Il bracciale di Antoine

Serie: Menti straordinarie


Antoine-August Le Blanc (1 aprile1776 – 27 giugno 1831) è stato un matematico francese noto per il suo lavoro sulla teoria dei numeri e l’elasticità.

I suoi piedi battevano così forti sul pavimento che ai poveri domestici del piano di sotto sembravano le esplosioni dei cannoni della Bastiglia. Girava nervosamente intorno ad un piccolo tavolino da the su cui alcuni suoi appunti venivano ordinati e impilati ogni volta che un rivolo di vento ne spostava uno di qualche centimetro. Penso che le sue mani avevano così tante volte sistemato quei fogli, che questi avrebbero voluto ritagliarsi delle gambe e scappare via. Per quella grande occasione si era fatto accorciare i capelli e aveva rubato una tremenda redingote nera del padre e non sono sicuro che a lui dispiacerà averla persa. Sembrava un giovane rampollo di una famiglia borghese, ma vestito molto male. Però non aveva rinunciato a me, il suo braccialetto. Ero proprio un bel pezzo all’epoca, di oro luccicante con delle pietruzze blu che scintillavano qua e là ondeggiando sui ciondoli. Finalmente qualcuno bussò alla porta. Un ultimo battito di piede spaventato sancì l’ultima cannonata e la presa della Bastiglia. Si fiondò verso la porta con la stessa velocità di un nobile quando sente cadere una monetina, o quando sente la parole ‘tasse’, e con la mano tremante come la Francia aprì la porta. Un naso. La prima cosa che si parò di fronte i suoi occhi fu un naso. Ma non un piccolo nasino impomatato di qualche nobiluccio profumato e neanche il grosso naso a patata del prete che puzza d’incenso e non vi venga in mente di pensare alle grosse narici del contadino che sa di sterco. Era un naso elegante, mirabile, grandioso, maestoso, giunonico, ai limiti del dantesco. Sembrava il timpano di un enorme tempio che proteggeva delle labbra sottili dal sole. Non era un naso qualunque: era il naso di Joseph-Louis Lagrange. Il suo corpo iniziò a tremare come le mura di Versailles e nel mezzo di quel terremoto lo invitò goffamente ad entrare e lo portò nella stanza dove il suo cammino nervoso aveva scavato un fossato.

-Posso offrirle qualcosa?- balbettò.

-No grazie- rispose il professor Lagrange scivolando come miele su una comoda poltrona rossa. Studiava tranquillo la stanza dove si trovava, roteando la testa come un gufo, con gli occhi che sembravano quasi disturbati dalla quella presenza che faceva tremare tutta la stanza. Allungò il dito, lungo quanto il campanile di Notre-Dame, verso quei fogli che, senza un’attenta guardia, sporgevano di qualche millimetro dalla loro posizione iniziale, e pacatamente chiese

-Questi sono i suoi appunti, Monsieur Le Blanc?- Quel terremoto ambulante annuì con il movimento della testa che si perse in mezzo ai tremolii. Allora lui allungò la sua mano affusolata verso il tavolino, prese i fogli, incrociò le gambe, li poggiò sulla coscia e iniziò a scorrerli con la vista. Il suo volto era costruito per ospitare quel naso. I capelli bianchi portati parevano una stupenda cornice per il suo setto nasale e la fronte completamente vuota pareva suggerire al coraggioso osservatore di spostare lo sguardo in basso, persino ogni sua ruga facciale puntava verso quell’adunco pantheon nasale.

-Interessanti- commentò il matematico rialzando lo sguardo e poggiando gli appunti sul tavolo. A quelle parole, il sisma che scuoteva le vene che stringevo si calmò.

-Monsieur Le Blanc, si segga- iniziò il professor Lagrange -Vorrei chiederle come mai non frequenta le mie lezioni. Vedo in lei un’abbondanza di materia prima e penso che, con il giusto mentore, possa diventare un grazioso diamante-

-La ringrazio- rispose con una piccola scossa di assestamento -Purtroppo non riesco ad arrivare per tempo alle sue lezioni-

-Mh. Non si preoccupi, non sono così bravo- aggiunse ridendo -Mi parli di lei, a quando risale la sua passione per la matematica?- era incredibile come il movimento delicato di quelle labbra sottili sembrava il leggero sculettare della gonna di una dama parigina sulla Senna, munita persino del grande ombrello da sole che era il suo naso. La risposta arrivò, seppur con un certo ritardo.

-Deve sapere che mio padre ha una grande libreria in cui lessi dell’affascinante morte di Archimede- tirò un bel sospiro e aggiunse -Non riuscii proprio a capacitarmi di come questa materia potesse attirare così tanto una persona da farle perdere la vita, e pensai che valesse la pena studiarla-

-E pensa di essersi capacitata?- ci fu un attimo di silenzio, di quei silenzi che valgono più di milione di parole. Il professor Lagrange sorrise, sciolse le gambe e cambiò discorso.

-E quali sono stati i grandi matematici che più l’hanno colpita, monsieur Le Blanc?-

-Ho letto tutto quello che la biblioteca di mio padre conteneva, ma tra tutti, nel mio cuore spiccano Sir Isaac Newton ed Eulero-

-Allora lei conosce il latino, Monsieur Le Blanc?-

-Si, l’ho imparato da autodidatta- il sorriso interessato del professor Lagrange si tramutò in un’espressione confusa, come quella di qualcuno che guarda qualche quadro barocco.

-Nessuno le ha impartito delle lezioni?- Sentii i miei piccoli ciondoli iniziare a tremare di nuovo, e mi preparai per un secondo giro in quella giostra tremolante.

-No, cioè sì!- rispose balbettando il polso a cui ero legato -Però non ho avuto un insegnante valido, quindi ho preferito studiarlo da me-

-Per un ragazzo così intelligente e di così buona famiglia come è lei mi sarei aspettato un’educazione con i fiocchi! Mi parli della sua famiglia. Cosa ne pensano della sua passione?-

-Beh che dire?- legato a quel polso mi pareva di essere l’ago di una di quelle nuove macchine per cucire -Mi hanno sempre supportato-

-E mi parli dei suoi tutori, l’hanno sempre seguita con affetto?- quel professore aveva capito che qualcosa non andava. Stava facendo troppe domande e tutto rischiava di saltare.

-Sì. A volte no. Cioè voglio dire…- il suo discorso venne interrotto.

-Monsieur Le Blanc, mi sembra di capire che lei non è mai riuscito ad imparare qualcosa da nessuno dei suoi maestri-

-Ho sempre preferito studiare da autodidatta-

-Ma mi perdoni Monsieur Le Blanc, se i suoi genitori la sostenevano, come mi ha detto, perché non ne ha discusso con loro e non ha ricercato qualcuno che potesse soddisfarla?-

Sentivo il freddo di Parigi di inverno scorrere nelle sue vene. La sua mano tremava e il professor Lagrange sembrava puntare la punta del suo naso proprio verso di questa. E allora il professore continuò, sempre con quel suo tono di voce morbido e dolce come un macaron, ma tagliente come la lama di una ghigliottina.

-Monsieur Le Blanc, penso che lei mi stia mentendo. Dica la verità- Sentivo dal sangue ghiacciato delle sue vene che stava impazzendo. Voleva gridare più forte che mai, allora con voce convinta rispose

-I miei non mi hanno supportato. La notte mi rannicchiavo tra le coperte e dovevo accendere una candela per poter studiare perché mi privavano dei vestiti pesanti e del fuoco del caminetto pur di non farmi aprire libro-

-Ma perché ostacolare un talento così cristallino come il suo?- il sangue glaciale ora sembrava ribollire e le sue strette vene stavano esplodendo di rabbia.

-Mio padre mi ha sempre assegnato pessimi tutori. Dicevano tutti che la matematica non faceva per me, che non era la mia strada- La sua pelle era così bollente e rabbiosa che quasi fondeva il metallo delicato di cui ero composto.

-Anche il più cieco degli occhi avrebbe visto in lei un grande talento. Non capisco il perché di tutto questo!- Erano tutti e due in piedi. La sfrontatezza della persona che si trovava davanti aveva addirittura inasprito il tono di voce del professore e ora lui si ritrovava squadrato da due occhi che sembravano iniettati di sangue. Un grido. Poche parole, pochissime, bastarono a chiarire il concetto.

-Perché sono una donna!-

Antoine-August Le Blanc era il falso nome con cui la matematica Marie-Sophie Germain si è dovuta iscrivere all’università di Parigi. I suoi lavori, che firmava con il nome di Le Blanc, colpirono così tanto il matematico italiano Lagrange che questo volle incontrarla, allora lei si vide costretta a svelare l’inganno e, con molto stupore da parte di lei, Lagrange si complimentò con lei e la incoraggiò con gli studi e il suo lavoro. La sua passione, inizialmente ostacolata, venne poi supportata e, poiché il suo sesso non le permetteva uno stipendio come matematica, finanziata dal padre. Nonostante tutte le difficoltà che incontrò nella sua vita, Sophie perseverò nei suoi studi regalando all’umanità risultati eccezionali. Dopo la morte di Sophie, Gauss, con cui ebbe un lungo scambio epistolare, propose di insignirla di una laurea, proposta che verrà respinta. Questo è un estratto da una lettera di Gauss:

‘’A causa dei nostri pregiudizi, una donna deve affrontare difficoltà infinitamente superiori a quelle degli uomini nel condurre ricerche che sono estremamente impegnative. Quando riesce lo stesso a superare gli ostacoli e a padroneggiare la materia, allora senza dubbio deve possedere il coraggio più grande, uno straordinario talento e un genio superiore’’

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