IL CONCORSO
Era il più grande imbecille che Madre Natura avesse mai vomitato sulla Terra: un miscuglio ben congeniato di ottusità, superficialità e tracotanza, l’espressione più alta di come una pessima formazione letteraria e una troppo alta opinione di sé, potessero amalgamarsi in un essere che aveva la presunzione di definirsi “scrittore”; eppure lui era là, al mio posto, sul mio palco, applaudito ed osannato da un gregge di ammiratori d’occasione, pronti a battere le mani più per buona educazione che per vera convinzione, ma pur sempre dediti al loro ruolo di esperti dell’ultima ora. L’osservai girare il busto da destra a sinistra e viceversa, salutando e inchinandosi con un sorriso tronfio, mentre alle sue spalle una brunetta con l’espressione imbarazzata, declassata per quel giorno da stagista a pseudo-subrette, teneva tra le mani il volume vincitore.
«Dovrei esserci io lì» mormorai incupito al mio vicino, unico come me a non partecipare a quel patetico pubblico giubilo.
«Probabilmente sì» rispose serafico.
«È inaccettabile che quell’idiota abbia vinto!»
«Forse, ma direi che possiamo farci ben poco.»
Un sorriso sbilenco gli si allargò sul viso: lui sapeva tutto, sempre, ma in quel momento mi sembrò lontano anni luce da me. Lo guardai di sottecchi, sentendomi improvvisamente solo, mentre la stanza si rimpiccioliva ed io iniziavo ad annaspare: fuggi! Fuggi più lontano che puoi e mostra a tutti quanto sei inetto e codardo!
«Tutto okay?»
«Non sa nemmeno mettere in fila due concetti originali» borbottai, costringendomi a restare seduto.
«Tu invece sì» mormorò il mio accompagnatore quasi sovrappensiero.
«È ignorante, borioso, incompetente!»
«Al contrario di te.»
«Non ha talento!»
«E tu ne hai da vendere.»
«Mi prendi in giro?»
Mi osservò negli occhi un istante: «No, penso davvero che tu abbia talento, così come lo pensano tua madre, tuo cugino e probabilmente anche l’editore che ha bandito il concorso».
«Tu credi?»
«Solo se è un vero editore» sentenziò serio, alzando l’indice della mano destra.
Sorrisi mio malgrado.
«Dovrei esserci io al suo posto» ripetei, probabilmente dando a quel mantra più potere di quanto in realtà avesse.
Ero patetico, ma la cosa peggiore era che stavo provando a non esserne consapevole.
«È giunto il momento di andare» ordinò alzandosi «non ti fa bene stare qui.»
Non lo seguii, nemmeno lo ascoltai a dire il vero: il fiele che mi invadeva era l’unica cosa che mi impediva di sprofondare nella più cupa depressione, quindi lo avrei alimentato finché potevo.
«Idiota, stupido pomposo pallone gonfiato! Tutto ciò è profondamente ingiusto, mi sento come se mi avessero defraudato!»
«Non credo che sia il modo giusto di vedere la cosa.»
«E allora qual è il modo giusto? Perché io sono qui e lui è lassù?»
Stavo quasi gridando e non me ne ero reso conto.
Gli occhi di mio fratello vagarono svogliati per la sala, si chiusero un momento, poi tornarono a posarsi nuovamente su di me, ma questa volta erano duri e freddi.
«Perché lui ha partecipato al concorso» rispose secco.
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Ciao @Lia.Alhena , questa è la storia di molti autori indolenti e lamentosi, ma la sua morale potrebbe essere estesa a tanti altri settori. Non è sufficiente “essere”, bisogna anche “fare”, entrare in azione, scendere dal piedistallo (il più delle volte, un piedistallo autoreferenziale) e sporcarsi le mani.
Esatto, spesso è più facile, forse più comodo, lamentarsi che agire.
“Era il più grande imbecille che Madre Natura”
Un incipit che mi ha catturato 😂
Ahahahaha mi fa piacere! È grazie mille per avermi segnalato quel refuso, non me ne ero resa conto! 😃
Di nulla! In questa community cerchiamo di aiutarci a sistemare i testi 😉
Grazie! 😃
Forte! L’ho bevuto come una buon boccale di birra fresca, ben filtrata, con tanta schiuma, gradevolmente amarognola e molto piacevole soprattutto nella sorsata finale.
Grazie! È tanto che non scrivo, sono arrugginita, quindi il complimento vale doppio
Che dire… tutto mi aspettavo tranne la frase finale! E come dice Roberto è davvero una metafora azzeccata di come amiamo lamentarci. Ma al di là del divertimento nella lettura penso che ci sia anche un messaggio più profondo sul rapporto tra i due fratelli dei quali uno è la guida e l’altro lo segue ciecamente (anche se a parole non lo ammette). Ottimo!
😂Bella metafora di come ci piace lamentarci per il gusto di farlo.
Assolutamente! Credo che pochi ne siano immuni ( io sicuramente no😂)