischi più consumati.
Da ragazza, prima di tuffarsi nella bambagia della letteratura rosa, Ginetta faceva grosse indigestioni di fotoromanzi Lancio. Ne divorava anche due o tre al giorno, tutti di seconda mano. Quando sua madre tornava dal lavoro e la chiamava per pranzo, lei trovava sempre qualche scusa per non interrompere l’idillio con l’attore protagonista. Si identificava nella parte del personaggio femminile, tra le braccia di Franco Gasparri o Franco Dani, per poi sognare, a occhi aperti, il primo incontro romantico con l’uomo della sua vita, l’anima gemella, la sua dolce metà. Finché un giorno sua madre – stufa di ripeterle nel loro dialetto – che doveva smetterla di leggere sempre scimprorius (sciocchezze), le aveva buttato sul fuoco tutte quelle riviste che considerava diseducative, fuorvianti e nocive per una come lei, ancora troppo ingenua, che non sapeva distinguere gli amori astratti, romanzati, dagli amori vissuti tra due persone, nella vita vera, quotidiana.
Poco tempo dopo Ginetta si era appassionata alle telenovelas. Incollata alla TV, si estraniava totalmente per immergersi in quegli episodi di soap-opera, senza perdere un solo giorno, tutte le vicende sentimentali di “Anche i poveri ridono”. Un Cenerontolo in versione moderna, che dopo molte peripezie, diventa l’amico, poi l’amante e infine il consorte della duchessa Maria Dolores Del Cocchio, con l’ occhio verde, rotondo e un po’ sporgente da ranocchio. Un matrimonio d’interesse calcolato, più che d’amore contrastato, che si consumava presto, tra le lacrime di lei e le risate sguaiate e beffarde di lui. Finché un giorno il televisore si guastò. Ginetta non seppe mai come andò a finire la serie di “Anche i poveri ridono”.
Nella sua vita c’era un gran vuoto: una voragine di mancanza d’amore. La sua vita sentimentale era cominciata con qualche sporadico incontro “toccata e fuga”. L’ansia di coronare il grande sogno d’amore eterno, la rendeva apprensiva, insicura, piagnucolosa; talvolta possessiva. Senza rendersi conto del perché, li faceva scappare tutti a gambe levate.
Quando aveva iniziato a capire che c’era qualcosa di sbagliato in lei, aveva deciso di cambiare atteggiamento. Faceva la preziosa; arrivava in ritardo ad ogni appuntamento. Cercava sempre di sedurre qualcuno, flirtava ovunque andasse; persino col medico di guardia, la sua guardia giurata e il guardiano del cimitero; per poi lasciarli a bocca asciutta. Qualche volta, in piena notte, succedeva che qualcuno, ubriaco, o arrabbiato, o mezzo matto, suonasse il citofono solo per dirle cose senza senso o per coprirla di insulti. La guardia giurata aveva scoperto dove abitava ed era andata a cercarla. Per costringere Ginetta ad affacciarsi alla finestra al quarto piano, della sua cameretta, aveva pure sparato in aria.
Sentendosi rifiutata e poco “femme fatale”, aveva deciso di cambiare look. Per essere più avvenente aveva iniziato a usare reggiseni col push up, jeans molto aderenti e tacchi alti. I jeans erano così attillati che per riuscire a chiuderli doveva stendersi sul letto in posizione supina, trattenere il respiro con la pancia in dentro, e tirare su, con forza, il cursore della cerniera.
Dopo pochi giorni era caduta dai trampoli, si era procurata una distorsione alla caviglia destra e una piccola frattura al malleolo. Un mese intero di isolamento forzato e di mobilità limitata, nello spazio angusto del suo modesto bilocale al quarto piano, senza ascensore.
In quell’arco di tempo non faceva altro che mangiare, dormire e guardare film in DVD, che Susetta, la sua amica d’infanzia, andava a noleggiare, per poi trascorrere un’intera serata, facendo scorpacciate di pesciolini, bastoncini e salatini vari; oppure patatine e pop corn, ma soprattutto divorando con gli occhi scene d’amore strappalacrime.
In quattro settimane era aumentata di cinque chili. Pancia gonfia e due taglie in più. Nei jeans elasticizzati poteva entrarci solo con le braccia. A malapena riusciva a infilarsi i pantaloni delle tute da ginnastica, ampi sulle gambe e con l’elastico in vita. Le felpe erano un po’ a sacco, non sagomate, perciò ci stava comoda. Guardandosi allo specchio si vedeva come un grosso fusto cilindrico di latta, da cento litri. Poi però osservava la parte alta delle spalle e ci ripensava. Più che un fusto, un bombolone del gas, col collo corto e una scopa cattura-polvere di lana, sopra. I capelli in disordine, ricci e arruffati, non l’aiutavano a sentirsi meglio. Per non incrociare con lo sguardo, quella specie di vello folto da pecora nera, preferiva nascondere la sua chioma ribelle, sotto un cappellino da basket.
Per consolarsi e per evadere da quella clausura domestica, accendeva il videoregistratore o il lettore DVD.
In quel periodo il film che l’aveva colpita e turbata, per un lungo periodo di tempo, era stato Ghost, con Demi Moore, Patrick Swayze e Woopi Goldberg. Ma il film più toccante, che aveva dato una forte scossa alla sua vita, era stato Thelma e Louise. Lei e Susetta l’avevano visto e rivisto, in videocassetta, in tv e in DVD, fino a conoscere ogni battuta a memoria. Una delle loro frasi ricorrenti era: «Non farmi domande e non ti dirò bugie».
Da qualche mese Ginetta aveva conosciuto un tipo belloccio e un po’ misterioso, che appariva e scompariva in continuazione. L’aveva conosciuto attraverso un sito internet. L’aveva incuriosita che fosse uno street artist.
I primi tempi la portava in giro con macchine d’epoca sempre diverse: noleggiate, prestate e recuperate i vari modi, per il tempo necessario; fingendo che fossero sue. Il belloccio, che somiglia vagamente a Franco Dani per la fossetta sul mento, le aveva fatto un regalo: un diamantino. Non era il classico gioiello prezioso da mettere al dito come pegno d’amore. Era un piccolo pennuto abituato agli ampi spazi di una grande voliera. Nella piccola gabbietta appariva mogio e sofferente.
Il belloccio era finito all’obitorio con un buco in testa. Il padre della ragazza – la sua ultima preda ancora minorenne – , lo aveva colto in flagrante con le mani sulla cassaforte. L’uomo, che gli aveva sparato andava spesso a caccia di conigli e lepri: quella volta, col suo fucile, aveva colpito una volpe poco scaltra.
Ginetta, nuovamente sola e sconsolata, con la sua cara amica Susetta, avevano deciso di partire, anche loro, come Thelma e Louise, per un lungo viaggio.
L’ultima macchina d’epoca del fu “Arsenio Lupino” – una Porsche bianca 911, appena restaurata – era rimasta nel parcheggio del suo condominio. Il furfante l’aveva acquistata – chissà da chi – per poche centinaia di euro, e l’aveva rigenerata, un po’ per volta. Ci lavorava qualche domenica mattina, nell’ampio piazzale sotto casa di lei, in mancanza di uno spazio privato, tutto suo. Solo post mortem avevano scoperto le sue malefatte. Una vita di espedienti, scorrazzando da una parte all’altra, senza fissa dimora. Uno scaltro street artist del furto. L’ingenua Ginetta aveva realizzato troppo tardi che l’anticipo di tremila euro per l’acquisto dei biglietti di volo per Tokyo, si erano volatilizzati per sempre. Il diamantino, invece, nella sua gabbietta striminzita, non potendo più volare, era morto, forse di crepacuore.
Alla Porsche mancava ancora qualche pezzo: gli specchietti retrovisori, il paraurti posteriore e la gomma di scorta. Lo sfasciacarrozze dove lavorava un cugino era il posto giusto per completare l’opera, con pezzi di fortuna non certo originali, ma adattabili.
Il lungo viaggio poteva cominciare, con un programma e intenzioni ben precise: niente autostoppisti a bordo, né maschi bellocci, né facce da rospo. Solo il vento tra i capelli e il sole in faccia. E un alberghetto modesto in riva al mare, da raggiungere, a velocità moderata e costante, senza precipitare e senza andare a schiantarsi da nessuna parte. In pieno relax, con una valigia nel bagagliaio, piena di vecchi film, da rivedere ancora una volta.
Mentre Susetta guidava senza parlare, attenta e prudente, lei a un tratto aveva rotto quel silenzio. «Sai una cosa?», poi – impostando meglio la voce per imitare Thelma – aveva pronunciato una delle frasi che conoscevano a memoria: “Non mi dispiace affatto che quell’uomo sia morto…”. E distorcendo la battuta del film – aveva aggiunto « Mi dispiace soltanto che sua madre non abbia avuto un aborto.»
Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Umoristico / Grottesco
L’amore immaginato è quanto di più lontano possibile esista dalla realtà: non appartiene a questo mondo. Però, è bello indugiarvi con la mente. Ho apprezzato che alla fine Ginetta abbia scelto l’amica di sempre per condividere il suo viaggio di affrancamento e, spero, ritrovato amore per se stessa.
Ciao Micol, grazie per la tua puntuale attenzione.
Per chi, come Ginetta, dopo tanta amarezza, dovuta ricerca della sua dolce meta`, decide di partire, ” lunga e` la strada, stretta e` la via”. Un viaggio che potrebbe farle scoprire nuove risorse preziose dentro di se`, esplorando il mondo reale con tutte le sue sfaccetature. Un lungo percorso tra curve, salite e discese, forse, con tante nuove emozioni e sensazioni piu` forti di quelle vissute in passato.
Per stare bene, imparando a volersi bene, non e` mai troppo tardi.
Ops! sfaccettature
Povera Ginetta! Leggevo e leggevo, e mentre leggevo pensavo: gliene andrà bene almeno una 🤔. Meno male che il finale le dà una botta di vita! Mi sono molto divertita nella lettura!
Ciao Cristiana, grazie. La felicita` o la spensieratezza e` fatta anche di piccole cose: “il vento tra i capelli” o “il sole in faccia”. E il viaggio verso una meta di sogno, piu` del traguardo. E fantasticare con libri e film, in attesa di qualcosa di importante, come il grande amore, che puo` arrivare, oppure no; puo` durare, oppure no. A volte si trasforma, a volte degenera e finisce male. L’ importante – come dici tu – e` che ci sia anche qualche botta di vita; ognuno con le sue risorse, senza far dipendere il nostro benessere, necessariamente, da qualcun altro.
Molto vero! E io mi ci rispecchio. Ho fantasticato per tutta la vita e lo faccio ancora, con i libri e con i film! Siamo tutti un po’ Ginetta!😉
Un bel finale! Sono particolarmente contento del finale stile Thelma e Louise e non l’ennesimo Principe azzurro che arriva a salvare la situazione. Certo mi dispiace che la protagonista che ha tanto sognato l’amore, almeno per ora, non l’ha consociuto, ma aveva decisamente bisogno di un po’ di grinta! Alla prossima!
Ciao Carlo, grazie. Tutto serve nella vita e nessuno e` indispensabile. Il furfante che fu, anche lui, dopo tutto, e` servito, non solo da lezione, ma soprattutto a dare la spinta necessaria a Ginetta e Susetta, per vivere la vita, in piena liberta`. E poi, chissa`… Col viaggio e la vacanza al mare, se lo spirito e` positivo, tutto puo` accadere.
Davvero carino! Ci sarà una seconda parte ?
Tu dici che ci vorrebbe un seguito? Ci potrei provare. Grazie Nyam per il tuo sguardo attEnto, per il gentile commEnto e per il suggerimEnto.
“flirtava ovunque andasse; persino col medico di guardia, la sua guardia giurata e il guardiano del cimitero”
😂
Un piccolo gioco di parole per alleggerire la storia un po’ penosa di Ginetta.
Mi hai fatto ricordare quando da dilettante leggevo lo spartito di Love story al pianoforte. Erano i primi anni settanta e quel motivo, vista la non eccessiva difficoltà, mi dava grande soddisfazione. Hai sempre tante cose da raccontare nei tuoi librick. Gli arricchisci di particolari che mi ricordano la mia gioventù. Per questo Ginetta potrebbe essere una mia coetanea. Mi raccomando continua così che vai forte. Anche perché andare piano con la Porsche è un’impresa.
Grazie Fabius, sei gentile. Ginetta e Susetta non sono due nomi a caso. Ho cercato, nel mio piccolo, di fare un omaggio a Susan Sarandon e Gina Davis, per il film che ho citato. Un’ opera cinematografica di grande successo, un inno alla liberta` e all’ indipendenza delle donne, a costo della vita, che moltissime della mia generazione e anche piu` giovani, hanno adorato.
Molto interessante questo librick
Ciao Kenji, grazie. Quando scrivi nei tuoi commenti che un racconto ti e` parso interessante, fa sempre piacere. Sarebbe utile anche sapere perche`.