Il bacio

Il ricordo che vorrei condividere, non è esattamente quel che Cyrano definiva un apostrofo rosa tra le parole t’amo. E ha ben poco da spartire con Il Bacio di Klimt, in mostra presso la Galerie Belvedere di Vienna. Un capolavoro troppo dorato e troppo prezioso per essere paragonato alla piccola storia che vorrei raccontare.

Non c’è alcun nesso neppure con Il Bacio di Picasso, esposto al Museo Nazionale di Parigi. Niente di simile, né dal punto di vista simbolico, né estetico, né di valore.

Tanto meno intendo fare riferimento all’opera di Francesco Hayez, che si trova alla Pinacoteca Brera di Milano. Il Bacio forse più famoso della storia dell’arte; più famoso persino dell’artista che lo ha dipinto. Un pittore che, a quanto pare, era un po’ fissato. Ne ha dipinto in tante versioni, ispirate soprattutto dalla sua amante Carolina. La maggior parte delle sue opere, simili o totalmente diverse dal suo quadro più celebre, sono introvabili.

Ma vorrei tornare alla mia piccola storia, per raccontare qualcosa sullo stesso argomento. Non sul tema generico di un bacio qualsiasi, tra milioni di baci di ogni tipo. Ma di un bacio particolare, unico nel suo genere e indimenticabile: il primo vero bacio della mia vita.

Avevo… boh, quindici anni, forse. A una festa tra amici, in casa di uno che si chiamava e si chiama ancora, Vittorio. Ballavamo con la musica dei 45 giri e dei long playing in vinile, che giravano senza sosta sul piatto del giradischi, in una calda atmosfera artificiale di luci soffuse.

Fra i tanti, soliti ragazzi che ben conoscevo, c’era qualcuno che avevo incontrato sul treno, lungo il tragitto per andare a scuola, due o tre volte al massimo.

Era carino, aveva la carnagione chiara, gli occhi chiari e un nome che gli si leggeva in faccia: Candido.

Ci ritrovammo vicini, a dimenarci, al ritmo di Can’t Get Enought Of Your Love di Barry White, quando iniziò la sfilza dei lenti. E lui, proprio lui, aveva chiesto a me: si, proprio a me, di ballare.

Avevo chiuso gli occhi e mi ero lasciata andare, avvolta e cullata in un movimento ondulatorio piacevole e soporifero. Mi teneva stretta a sé, facendomi sentire protetta, tra le sue braccia, più lunghe che possenti.

Quando mi baciò sulla bocca ero completamente stordita, come se avessi bevuto mezza bottiglia di whisky, pur essendo astemia.

Poi i lenti erano finiti, l’incantesimo di quel momento magico, era stato interrotto da un’altra serie di canzoni e musica con un ritmo più veloce. Ricordo bene solo Crocodile Rock, di Elton John, che mi aveva risvegliato dal torpore.

Prima di andare via Candido mi aveva chiesto di rivederci il giorno dopo (di lunedì), davanti all’ingresso della stazione ferroviaria.

Ero tanto emozionata: il primo appuntamento della mia vita con un ragazzo: wow!

Prima di andare al mio primo incontro romantico, avevo cambiato e ricambiato pantaloni e gonne e magliette fino alla sfinimento. Avevo sottratto alcuni indumenti anche dallo scomparto di mia sorella Marcella, (più piccola di un anno, ma molto irascibile); correndo il rischio di perdere qualche ciocca di capelli della mia folta chioma. Avevo finito per lanciare tutto alla rinfusa dentro l’armadio, con la paura di arrivare tardi all’appuntamento. Ero arrivata di corsa, trafelata, con largo anticipo. L’orario dell’incontro era per le 17. Alle 17 e 45, di quel bel ragazzo Candido, neanche il rumore lontano dei passi, cadenzati dai suoi camperos col tacco.

Per prima cosa pensai che avessi inteso male il luogo dell’incontro. Alla festa c’era chiasso e lui aveva parlato sottovoce. Andai a controllare nei sottopassaggi che conducevano ai binari. Dopo di che pensai che avesse perso il treno per arrivare dal suo paese, poco distante, fino al mio. Era passata più di un’ora, quando vidi un ragazzino con i pantaloni corti  che si avvicinò chiedendomi se fossi io “quella lì” che aveva appuntamento con suo fratello. L’aveva mandato lui a dirmi che non potevamo vederci perché stava male.

Andare in bianco al primo appuntamento, con uno così… Candido, era proprio il colmo. In quel momento, però, non ero in vena di ironizzare. Ero soprattutto preoccupata. In effetti, durante la festa, lui sembrava un po’ pallido, sotto il riflesso delle luci. Tornai a casa, pensando al giorno che ci saremo rivisti sul treno, per andare o per tornare da scuola. Lui frequentava l’Istituto Nautico, con la chiara intenzione di imbarcarsi. Io, con tante idee molto confuse per la testa, frequentavo il liceo scientifico.

Dopo pochi giorni lo incontrai di nuovo, in città, al bar della stazione. Era sfuggente, mi disse che doveva correre perché avevano già annunciato la partenza. Era sgusciato via come una murena, mollandomi in asso, con un gesto di saluto gelido e un super vago ci vediamo. Dove e quando difficile da intuire. Ero profondamente delusa. Il giorno del mancato incontro era stato un boccone amaro che ero riuscita a digerire, bene o male, a forza di ripetermi, come un sorso dopo l’altro di Alka Selzer, poverino sta male. Al bar, però, sembrava un fuggitivo con la refurtiva che fuoriusciva dalle tasche.

Dopo aver messo le ali al classico sogno del Principe Azzurro, che nel mio caso tendeva più verso il bianco… Candido, cominciai a planare verso il basso. Ma lo schianto vero e proprio del muso in terra, ci fu dopo una decina di giorni, all’uscita di scuola. Stavo passando sotto i portici di Via del Porto, per andare a La Cantina, a prendere il solito panino con wurstel, cipolla, peperoni e maionese. Una bomba calorica di comfort food – come si direbbe ora – che contribuiva a rendermi stabile, tutta ciccia e brufoli.

A un tratto vidi una coppia di ragazzi seduti al tavolino di una gelateria. Lei imboccava lui e lui imboccava lei, teneramente. I due piccioncini si stavano nutrendo, amorevolmente, con una coppa gelato enorme che stava al centro del tavolino. Un quadretto romantico che non aveva bisogno di alcuna didascalia per essere più chiaro.

Non avevo mai visto quella ragazza; sapevo bene, però, chi era lui e quanto baciasse bene.  Frenai le lacrime e mi precipitai alla paninoteca, per consolarmi col solito panino e un cartoccio di patatine fritte con tanta maionese.

Sono passati alcuni decenni, da allora, senza mai incontrarci.

Studi finiti, posto fisso, famiglia, viaggi, cinema e TV. Lui, invece… chissà se aveva finito per imbarcarsi davvero su qualche nave mercantile e “A ogni porto un’altra ragazza ben gentile”, come diceva mia nonna.

Poche settimane fa, in istituto, ho dato un’occhiata alla lista delle prenotazioni per i prelievi ematici del giorno. Io e Olga, la mia collega, in due ore avevamo una quarantina di utenti in attesa di un campionamento del loro sangue, da consegnare, entro le dieci, al nostro laboratorio. L’occhio cadde, fra tanti nomi, a quello più insolito, che mi suonava ancora familiare. Anche il cognome coincideva perfettamente. Mi venne da sorridere; perciò Olga mi chiese subito cosa ci fosse di divertente in quella lista di nomi. In poche parole le accennai la storia del mio primo bacio e del primo appuntamento andato in bianco con uno che era Candido di nome, ma non di fatto, sin da ragazzo.

Olga, che amava gli scherzi, le battute facili e le piccole vendette ai colleghi o colleghe che le stavano simpatiche come uno sciame di zanzare tigre sul naso, si era subito accesa come un faro. Dopo un attimo di riflessione aveva emesso la sua sentenza. Il piano si articolava in quattro punti:

1) individuare la vena meno adatta;

2) ripetere l’operazione varie volte, fino a dover pungere la mano;

3) fare un piccolo salasso;

4) invertire l’esito degli esami con quello del signor Penosi, nostro utente abituale, in condizioni di salute      gravemente compromesse.

Alla sua idea folle, Olga Ivanova aveva dato anche un nome: “Piano del Conte Vlad”.

Io l’ascoltavo sbigottita, senza capire se stesse scherzando o pensasse seriamente quel piano criminale che mi aveva appena proposto. Poi i nostri sguardi si incrociarono, lei colse il mio terrore e scoppiò a ridere, cercando di rassicurarmi con una pacca energica sulla spalla. Era soltanto curiosa di vedere la mia reazione.

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Discussioni

  1. Io avrei accettato la proposta di Olga 😀 tranne il punto in cui si invertono i risultati, ovviamente… la vittima deve soffrire, non rischiare di morire per terapie che non le appartengono 😉
    Chissà cosa passa per la testa di quelli che fanno così… insomma, mi hai baciata tu, mi hai invitata tu e io non ti ho chiesto assolutamente niente. Che senso ha piantarmi in asso?

    1. Grazie ShanLan. Hai ragione il ragazzo Candido si era comportato da vigliacco. Passi il bacio, quando comandano gli ormoni, difficile tenerli a freno. Pero`, mandare suo fratello minore, per non avere il coraggio di dire in faccia ho gia` un altra ragazza… Sono comunque esperienze giovanili di cui si puo` sorridere, da grandi, pur avendo ingoiato le lacrime col cibo, quando la delusione era ancora difficile da digerire.

  2. Il piano Vlad è geniale! Io ho il terrore dei prelievi ematici, sarà perchè per un periodo ne ho fatti a cadenza settimanale e trovare le vene era una mission impossible 😀
    Ho ricordato le feste a cui partecipavo in terza media, soffitta con le imposte accostate, giradischi, un po’ di fumo di sigaretta (e tanta tosse) ed i lenti. Mi sembra una vita fa… Mi hai fatto tornare giovane anche se per qualche istante.

    1. “Piano del Conte Vlad” e` un’ idea che mi e` balenata pensando al famoso vampiro. I vari punti elencati li ho subiti quasi per intero, durante uno dei controlli periodici a cui venivamo sottoposti come dipendenti della struttura sanitaria in cui lavoravo. Spero che gli infermieri non avessero archittetato il piano a tavolino, ma fosse solo colpa delle mie vene se, alla fine, dopo molti tentativi, bucarono una vena della mano provocandone la rottura. Un piccolo trauma che ho rielaborato nel racconto.

  3. Anche in questo brano, che reputo un vero racconto breve a sè stante, inizio complimentandomi per la scelta di un tema curioso e insolito, ma anche molto semplice: quello di un kiss, o di un first kiss. Secondo me il racconto funziona perché traspira di autenticità. Il testo brilla di una propria luce imperfetta, ad intermittenza tra un tono naif e ironico, che caratterizza perfettamente gli anni dell’adolescenza. Ha una sua energia.

    1. Grazie David, condivido le tue considerazioni sulla semplicita` del tema in questione, sull’ immagine un po’ goffa o naif, che dir si voglia, della protagonista e sullo spirito ironico che ha animato la stesura di questo breve racconto. Se ha suscitato qualche sorriso benevolo, ne sono lieta.
      Ciao

  4. Ciao Maria Luisa, mi hai catapultata ad una festa in un garage freddissimo con divanetti marroncino in finta pelle, pseudo deejay e luci colorate della mia lontana adolescenza. E poi ai pomeriggi in paninoteca o gelateria. Che bello! Grazie X il viaggio e complimenti sempre X la tua scrittura ricca e accattivante

    1. Grazie Cristiana, non immagini quanto sia sorpresa dell’ interesse che ha suscitato questo Bacio. Temevo di cadere nella banalita`, rispetto a ben altri illustrissimi baci. Temevo anche di annoiare chi la giovinezza la sta ancora vivendo in una realta` totalmente diversa. Le emozioni , le sensazioni e le ragioni del cuore, forse sono intramontabili.
      Ciao😘

    1. Grazie Alessandro. Mi conforta sapere che ho evicato piacevoli ricordi e soprattutto se ho toccato le corde di quel nostro strumento che pulsa ad ogni eta` e batte spesso piu` forte, nelle due eta` piu` fragili.

  5. Il soggetto è troppo intrigante, ammettiamolo.

    Spero non solo per me, ma chi mi legge sa e non c’è molto da spiegare.

    Dobbiamo chiederci, Maria Luisa, cosa avrebbe quel tuo primo vero bacio di differente dai capolavori che hai elencato. Io trovo che sia perfetto, sei tu che hai trasmesso questa sensazione.

    Vorrei aggiungere alla lista il “bacio di Doisneau”, che ha del mistico. Oltre al profondo sensuale.
    Fu questa celebre foto a ispirarmi un testo su cui è stata eseguita una videolettura ora in rete.

    Questo per dimostrarti come io sia sensibile alla tematica, semmai vi fosse bisogno di provarlo.

    Il primo bacio è come l’eterno ritorno per me: esso si rinnova ogni volta su nuove labbra. Alcune delle quali davvero non si dimenticano mai.

    Come non possiamo dimenticare il suono del cuore che fa bum-bum.

    Grazie Maria Luisa per questa pagina di diario.

    1. Grazie mille Roberto per le belle parole che hai scritto, che suonano come una poesia. Temevo, mentre stavo elaborando il racconto, di toccare un tema che potesse apparire banale. I vostri commenti mi stanno confortando.
      Andro` subito a colmare la mia, forse imperdonabile lacuna, su Il Bacio di Doisneau. Puoi dirmi come posso trovare in rete la videolettura a cui ti riferisci? Ciao 🙏

  6. Ciao Maria Luisa, molto bello questo racconto. L’incipit con i vari baci dell’arte è stata un’ottima introduzione, anche se forse un pochino troppo lunga ma ci stava. Ma il culmine del racconto, questo lento ad una festa, è la parte che mi è piaciuta di più (anche se “Piano del conte Vlad” e il mitico panino del caddozzone sono stati ottimi momenti). Sai cosa? I miei genitori raccontano spesso di queste feste in casa da adolescenti e di questi balli, cosa che per me e penso per tutta la mia generazione non siano mai esistiti. Leggendo ho risentito esattamente le parole dei miei e come mi sono immaginato queste feste e sei riuscita a farmi entrare in quell’atmosfera. Per finire una battuta…uno del nautico, ajo ma come si fa a fidarsi di uno del nautico! Non so come era allora ma oggi…meglio uno del siotto, e lo dico da ex dettorino 😜. Al prossimo racconto!

    1. Ciao Carlo, mi sono divertita un sacco a scrivere questa piccola storia, tra ricordi, più o meno veri, e sensazioni che a tratti riaffioravano come se gli anni settanta fossero passati da pochi giorni. Ci divertivamo e piangevamo parecchio in quelle feste, con l’occhio vigile dei genitori che origliavano o sbirciavano senza farsi notare. Ma non sono ancora invecchiata tanto, mentalmente, da dover dire: quelli si che erano bei tempi. Ci sono sempre aspetti positivi e negativi in tutti i periodi della vita. E… prima o poi, tutti i nodi vengono al pettine. Grazie Carlo e buon fine settimana.