I moschettieri dei Trent’anni

Il fumo si era dissolto, spazzato via dal vento, e Gilberto avrebbe voluto che il vento portasse via tutto, anche qualsiasi cosa ci fosse sul campo di battaglia.

Speranza vana.

I reggimenti nemici erano stanchi di ogni cosa. Dopo essere stati crivellati dai colpi di moschetto e dalle picche, si erano sciolti e tutti fuggivano, così per i moschettieri italiani era stata una bagatella falcidiarli alle spalle. Poi, li avevano inseguiti e a colpi di fioretto e sciabola li avevano massacrati.

Adesso, il campo era una distesa di carne straziata e i corvi stavano già banchettando.

«Gilberto, mio buon amico, come viene?» gli si avvicinò un commilitone.

«Viene bene, o amico mio. Direi che possiamo iniziare col sacco».

«Sì, si potrebbe». Gli occhi erano brillanti di cupidigia. «Vediamo cosa dice il duce».

Il duce era un maschio che si era fatto tutte le battaglie dalla Montagna Bianca fino a lì. Col cavallo, stritolava feriti e morti senza scrupoli e attendeva ordini dal comandante in capo.

Aspettarono tutti.

Arrivò una staffetta che diede i suoi omaggi al duce, poi consegnò un dispaccio.

Il duce sorrise e annuì. «Dobbiamo inseguire i nemici».

«Ma duce, il sacco?» si lamentarono moschettieri e picchieri. C’era chi era venuto da Milano, chi da Firenze, e non era che avevano compiuto quel viaggio fino alla Turingia per combattere soltanto: volevano anche arricchirsi.

Il duce storse la bocca con cattiveria. «Mi avete sentito bene! Questi sono gli ordini e se osate contraddirmi vi faccio decimare, vi faccio, e allora saranno problemi vostri».

La staffetta sogghignava come un piccolo diavolo.

Il duce gli si rivolse. «Ordini ricevuti. Facciamo subito».

Allora la staffetta corse via e il reggimento si riunì: picchieri e moschettieri marciarono all’inseguimento del nemico, più dei luridi protestanti, dei pendagli da forca.

Gilberto reggeva il moschetto in spalla, la spada era nel fodero e gocciolava sangue fin dall’elsa. Si chiese per quanto ancora avrebbe dovuto sopportare la fatica della guerra. Forse altri trent’anni? Impensabile, anche se già da decenni si combatteva nelle Province Unite. Schiacciò un cranio e riprese a marciare; avrebbe fatto il sacco dopo.

Ora: combattere.

Lo doveva accettare e gli piaceva.

Urlò di gioia con il resto del reggimento.

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