Il burkinabé 

Serie: Quando matrimonio e patrimonio fan rima con pandemonio


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Con indosso l'abito da sposa Samantha è pronta per il breve viaggio verso la chiesa, sognava la luna (la Rolls) si trova dentro una D*** (una vecchia Fiat).

«Non vedo la Rolls. Mamma, tu non ne sai niente?»

«Che sia quell’auto color sabbia lì sotto? Vieni a vedere, Samantha, c’è un’automobile che non ho mai visto prima, ha un mazzo di rose bianche fissate sulla calandra, da lì scorrono, disegnando una “v”, due nastri lungo tutto il cofano fino agli specchietti retrovisori, è ferma qua sotto.» 

Samantha aprì la grande finestra che dava sul piazzale della villa per dare un’occhiata. 

«Ma quella è una Fiat Duna, non scherziamo, mamma. È di ‘Ngamal, il giardiniere del Burkina Faso che papà ha assunto da poco.»

«Ha comunque quattro ruote» la risposta risentita della mamma.

«Tutte le automobili hanno quattro ruote, come questo catorcio, e con questo? Mamma, sei come era la nonna che di automobili non ne capiva niente, le automobili non sono tutte uguali, questa, poi, non è solo vecchia, è proprio brutta. Adesso chiamo il burkinabé.»

«Chi chiami?»

«Ma ‘Ngamal, mamma, non dirmi che non sai come si chiamano gli abitanti del Burkina Faso? Lo sanno tutti, dai!»

«Per me sono tutti africani. Io non ho studiato alla Bocconi» la risposta ancor più risentita di prima, direi ririsentita, tanto per creare un neologismo. 

«’NGAMAL! NGAMAL vieni su che ti devo parlare.»

«Vengo, signorina, vengo subito» è il giardiniere, seduto al posto guida di una vecchia Duna dell’ottantasette, ancora marciante anche se di sesta mano, rimediata per cento euro da un vu cumprà amico suo. ‘Ngamal era intento a fissare lo schermo dello smartphone, i filmati di Tik Tok sono irresistibili anche per i burkinabé dell’ex Alto Volta.

«Eccomi, signorina, sono qua.»

«E non chiamarmi signorina, mi fai sentire una vecchia zitella.» 

«Va bene signori— »

«Signora, okay?»

«Signora, come vuoi.» 

«Senti un po’,  quel nastro bianco sul cofano sistemato alla buona con dello scotch da impacco, e quei fiori che ci stanno a fare?»

«È per tuo matrimonio, mi ha ordinato il Cavaliere.»

«E tu che c’entri? Oggi non è il tuo giorno libero?»

«Cavaliere detto me: “Sei invitato alle nozze di mia figlia, però devi fare da autista”».

«Con mia auto? Io chiesto.»

“Sì, proprio con la tua Duna.” Lui risposto. Io contento, felice guidare Duna, ti piace Duna colore sabbia? A Cavaliere molto. Suo colore mi ricorda tanto la mia Africa, il mio deserto.»

«Vedo che il deserto ti manca, vero ‘Ngamal?»

«Si, tanto.»

«A me, invece, non manca affatto, fa sempre un caldo boia; invece di spogliarti ti devi vestire, altrimenti ti ustioni. E poi, scommetto che la tua Duna puzzerà come un bottino strabordante dell’umido, appoggiato sul retro di un ristorante cinese all’orario di chiusura.»

«Ah! Dimenticavo signora, Cavaliere mi ha pagato autolavaggio, lavaggio completo anche dentro mia Duna. Adesso Duna tutta quanta profumata. signora, io aspetta lei, pronta per partenza?»

Sentendo le parole di ‘Ngamal, Samantha sbiancò, il suo viso divenne pallido, così pallido come possiamo immaginare sia sembrato quello di un viso pallido visto per la prima volta da un pellerossa d’America, tanto da confondersi con l’abito da sposa color bianco latte, un bianco su bianco, tono su tono, che ricordava quello di Bianca Berlinguer, la giornalista famosa per quelle luci bianche sparate in volto per nascondere le rughe dell’età.

«Ma papà è impazzito?» è Samantha, visibilmente scossa. 

Samantha si girò a cercare lo sguardo della mamma, senza incontrarlo.

«Tu lo sapevi, vero? Non ti vergogni?»

La mamma prese coraggio, presa la mano della figlia che strabuzzò gli occhi per la sorpresa e, senza sperare di essere compresa, disse:

«Figlia mia, hai preteso una Rolls, questa Duna è la tua Rolls. Papà è stato inflessibile, “buttare via mezzo milione per uno sfizio della principessina” – sue testuali parole – gli è sembrato un tantino esagerato.» 

«Allora andiamo col tuo Suv.»

«È in officina, guasto, in attesa di un costoso pezzo di ricambio prodotto in Giappone che tarda ad arrivare, i dazi di Trump non hanno aiutato.»

«E che c***o! Le Mercedes non sono più quelle di una volta, si rompono. Chiamo un taxi.»

«Ma dove vivi! Oggi c’è lo sciopero dei taxi. Samantha, andiamo, altrimenti faremo tardi, ricordati che sei una Berluscani, i Berluscani hanno una loro dignità e rispettano la parola data; il matrimonio è fissato per le 12:30, e noi ci saremo. Puntuali.»

«Proprio perché sono una Berluscani che non entro in una Duna.»

«Muoviti, sennò rimaniamo bloccate davanti al passaggio a livello, conosci bene l’orario dei treni, a mezzogiorno passa il solito treno merci che è così lento da sembrare più lungo di quello che è.»

«Sembra interminabile, davvero. Grazie, mercì treno merci, per colpa tua devo montare in una Duna: Fiat voluntas patris, in nomi—»

«E smettila, dovresti piuttosto ringraziare tuo padre per tutto quello che hai avuto finora, non ti ha mai fatto mancare niente.»

Samantha si sedette sul sedile posteriore della Duna senza difficoltà, non aveva fatto i conti con lo strascico lungo due metri.

«No problema» è ‘Ngamal, «questa Duna è Duna Weekend.» Infatti, si trattava di una piccola station wagon. Ribaltato lo schienale, lo strascico trovò spazio sufficiente per essere sistemato nel bagagliaio con le dovute cautele, ovviamente. La mamma di Samantha prese posto sul sedile anteriore, vicino a ‘Ngamal.

«’Ngamal parti, noi siamo pronte.» 

«Messe cinture?»

«Allacciate.»

«Bene, allora vado.»

Il cancello automatico si aprì lentamente, cigolando come al solito. Anche la Duna non dimostrò grande entusiasmo, stentando a partire; al quarto tentativo e alla quinta imprecazione di ‘Ngamal il motore si mise finalmente in moto. (Loro erano in auto, il motore era in moto, verrebbe da pensare: ma chi muove la Duna?  Lo so, mi state dicendo di smetterla con le battute. Okay, smetto. Per ora, parola di Fabius P. )

La Duna partì. Lungo il tragitto non incontrò traffico, l’unica automobile che incrociò fu una Cactus (un modello della Citroën per fachiri, sedile di spine di serie). 

«Che strano» è Samantha, «la strada è deserta, sembra di attraversare un deserto, manca solo la sabbia.» 

Ci pensò una nuvoletta orfana del Rag. Fantozzi a scaricare un po’ d’acqua e tanta, tanta finissima sabbia del Sahara. Non era un Desert Storm, ma quelle poche goccioline bastarono a sporcare i vetri e la carrozzeria.

«Visto che fortuna?» è ‘Ngamal «Sposa bagnata, sposa fortunata.» 

«E bravo ‘Ngamal! Con tutta questa sabbia la tua Duna è una vera Duna del deserto.»  

«Ahahaha!» Tutti e tre risero di gusto. 

   

   

Serie: Quando matrimonio e patrimonio fan rima con pandemonio


Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Umoristico / Grottesco

Discussioni

  1. Beh, che dire, ci si diverte davvero a leggerti. E devo dire che comunque non è facile scrivere in questo modo, ci vuole una profonda conoscenza dell’animo Umano e di ciò che avviene intorno a noi tutti i giorni senza che ce ne rendiamo conto. Lo squallore che tu, ovvio, giri a irriverenza con il portarlo a noi sotto le mentite spoglie di una caricatura grottesca. Bravo. Ci sai fare con le parole tu. 🙂

    1. Meno con le virgole. Mi hai svirgolato senza tanti complimenti, dieci virgole nel primo round (La Rolls), una nel secondo (La sposa in posa), tre nel terzo (Il Burkinabé) e nuovamente una sola nella quarta riprese (La Duna a 4 ruote). Le svirgolate, come vedi, stanno scemando. Lo confesso, è stata una bella batosta. Però, mi è servita da lezione. Grazie mille.

    1. Potevo scegliere una bianchina, ma la storia prendeva una china troppo fantozzina. Ringrazio la Fiat per aver creato un’automobile mitica che ha ispirato un film di fantascienza memorabile di David Lynch: “Dune”.

  2. Se consideriamo il carattere spocchioso della sposa e la sua appartenenza alla famiglia BerlusCani, un’altra vettura appropriata per il gran giorno, potrebbe essere una macchina station wagon dotata di kennel. (Battutaccia.) Tu, comunque, dimostri sempre un’ottima capacitâ di progettare e realizzare le trame dal principio all’effetto finale, pari a un geniale costruttore di satira.

    1. Io parto sempre dalla fine, la difficoltà è arrivarci costruendo una storia credibile passando da una gag all’altra a son di battute e giochi di parole, rispettando sempre, per gioco, le mille parole esatte. Dieci episodi, diecimila parole. In questa serie non ci sono cani, l’unico è l’autore. Grazie M.Luisa di leggere ancora le mie bizzarre creazioni.

  3. Certo che per battere la Duna…! forse neanche un’Arna, o una Prinz (verde). Aspetto di vedere la cerimonia in un capannone e il ricevimento all’osteria… chi può dirlo, il cavaliere è un genio! Grazie, Fabius, per la sghignazzata quotidiana

    1. La scelta non poteva che cadere sulla Duna per un burkinabè. Quello che non ho capito è con che coraggio l’hanno acquistata gli italiani. Dopo tante letture impegnative ti sei rilassato con me. Consiglio la lettura di Fabius P. a tutti, rientra tra le cura omeopatiche.