Il Contadino del fuoco

Serie: Il cibo si racconta


Non volevo fare il contadino.

Non lo volevo da ragazzo, quando la terra si infilava sotto le unghie e la schiena bruciava già al mattino. Quando le giornate sembravano eterne e il tempo si misurava in sacchi di patate da raccogliere o in secchi d’acqua da portare. Lo dicevo a me stesso, mentre seguivo mio padre tra le file ordinate dell’orto, convinto che altrove — da qualche parte oltre quella siepe — ci fosse il vero mondo. Il mondo dove le mani non puzzavano di letame e non si lavorava sotto il sole, ma sotto luci teatrali, con giacche bianche, coltelli affilati e un fuoco che non serviva per scaldarsi, ma per creare.

Sognavo la cucina.

Ma non quella di casa, dove si cuoceva tutto nello stesso pentolone e il pane era quello fatto in campagna, duro e sincero. No, io immaginavo un mondo dove il piatto fosse un racconto, dove la tecnica fosse arte, dove la cipolla venisse tagliata in mille modi diversi e il pomodoro non fosse solo una conserva per l’inverno.

Così, sono partito.

Ho preso la mia voglia di altrove e l’ho messa al servizio della cucina. Ho viaggiato, lavorato in ristoranti importanti, cucinato per clienti eleganti, in lingue diverse, con ingredienti esotici e cucchiai di precisione chirurgica.

Ho vissuto per anni tra pass, servizi, brigate e numeri da gestire. Ho insegnato, ho scritto, ho costruito team e aperto cucine. Ho portato la mia idea di cibo nel mondo, convinto che la terra fosse alle spalle. Una stagione da dimenticare.

Eppure la terra è rimasta.

Non sotto le scarpe, ma nelle mani. Nei gesti. Nella memoria.

Me ne sono accorto col tempo, senza volerlo.

Ogni volta che affetto un pomodoro ben maturo e sento il rumore della pelle che si spezza sotto la lama, lì dentro c’è la campagna.

Ogni volta che faccio sciogliere lentamente la cipolla nel burro, e l’odore mi colpisce come un ricordo, è come se sentissi ancora mia madre chiamarmi dalla finestra.

La terra non si nega. Si trasforma.

Mio padre seminava con precisione, curava il ritmo delle stagioni, osservava le piante come si osservano i figli. Con cura, ma senza troppe parole.

Io oggi impiatto con altrettanta attenzione, cercando l’equilibrio, il silenzio, il gesto che funziona.

Lui portava vita dal nulla. Io cerco senso nel caos. Ma entrambi mettiamo le mani nella materia viva per trasformarla.

Lui lo faceva con la zappa. Io con il cucchiaio.

Per anni ho pensato di essere andato lontano.

Ma forse ho solo preso un’altra strada per arrivare nello stesso luogo.

C’è una frase che ho sentito una volta: “Si diventa veramente adulti quando si smette di combattere le proprie radici.”

Io non le ho vinte, quelle radici.

Ho solo imparato a usarle come base. Per raccontare meglio, per cucinare con più verità, per insegnare senza fingere di essere altro.

Oggi, camminando nei parchi di Praga con Emy, la mia labrador fedele, penso spesso a mio padre.

Alla sua lentezza che era concentrazione. Alla sua testardaggine che era disciplina. Alla sua solitudine che era scelta.

Non ho costruito una famiglia come la sua, è vero.

Ho vissuto in hotel, guidato cucine in Paesi lontani, dormito poco e parlato tanto.

Ma credo di aver lasciato qualcosa. Nei cuochi che ho formato, nei racconti che ho scritto, nei piatti che ho servito come fossero lettere non spedite.

E se oggi un giovane cuoco mi chiedesse da dove vengo, non direi Venezia o Milano. Direi: da un campo, da un fuoco, da un silenzio.

Sono figlio di un contadino.

Solo che oggi semino memoria e raccolgo sapori.

Sono un contadino del fuoco.

Serie: Il cibo si racconta


Avete messo Mi Piace1 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Davvero molto bello questo inizio serie. Colpiscono i parallelismi, il complicato rapporto generazionale, la continua lotta con e contro le nostre radici. Quel ‘da dove veniamo’ che ci sta sempre stretto, a noi che restiamo e a noi che ce ne andiamo. La cucina come arte, un piatto creato dalle stesse mani sapienti che un tempo coltivavano la terra. Non lo so dove ci porterai, in quale viaggio, ma mi unisco volentieri alla compagnia.

  2. Un avvio stimolante, mi son ritrovato perfettamente nel legame che enfatizzi tra cucina e materie prime, e la loro prevenienza. E proprio sulla provenienza, mi è piaciuto il parallelo che hai proposto con quella che appartiene agli individui, a ognuno di noi. Grazie per la lettura