
Gnocchi di pane
Serie: La cucina degli avanzi
- Episodio 1: Preambolo
- Episodio 2: Gnocchi di pane
- Episodio 3: Il ragù di papà (bozzetto)
STAGIONE 1
Sulle prime aveva pensato di prenderla per sĆ©, quella brunetta dagli occhi neri ridenti e dal sorriso serio, poi si era rassegnato al fatto che la morte della moglie era troppo recente perchĆ© i figli potessero accettare una sostituzione. E poi, una ragazza cosƬ sarebbe stata lāideale per il suo maggiore, con quellāindole debole che stava manifestando ogni giorno di più: forse lei sarebbe riuscita a trasmettergli qualcosa del suo carattere, che lui aveva intuito fin dal giorno in cui era andato a chiederla a suo padre.
«Sior paròn», aveva risposto lei, Nina, perché il padre era troppo intimidito dalla presenza di Ernesto, il padrone di quasi tutto, là nel quartiere, «sior paròn, se siete qui per portarmi a lavorare in fabbrica, pardoneme ma a mi non me sta ben».
«Ma quale fabbrica, ostia! Sono venuto a chiederti in moglie per mio figlio, il maggiore, Alfredo». Il paròn non era abituato a essere contraddetto. Nina non reagì, sul momento, e quando riaprì bocca fu con una certa reticenza.
Ā«Maā¦No so, ghe ne dixe tante sul sior Alfredoā¦Ā»
«Se io te lo faccio sposare, nessuno aprirà più bocca.», tagliò corto Ernesto.
E invece non andò così: quel figlio era proprio un debole e quando gli altri maschi ricevettero la loro parte e se ne andarono di casa a fare fortuna, lui non disse niente e mangiò fiele a colazione, pranzo e cena. Aveva curvato la schiena e trascorreva i suoi giorni a far nulla, seduto al tavolo che gli era stato assegnato, sempre sotto gli occhi del padre che sempre più a fatica gli rivolgeva la parola.
La notte, era unāaltra cosa. Si vestiva elegante, tutto azzimato, con il papillon e un fazzoletto profumato che spuntava dal taschino: qualcuna gli aveva sussurrato che assomigliava a Fred Astaire. Si ringalluzziva, frequentava gente che portava il fez e si vestiva di nero.
Intanto Nina, in casa, regnava.
Ernesto le aveva affidato la cucina e lāamministrazione, e ogni giorno che passava si congratulava con se stesso per quella scelta. Le altre donne non brontolavano: lei era la moglie dellāerede e poi aveva saputo farsi benvolere da tutti.
Quella mattina il paròn era sceso presto, come al solito, perchĆ© gli piaceva gustarsi la prima colazione in cucina, guardando Nina e la sua aiutante, la Amelia, che preparavano svelte le colazioni, il pranzo, la merenda e la cena. Tutto al mattino, si faceva, al pomeriggio cāerano i figli da seguire, che non sāabituassero male.
Nina era impegnata con due larghe ciotole, una quasi colma di pane raffermo sbriciolato, lāaltra di ossi con qualche pezzo di carne. Ernesto apostrofò la nuora, e si capiva che stava ridendo:Ā«Questi sono i nostri pasti, immaginoĀ».
Ā«Quasi!Ā», rispose allegra la nuora,Ā«il pane vecchio ĆØ per noi, la carne fresca per il cane. Dato che Rolf non mangia pane, questa notte ho pensato a una ricetta per utilizzarloĀ». Ernesto diede unāocchiata allāorologio: Ā«SarĆ meglio andare, Rolf si spazientisceĀ».
Lāomone e la donnina con la ciotola tra le mani attraversarono il giardino, entrarono nel vasto orto e costeggiando prode e solchi arrivarono allāampio recinto in cui viveva Rolf, il dobermann da guardia che veniva liberato solo la notte e che nessuno poteva avvicinare tranne il paròn. Li attendeva impaziente, spiccando grandi salti contro la rete e abbaiando a più-non-posso. Metteva in mostra una dentatura perfetta, micidiale.
Ernesto si fece passare da Nina la ciotola, come al solito, e si accingeva già ad aprire la porta quando si bloccò e si volse verso la nuora che si era messa in disparte, con le mani sotto il grembiule come le contadine.
«Te la sentiresti di entrare, tu?», la sfidò, serio a metà .
«Fatemi provare, no?» rispose Nina, seria, riprendendosi la ciotola.
Ā«Attenta a non farlo uscire!Ā», raccomandò lāuomo che era giĆ pentito di quella sfida, sapendo bene che ci voleva tutta la sua forza per chiudere il cancello se Rolf si intestardiva a voler uscire.
Ā«Lasciatemi fare a modo mio, adesso me lo doveteĀ». Lāomone e la donnina si guardarono negli occhi.
«Vado».
Prima di aprire il cancello prese in mano un pezzo di carne e lo gettò oltre la rete, in fondo al recinto, poi entrò: velocissima, perchĆ© mingherlina comāera non le serviva spalancare il cancello. Il tempo di tirare il catenaccio e girarsi e Rolf era giĆ ritornato e le aveva appoggiato una zampa su una spalla. Sorridevano, il cane e la donnina, soddisfatti entrambi di avere capito subito come stavano le cose: chi porta la ciotola del cibo comanda, che sia Ernesto o che sia Nina.
Tutti ebbero un premio: Rolf scoprì la dolcezza di essere abbracciato e baciato, a pancia piena, da una piccola signora che sapeva di buono; Nina sperimentò la soddisfazione di vedere ammirazione e rispetto negli occhi del paròn grosso. Il paròn scoprì la parona.
Tornati in cucina, trovarono lāAmelia tutta agitata perchĆ© erano venuti in tanti a cercare Ernesto, lo volevano in fabbrica.
Ā«Calma, calma, tutto può aspettare. Io oggi prendo ordini dalla parona.Ā», disse lui, e si voltò a guardare la Nina:Ā«CāĆØ qualcosa che posso fare per te?Ā»
Lei ci pensò su, seria seria:«Potrebbe aiutarmi con questi gnocchi, chissà che in due riusciamo a farli diventare mangiabili».
«Bene, bene. Deme na traversa, un pezzo di carta e una matita.» E così il paròn si annodò in vita la traversa, che noi chiamiamo grembiule, e prima di cominciare chiese a Nina di dettargli gli ingredienti.
Ā«Gli ingredienti precisi non li ho, lāho solo pensata āsta cosa. Va ben, provemo. Prima di tutto ci vuole latte, poco, quel tanto da ammorbidire, che il pane el diventa na pasta ma no āna crema.Poi uova che tengano insieme la pasta quando si butta in acqua. Quando faccio gnocchi di patate uso due uova intere e due tuorli per 600 grammi, si potrebbe fare lo stesso. E pó un fiĆ de odori, mi provaria con rosmarino tritato fino fino e aglio pestato. Quando la pasta ĆØ pronta, bella morbida, si fa una specie di salamino lungo lungo e poi si taglia a pezzetti che si passano sulla farina e si buttano nellāacqua che bolle.Ā»
«E poi?»
«E poi niente, sior Ernesto, comincia a menare la pasta».

Serie: La cucina degli avanzi
- Episodio 1: Preambolo
- Episodio 2: Gnocchi di pane
- Episodio 3: Il ragù di papà (bozzetto)
Ma che bella storia! Mi ha riportato a certe ambientazioni di Andrea Vitali (anche se la tua si colloca più a oriente); sono bellissimi i personaggi, dosi la giusta mescolanza dell’idioma loacale che li caratterizza senza mai ostacolare la comprensione di chi legge. E infine, la ricetta, che ĆØ solo un pretesto per dipingere una cartolina di un’Italia di altri tempi, stuzzica con la sua semplicitĆ e invoglia a cimentarsi coi fornelli, grazie per la piacevole lettura.
Grazie mille, mi fai desiderare di riprendere questi racconti. Sono molto onorata per il richiamo ad Andrea Vitali
Bellissimo. Una storia quasi toccante, narrata perfettamente. Le frasi in dialetto veneto donano autenticitĆ Ć al personaggio di Ernesto.
Grazie Nicola, anche per avermi fatto capire che le frasi in dialetto non stonano.
Assolutamente no; qualche volta le ho usate anche io. Forse ĆØ meglio non esagerare (mio modestissimo parere), ma non mi sembra che tu lo abbia fatto, anzi trovo un ottimo equilibrio.
E rigrazie
Che bella quella donnina piccina che sparisce fra l’imponenza del padrone e del cane, ma che sotto sotto ha qualcosa di grande cosƬ ĆØ che non si può dire š quel suo marito deboluccio, invece, non mi piace per niente e nemmeno mi piacciono i suoi amici mollicci come lui, ma che misero a ferro e a fuoco l’Italia. Molto bella l’atmosfera contadina che hai saputo creare e mi pareva di vederla quella cucina in cui, davvero, e fin dal mattino presto, si preparavano tutti i pasti della giornata. Sono curiosa di sapere se si tratta di racconti auto conclusivi oppure di una serie completa. In ogni caso, andrebbe bene perchĆ© hai avuto un’idea davvero originale.
Grazie Cristiana. A proposito di imparare a scrivere, io dovrei prenderti a esempio per correggere il mio difetto di essere molto sintetica quando do i miei giudizi. I racconti saranno auto conclusivi, si, ho voglia di inventare variando.
Io non trovo mai che tu dia giudizi. PerchƩ? Al contrario, le tue storie sono sempre cosƬ universali da abbracciare tutti.
Tralasciando la fame che mi hai fatto venire alle dieci di sera⦠ho trovato molto bello come Nina ha sfidato sia Rolf che il paron, dimostrando come con le dovute maniere si può ottenere un buon risultato, anche quando si parte prevenuti.
La mia personale chiave di lettura ĆØ stata questa. šø
Ho avuto la sensazione che Nina abbia sfidato, e addomesticato, molto più di un “temibile” dobermann. Bravissima Francesca, mi era davvero mancata la tua scrittura.
Eh, già ! Tu vedi attraverso e hai ragione: una famiglia, un paròn e più tardi sfiderà anche i partigiani che volevano portarsi via il suo marito fascista.
Fermo restando che i canederli li voglio rimangiare, che sono tanti anni che non li assaggio, e fermo restando che foglio anche provare a farli io prima o poi, personalmente sono rimasto colpito dall’atmosfera e dal racconto che fa finta di restare sullo sfondo, ma che in realtĆ ĆØ il racconto principale. PerchĆ© quella gente col fez io l’ho capito chi ĆØ, e la debolezza di Alfredo si accompagna bene a quelle frequentazioni, che dei deboli facevano accoliti. Accoliti pronti a menare, nel branco.
Brava, Francesca, tanto.
Ma grazie Giancarlo, adesso sono proprio convinta di qualcosa che avevo solo sospettato: tu sei dotato di una speciale trivella per racconti, di quelle che ti fanno arrivare al nucleo. Rigrazie!
Dunque, dato il preambolo, gli gnocchi di pane si fanno cosi’? Il paron ha preso due piccioni con una fava, mi sembra š
Si, si! Si è sentito un poco più rilassato
Buongiorno Francesca, non so dirti quanto mi sia piaciuto questo primo episodio della serie, per l’atmosfera carica di vita vera, forse d’altri tempi, che si respira; per i due personaggi più forti nel carattere ma anche per il più debole che mangia fiele, a colazione, pranzo e cena: sembra di vederli, veri, in carne e ossa.
Per la scena emozionante dell’ incontro d Nina col dobermann che gli posa la zampa sulla spalla. Insomma mi sono tuffata nel principio di questa storia come in un bagno caldo alle terme. Una storia coinvolgente, che promette bene. E non c’ Ć© motivo di meravigliarsi, avendo giĆ conosciuto quale sia il tuo livello nell’arte della scrittura.
Grazie mille Luisa, i tuoi commenti sono sempre costruttivi e scaldano il cuore.