
Aqua gelida corpus ligat
Serie: gutta cavat lapidem
- Episodio 1: L’ora del lupo
- Episodio 2: Aqua gelida corpus ligat
- Episodio 3: Se lei è tornata
- Episodio 4: Via cimitero segue numerazione
STAGIONE 1
«Scusa, sono tornato prima, non ne potevo più.» Cardo baciò Marghe distrattamente sulla guancia umida.
«Sei arrivato in tempo per preparare il caffè mentre mi vesto.» Marghe camminò fino alla camera, lasciò l’asciugamano sul letto e nuda si mise a scegliere dal cassettone un maglione largo giallo e verde. Sentiva Cardo trafficare in cucina, aveva aperto l’acqua e stava lavando la moka. Strano non si fosse limitato ad avviare la macchina per l’americano già pronta. Marghe prese da un altro cassetto mutandine e reggiseno, senza farci troppo caso, e infilò il maglione sopra. Cardo mise la macchinetta sul fornello e accese il gas che divampò in una fiammata blu. Sfilò una Benson ad Hedges dalla tasca della camicia, se la mise fra le labbra e chinatosi sulla fiamma la accese lasciando salire una lunga voluta di fumo.
«Ma ti pare?» disse Marghe di botto. «Da quando si fuma in casa mia? Esci fuori!» Marghe, sorridendo, aprì l’anta della porta finestra che dava su un minuscolo terrazzino fra i tetti.
«Hai ragione, scusami.»
«Non ti sei nemmeno levato gli anfibi, ma che hai stamattina?»
Cardo balbettò qualche parola. «Sono stanco, nottataccia.» Sfilò gli anfibi e per farlo mise la sigaretta fra i denti lasciando cadere della cenere sul pavimento. Poi sganciò il cinturone con la pistola e la torcia appoggiandola su una sedia e si allentò un paio di bottoni della pesante camicia di flanella della divisa da guardia notturna. Guardò di nuovo Marghe. «Scusami.»
La moka gorgogliava, Marghe per istinto accarezzò il bezoar attraverso la trama fitta del maglione. «Inizia a fare freddo, all’imbocco del bosco c’era già un leggero strato di brina.»
«Uhm, uhm.» Cardo fumava piano guardando i tetti. «Tutto normale per il resto?»
«Direi di sì, e tu? La tua nottataccia?»
Cardo gettò via la sigaretta fumata a metà. «Le solite cose, sai, i soliti falsi allarmi che ti fanno correre per niente.»
«E dove sta la novità?» Marghe poggiò la testa contro la sua schiena, stringendolo alla vita. Cardo le carezzò la mani.
«Senti che dita fredde! Dai andiamo dentro» disse Marghe staccandosi da lui.
Entrarono e Cardo la prese per un polso tirandola a sé. Si guardarono qualche secondo negli occhi poi Marghe si alzò in punta di piedi e lo baciò.
Era già capitato, ma sempre in modo confuso; si conoscevano da troppi anni perché quello che sentivano fosse banalmente amore; la gente ne abusava, parlava di amore a vanvera, spendeva un ti amo così come si spende un ciao come va, svuotandolo di ogni valore. Era già capitato, certo, avevano fatto l’amore altre volte solo per sentirsi vivi, legati. Se cado io cadi anche tu, o meglio, non posso cadere altrimenti trascinerei dietro anche te.
Cardo le sfilò il maglione, Marghe ebbe un brivido; lui le accarezzò il collo e scese con le dita fino a sfiorare il bezoar, lo afferrò per la cordicella ma lei lo fermò; lo baciò di nuovo e prese a sbottonare la camicia, Cardo se la sfilò con un gesto rapido. Marghe gli saltò in braccio e lui la appoggiò sul divano; sedeva sopra di lei a petto nudo, Marghe gli solleticava le braccia, sfregò un dito sul polso destro e risalì verso il gomito stuzzicandolo. Trasalì.
Cardo si accorse che Marghe si era irrigidita di colpo: sfregava di continuo il dito in una zona precisa del braccio, poco sotto il gomito, dove l’osso si era spezzato ed era stato sistemato trent’anni prima quando Cardo si era tuffato nella pozza di Cassandra ma aveva calcolato male la profondità finendo a sbattere sulle rocce. Da allora, poco sotto il gomito, aveva una piccola gobbetta segno della frattura ricomposta. Il braccio che stava accarezzando era liscio e senza irregolarità: quello non era Cardo.
«Che cosa vuoi?»
«Mi dispiace» disse lui con pochissima fantasia.
Marghe gli tirò un pugno in faccia colpendo dal basso verso l’alto lo zigomo e il setto nasale; sentì distintamente il rumore dell’osso che si rompeva ed ebbe l’impressione di provare in bocca il sapore del sangue che invece sul suo viso non stava scorrendo. Le lacrime le annebbiarono la vista quando Cardo riabbassò il volto e lo sguardo sopra di lei: le mise le mani in faccia e Marghe tentò di colpirlo di nuovo, sguaiatamente, in maniera disperata, senza riuscire a sbattere le nocche sul suo viso ma solo la parte molle del pugno. Era tutto inutile: Marghe cadde dal divano, la moka gorgogliava furiosamente e il caffè bollente iniziò a spandersi dappertutto. Cardo le saltò con le ginocchia sullo stomaco, Marghe fece in tempo a rannicchiarsi così che lui le rimbalzasse addosso rotolando sopra un tappeto. Parevano due selvaggi, poco più che animali, guidati solo dall’istinto: grugniti e gemiti. Si alzarono in piedi, lei gli mollò due calci, aveva i capelli davanti alla faccia; al terzo calcio, Cardo le afferrò una gamba, Marghe perse l’equilibrio e ricadde sul pavimento. Cardo le fu sopra di nuovo, in un attimo, sentiva Marghe dimenarsi respirando affannosamente; un’animale preda della catena che lo lega alla vita. Gemeva e stringeva i denti mentre Cardo le chiudeva i polsi tenendoli insieme con una mano. Svelto infilò l’altra nella tasca dei pantaloni e ne trasse un pugnale. Fu un attimo, un battito di ciglia, ma per Marghe durò come quei trent’anni. Riuscì a divincolarsi dalla presa mentre Cardo abbassava la lama verso di lei; Marghe la afferrò con la mano sinistra e la strinse facendola affondare nella carne; il sangue caldo le scorreva fra le dita, i suoi occhi nocciola si velarono di nero, raccolse il suo miglior respiro e pronunciò attenta e chiara affinchè ogni parola andasse al posto giusto: Aqua Gelida, Corpus Ligat!
Cardo di colpo si immobilizzò, Marghe lo spinse a terra a rimase un attimo a piangere e ansimare. Poi si alzò nel disordine surreale avvolto dall’odore di bruciato della moka ancora sul fuoco. Cardo poteva dimenare solo gli occhi e la sua voce fuoriosa suonava flebile da dentro di lui come provenisse da un sotterraneo. Era intrappolato nelle membra senza possibilità di liberarsi. Marghe corse a sfilare la Glock dal cinturone, spinse indietro l’otturatore per mettere il colpo in canna e senza esitare gli sparò un colpo in mezzo agli occhi. Di nuovo non uscì sangue, solo la pelle a partire dall’attaccatura dei capelli iniziò a imbrunirsi fino a diventare nera.
Deng Deng.
Di nuovo lo scampanellio, proprio mentre dalla chiesa di San Matteo battevano lo otto del mattino. Marghe aprì di la porta, il sangue dalla mano le colava addosso e sul pavimento lasciando una striscia continua. Cardo, fermo sul pianerottolo, la vide e capì subito. Si irrigidì e lasciò cadere il sacchetto del panificio con le focacce ancora calde.
«Sono stata una stupida, avrei dovuto capirlo.»
Cardo la strinse forte e affondò le labbra nei suoi capelli nerissimi.
«Diamoci da fare» disse.
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- Episodio 3: Se lei è tornata
- Episodio 4: Via cimitero segue numerazione
Ho avuto un brivido. Bravissima.
Ma che bello Caterina! In questo genere di storie cadere nella trappola dei luoghi comuni e del trito e ritrito è un attimo, ma tu ti districhi fra i mille trabocchetti di questo tipo di impresa come fossi Indiana Jones. Complimenti davvero, racconto interessantissimo, ben scritto, asciutto, scattante come una molla e ottimamente oliato.
Un bel colpo di scena e un ritmo incalzante. Complimenti, per l’episodio, non vedo l’ora di leggere il seguito.
immaginavo che prima o poi un mistero si facesse strada. Un dettaglio, una piccola irregolarità che dovrebbe esserci ma non c’è. Basta poco a sconvolgere la supposta coerenza della realtà. Bello.