I burattini
Stefano ragionier Luppi aveva la testa che gli fumava. Troppi numeri, troppi calcoli su fogli di Excel, troppa concentrazione sullo stipendio dell’impiegato, dell’insegnante, dell’agente di polizia… comunque, dipendenti pubblici.
«Ho voglia di un caffé» disse a voce alta, tanto nessuno lo poteva ascoltare, la strada di notte era vuota. Ed è meglio un caffè che un bicchierino di grappa, si aggiunse fra sé e sé, sentendosi un po’ in colpa.
Di fronte a lui c’era giusto un bar, mai visto prima. Non sono mai stato qui. Era venuto il momento di scoprire nuovi luoghi.
Entrò.
Un attimo dopo, rimase meravigliato da quel che aveva davanti a sé, non ci poteva credere, e lo sgomento sostituì la meraviglia, poi si sentì sconvolgere l’animo a causa di quel che stava vedendo con i suoi occhi.
Quasi gli occhiali gli erano caduti dalla faccia.
Non è possibile, sono… burattini.
L’intera clientela e il personale del bar, tutti che popolavano il bancone, i tavolini e, comunque, il pavimento posto fra l’arredo, erano burattini le cui corde si perdevano nel soffitto buio, più buio della notte là fuori.
Stefano represse lo sconcerto, si stropicciò gli occhi, stabilì fosse più saggio andarsene. Se soffro di allucinazioni… Fece per andare, ma qualcuno lo precedette.
Stefano stava per dire che in quel luogo si stava tenendo una follia ed era meglio che tutti filassero, quando vide delle uniformi.
Magari i carabinieri mi saranno d’aiuto. Perché quel che sto vedendo… non può esistere.
Restò ancora più sconcertato vedendo che i nuovi venuti – ed erano sì carabinieri – erano a loro volta burattini.
Burattini, burattini ovunque.
Stefano represse un gemito, pensò fosse più lungimirante abbandonare il locale, tutto gli faceva capire che si trattava di una pazzia. Se non che sono pazzo! Sto impazzendo?
Stava uscendo, ma i burattini in uniforme di carabiniere lo bloccarono:
«Dove pensi di andare, tu?» sbatté la bocca uno.
«Devi essere sottoposto alla procedura» aggiunse l’altro.
«Cosa!» balbettò Stefano, e vide arrivare un barista, in uniforme e con bustina, che recava delle cordicelle le quali pendevano dal soffitto buio:
«Presto diventerai come noi. Un vero burattino».
«No» protestò Stefano. Ma il suo volere non interessò a nessuno.
Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Umoristico / Grottesco
Atmosfera surreale riuscita, con un bel crescendo dal quotidiano all’incubo. L’idea dei burattini è potente e visiva, e il tono da allucinazione kafkiana/lynchiana funziona bene. Il passaggio dal comico all’angoscioso è rapido ma efficace. Il finale è secco e inquietante e il racconto possiede un buon ritmo.
Grazie mille, Cristiana!
La tematica del burattino è interessante, e sempre molto attuale; da un bel pezzo. Questo racconto denota un malessere non superficiale nei confronti di una società livellante e indifferente. Il pensiero mi è corso subito a Essi vivono del maestro Carpenter.
Film a cui ho pensato qualche giorno fa. Grazie per essere passato!
Sembra quasi la favola di Pinocchio al contrario. Nella storia di Collodi, Pinocchio è un burattino con l’animo di un bambino, discolo ma libero, diventerà poi un bambino in carne e ossa, perbene ma manovrato come un burattino. La tua metafora, invece (se ho capito bene), è più diretta: quella di una società mossa dai fili delle convenzioni. Bravo. Kenji.
Grazie per il commento e per il complimento; soprattutto per essere passata!
Interessante, breve, chiaro e conciso: mi è piaciuto! Ma ciò che mi è piaciuto ancora di più sono i tag che (non) hai inserito 😂
Eh, sì, il racconto l’ho scritto tempo fa e non avevo voglia di rileggerlo. Grazie per essere passata!
Mi sono venute in mente due cose: “The Wall” (Pink Floyd) e “Burattino senza fili” (Edorado Bennato). E a pensarci bene anche “Io sono leggenda” (Richard Matheson). Un mondo dove il diverso è quello da colpire. Ma siamo davvero lontani dal nostro tempo?
Bravo!
La canzone dei Pink Floyd l’ho sentita nominare, ma non l’ho mai ascoltata. Quella di Bennato no, mai sentita nominare, nemmeno. Il libro di Matheson sì, certo che lo conosco, ma non l’ho letto e mi sono limitato a vedere il film con Will Smith. Per il resto, grazie del commento, del complimento e… sì, il diverso è quello da colpire, ma non solo nel nostro presente, anche nel passato
Pink fFloyd The Wall (intero album) e Burattino senza fili di Bennato… Ascoltali oppure ti tolgo il saluto! 😄
Scherzi a parte, c’è molto del tuo racconto.
Ciao!
Toglimi il saluto perché io ascolto la musica tunz-tunz-tunz-sparaparatunz-tunz-tunz
Il racconto è vivace e intrigante, con un’atmosfera surreale che funziona bene. Forse il nome “Stefano” ricorre un po’ troppo spesso: variarlo ogni tanto renderebbe la lettura più scorrevole e naturale, senza togliere nulla alla forza della storia.
Grazie per il commento e per il suggerimento! Il bello è che il nome e cognome sono ispirati a un mio amico (ma non glielo dire 🙂 shhh)!
Interessante. Mi domando se possa essere un’ oscura profezia o una triste metafora di ció che in parte sta già accadendo a noi che ci illudiamo di essere persone libere. In tutti i casi un racconto breve ma particolare, e diverso dai soliti temi storici o dalle fantasiose battaglie dei tuoi testi.
Grazie mille! L’ho scritto in primavera, non ricordo molto bene tranne che è ispirato a un racconto di Dylan Dog
Quasi in una condizione da Pinocchio al contrario, il povero ragioniere, forse l’unico ancora “libero”, finisce per soggiacere egli stesso. Uno spunto interessante che suggerisce un rimando a come sia quasi impossibile restare fuori dalla nuova condizione dell’era digitale… Letto con piacere, ciao
Ciao e grazie per il tuo commento articolato!
Mi ricorda la canzone “Manichini” di Renato Zero.
Tema comunque sempre interessante
Grazie per il tuo commento!