Il cavatappi 

Quando Giorgio mi ha chiesto di incontrarci in un albergo in centro era un pomeriggio di febbraio e nei ciotolini di sasso sulla strada si incastravano bene pezzi di coriandoli rotti e parti di me disperse e fatte a brandelli.

Le strade erano opache e le vene sulla mia pelle diafana erano accese e fredde, come un braille in rilievo di dolore sui tasti del mio corpo.

-Se vengo da te, tre giorni? Ci sei per me?

Erano le giornate appena prima di San Valentino e lo avevo ringraziato silenziosamente per non aver scelto un giorno d’amore per vederci.

Gli avevo detto istintivamente sì, come quando getti un pezzo di carta nel cestino e sai di poter fare centro.

E non ci pensi mai a tutte quelle volte che quei pezzi bianchi invece cadono fuori, si scontrano con bordi non pronti a contenerli, come non mi rendevo conto di quanto sarei stata incapace io a contenere Giorgio in una stanza di hotel o sotto le suole delle scarpe che in città avrebbero calpestato mille volte quegli inutili coriandoli colorati.

Della mia vita privata non sapeva quasi nulla, ogni tanto chiedeva; mai ti sei sposata?

E questo solo perché sui miei social appariva sporadicamente una foto di mani unite con le fedi o di scarponcini appoggiati alle scogliere, gambe aggrovigliate anonime, che potevano essere chiunque e invece rappresentavano la storia che avevo, una storia che non poteva apparire.

Io e Gianni non so nemmeno dire se stavamo insieme, sapevo solo quello che a lui non andava di fare, tipo le foto insieme da pubblicare, tipo le foto in bikini o scollata che io non potevo mettere, tipo il fatto che le cene con i miei amici gliele dovevo dire in anticipo e a quelle con i suoi inutile dire che dovevo stare coperta, pantaloni accollati, magliette larghe.

Pochi sapevano di Gianni e chi sapeva ogni tanto ha provato a buttarmi fuori da letargo, a dirmi; ma che ci stai a fare con uno così?

Io non sapevo rispondere, pensavo solo che fosse bello avere qualcuno con cui passeggiare la domenica mano nella mano.

Non capivo più nemmeno che a me alla domenica mica piaceva uscire, pensavo solo che a lui andasse bene così e così andava bene anche a me.

Gliel’ho detto il venerdì che il week-end non ci sarei stata.

-E dove vai?

-Nulla, avrò solo dei colloqui di lavoro, non fare strada per venire da me, ci vediamo la settimana prossima, con più calma.

-Ma sei sicura? Vuoi che ti accompagni?

-No no, tranquillo.

-Ma come fai? Hai pure la macchina che non va.

-Prendo il treno, davvero non preoccuparti.

Le bugie erano come degli spilli, se non sei abituata ad usurarli ti pungi subito.

Mentire a qualcuno è terribile, come quando una macchia d’inchiostro ti si dilata addosso, entra nelle pieghe della pelle, irreprensibile, un nero vivido a sporcarti dentro, un veleno trasportato da parole false, ambigue e dove la verità si cela, accade che non ti puoi più proteggere.

-Va bene, ma almeno fammi sapere come vanno i colloqui.

Poi avevamo parlato della nuova macchina che voleva comprarsi, delle canzoni di Sanremo e di una gita in Liguria da fare insieme.

Quando era arrivato sabato, Giorgio mi aveva travolto di vino rosso e poesia, passeggiate abbracciati, angoli di ristoranti dimenticati e sesso, tanto sesso.

Con il cavatappi aveva aperto la seconda bottiglia e poi mi avevo detto andiamo via, vieni su da me.

Alle sei del pomeriggio ci siamo chiusi nella sua stanza, musica e cuscini per terra, il risaldamento che non andava, il piumone sopra le nostre teste, baci in bocca, sulle cosce, nei capelli, baci ovunque, lui a prendermi da dietro e a farmi la coda nella sua mano poi i sussulti e i nostri nomi urlati, un film lasciato a metà, una pizza consegnata fredda.

Poi, con la sua spalla nelle mie labbra, avevo pensato a Gianni.

Non mi dispiaceva per lui, ma non avevo mai tradito nessuno prima di quel momento e il panico mi si era scavato nelle ossa, le persone sbagliate hanno il crudele dono di far diventar sbagliato anche te stesso.

-Resti a dormire? Resta qui.

Avrei dovuto aspettarmelo, tre giorni insieme dovevano comprendere anche le notti, eppure non ero pronta.

Quando me lo ha chiesto alle nove e mezza di sera era la prima volta che riprendevo in mano il cellulare da tutta la giornata, notifiche, notizie e una sfilza di messaggi di Gianni e anche un paio di telefonate, non gli avevo più risposto.

Avevo guardato Giorgio con dispiacere.

-Forse è meglio che vada.

-Tutto bene?

-Sì sì scusa, ma domani mattina è meglio che faccia delle cose, ci vediamo però nel pomeriggio, promesso.

-Allora vai?

-Sì, subito. Ho l’ultimo treno tra poco.

-Ti accompagno allora.

-Non preoccuparti.

-Non ti lascio andare da sola.

Alla stazione non riuscivo più a guardare nulla con occhi tranquilli, volevo solo andarmene e stare con me stessa.

Avevo salutato Giorgio frettolosamente e con altrettanta fretta avevo chiamato Gianni.

-Ma dove sei stata? Stavo in pensiero.

-Ero con altre persone.

-Fino a quest’ora?

Non avevo saputo altro che dirgli un sì debole e poi stanca avevo riagganciato.

Lui mi aspettava a casa, un mazzo di rose rosse in mano e uno sguardo cupo.

-Che ci fai qui?

-San Valentino in anticipo.

-Ti avevo detto di non venire.

-Eri affaticata, volevo solo starti vicino.

Lo avevo fatto entrare malamente con gli occhi gonfi di stanchezza e il sudore acido del sesso con Giorgio ancora addosso.

Mi ero messa ad aprire del vino bianco con il cavatappi e mi era scappato sul braccio sinistro, una striscia rossa verticale dove fino a poco prima c’erano stati solo baci e carezze.

-Ti sei fatta male?

-Sì, parecchio.

-Non quanto lo hai fatto a me. Dimmi subito con chi sei stata!

Le mani di Gianni improvvisamente sul mio collo, il fiato corto, la pazzia, il mio corpo contro il marmo della cucina.

-Con nessuno.

Lo avevo detto con un filo di voce strozzata, le bugie non le fermi nemmeno sulla soglia della morte.

-Dimmelo!

-Nessuno.

E con la poca forza che possedevo, gli avevo infilato il cavatappi nel collo, il vino che avremmo bevuto insieme quella sera sarebbe stato un rosso sangue, mentre il cavatappi cadeva a terra insieme alle bugie.

Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Ciao Marta, apprezzo molto che affronti molto spesso queste tematiche nei tuoi racconti. È importante, dovrò decidermi a farlo anche io. Mi è piaciuto molto l’intreccio, ha valorizzato il racconto sapere fin da subito che la protagonista era riuscita in qualche modo a staccarsi dal guinzaglio di Gianni, e abbiamo avuto modo di leggere la sua vita succube con altri occhi, una sorta di semina che giustifica la forza del gesto finale. Delicata nel linguaggio e allo stesso tempo potente come immagine quel “farmi la coda nella sua mano” che nel lettore riesce a risvegliare passioni e fantasie.
    Forse il finale poteva essere enfatizzato un po’ di più: il gesto efferato sembra quasi nascosto nella poetica frase finale.

  2. Bel racconto, il bene e il male si incontrano senza però mai predominare uno sull’altro. C’è dell’ambiguità e questo rende il tutto accattivante e allo stesso tempo ognuno ha modo di interpretarlo a suo modo. Alla prossima. Buon fine settimana. 🙂

  3. Ah Ah un passo dietro l’altro preciso diritto, un piccolo limite lo danno le mille parole imposte dal portale, magari poter sbandare un po’ a destra e sinistra invece di andare solo avanti ci stava, complimenti comunque, gestione dei tempi precisa con tutte le info fondamentali a disposizione del lettore e il meccanismo che gira preciso come un orologio, nemmeno una parola sprecata.

  4. Credo che il bene ed il male, almeno sul tema dell’affettività, sia solo una questione di punti di vista e tu con la tua storia, li hai ben rappresentati lasciando al lettore tutto lo spazio per le sue opinioni in merito. Mi piacciono quei testi che più che dare risposte, fanno sorgere domande.

  5. Accedo al sito e mi trovo fresco fresco un racconto che mi attrae già dal titolo e dall’immagine. Crudo e reale al punto giusto, fino alla fine non si sa dove stiano il bene e il male, e forse non lo scopriamo neppure dopo la parola fine.
    Molto bello.

    1. Lieta in questo caldo di aver portato un po’ di fresco 😀 grazie per avermi letta, effettivamente l’ambiguità fra bene e male erano esattamente quello che volevo rendere, dando l’idea di una impossibile divisione netta, ci si sporca sempre in qualche modo, quando si è in bilico.