Grazie, buonanotte

Freddie si osserva nello specchio del camerino, stringendo le mani sulle ginocchia per fermarne il tremore. Il riflesso gli restituisce un volto che fatica a riconoscere. La mascella è più spigolosa, le guance scavate, gli occhi incorniciati da ombre troppo profonde per essere coperte dal trucco leggero. Per tutta la vita ha giocato con le maschere, ha nascosto il vero Freddie dietro il sipario del palcoscenico, ma ora la maschera sta cedendo, e lui lo sa.

Anche gli altri lo sanno. Brian, Roger, John. Lo vedono, ma non dicono nulla. Nessuno osa pronunciare le parole che aleggiano nell’aria già da troppo tempo. Non c’è bisogno di parlarne. C’è solo il silenzio pesante di chi capisce che certe verità non hanno bisogno di essere dette.

Si passa una mano sulla giacca, lisciandone il tessuto con gesti lenti, quasi ipnotici. I movimenti che un tempo erano energici, teatrali, ora sono misurati, attenti. Anche il corpo, un tempo strumento perfetto per il palco, sta diventando un peso da trascinare.

Un colpo alla porta. Brian entra con passo incerto. Ha la chitarra a tracolla, ma non sembra il chitarrista sicuro che il mondo conosce. Sembra solo un amico preoccupato. “È ora.”

Freddie annuisce, trattenendo un respiro. Si alza con quella dignità ostinata che ha sempre avuto. Gli anni sul palco gli hanno insegnato che non importa cosa accada dentro, fuori devi sempre essere perfetto. Deve esserlo anche stasera.

Attraversa il backstage con passi lenti ma sicuri. Ogni fibra del suo essere vorrebbe tornare indietro, chiudere la porta e restare nell’ombra, ma non può. Non lui. The Show Must Go On.

Sul palco, le luci lo avvolgono come una coltre di fuoco. Il pubblico esplode in un boato di applausi, ma dentro Freddie è freddo. Un tempo questa era la sua linfa vitale, il battito stesso del suo cuore. Ora è solo un rumore distante, un’eco ovattata.

Brian prende la parola. Parla dei Queen, della loro musica, del viaggio che hanno condiviso. Freddie sta in piedi accanto a lui, immobile. Non si muove, non sorride come faceva sempre. Ascolta, ma le parole gli scorrono addosso. Quando il microfono gli viene passato, esita.

Il pubblico aspetta. Aspettano la sua voce, la battuta pungente, la teatralità esagerata che ha sempre saputo offrire. Aspettano Freddie Mercury.

Ma Freddie non è più Freddie.

Si schiarisce la gola, ma il suono è debole, distante persino a se stesso. Solleva il microfono, guarda la folla. Quante di quelle persone sospettano? Quante vedono oltre la facciata?

Due parole. Solo due.

“Grazie, buonanotte.”

Le pronuncia piano, quasi un sussurro. Poi abbassa il microfono. Il momento è finito.

Brian gli posa una mano sulla spalla. Non dice nulla, ma Freddie avverte il calore di quel tocco, l’affetto, il dolore che traspare dietro gli occhi gentili del suo amico.

Si volta e lascia il palco.

Gli applausi rimbombano alle sue spalle, ma Freddie non si volta. Non c’è più nulla da dire, nulla da aggiungere. Il sipario è calato, e stavolta non si rialzerà.

Avete messo Mi Piace7 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Amo Freddie Mercury da quando ho l’età della ragione. L’ho amato ancora di più quando ho saputo che la sua famiglia era di origine persiana. Leggere questo tuo racconto è stata una forte emozione per la quale ti devo ringraziare.

  2. Il racconto ispirato all’ultima apparizione pubblica di Freddie Mercury è ben riuscito. Rende molto l’idea, l’affetto dei suoi amici della band. Complimenti Rocco!! 👏👏

  3. Credo che il racconto sia basato sull’ultima apparizione pubblica di Freddy Mercury, in tv durante per una premiazione. Personaggio storico per la musica e non solo, a prescindere dal valore della musica e dei gusti personali. Un gigante.