Il diario di Giacomo

Serie: L'eredità di Giacomo


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Thomas apprende che Giacomo era suo padre

Dopo la ripartenza guidai in silenzio. 

Jűrgen dormì o forse finse di farlo per non disturbare i miei pensieri

Arrivati a casa poco dopo mezzanotte mostrai a Jűrgen la sua camera e, augurandogli una buona notte, mi ritirai nella mia.

Tolsi i quaderni dalla borsa e li sfogliai soffermandomi sulle pagine che mi riguardavano.

Nel primo quadernetto conobbi un Giacomo giovane e brillante, spesso impegnato nell’organizzazione di feste ed eventi che animavano il paese. Gestiva un bar nel quale passavano tanti abitanti della valle e di tutti conosceva la storia, anche quella meno nota che veniva sussurrata o gridata a notte fonda, quando l’alcol prendeva possesso del cervello e rivelava sia verità nascoste che segreti di Pulcinella. Un uomo dalla lingua sciolta, disinvolto e apprezzato dagli amici e dalle donne. Si sposò ben maturo, dopo i quarant’anni, con Clara, la zia di mia madre, e non fu un matrimonio felice: la natura estroversa di Giacomo e la rigidità bigotta della moglie fecero arenare il rapporto su spiagge di totale indifferenza.

Ricopiai sul computer gli episodi che riguardavano la vita di mia madre e la mia.

30 settembre 1996

Di tutte le cazzate che potevo fare nella mia vita ho fatto la peggiore. Da un po’ di tempo Roberta e i suoi amici frequentano il bar, lascio loro la saletta, mettono musica, ballano e non risparmiano le birre. Mia nipote si è fatta donna, quella ragazzina che facevo ridere lanciandola per aria non esiste più, al suo posto una bella ragazza che tutti i suoi amici corteggiano. Ieri sera non volevano saperne di andare a dormire e, seppure a malincuore, ho dovuto invitarli a lasciare il locale. Lei si è scusata per l’ora tarda e si è offerta di aiutarmi a fare chiusura. Finito di pulire ha voluto il bicchiere della staffa. Avevo visto che era già piuttosto allegra e lo ero anch’io: erano passati Manuel e Franco e qualche bicchiere era sceso in gola. Ma facciamola breve: bicchierini di mirtillo ne abbiamo bevuti almeno tre per poi ritrovarci, senza un minimo di ragionamento e di pudore, sdraiati sul pavimento a far l’amore. Lei ha diciassette anni e io quarantanove e mi sento una merda.


15 ottobre 1996

Mi sono messo in grossi casini, a parte l’episodio con Roberta, che non ho più visto, ho denunciato Rino per la scomparsa di Elisa, una ragazzina di undici anni poi trovata morta ai piedi di un dirupo. L’ho solo sognato Rino che la rincorreva, ma so chi è e so che la mia non è solo suggestione e che non sono pazzo. Comunque, suoi amici di un paese vicino hanno testimoniato a suo favore e ora ho io una denuncia per falso e il sospetto, di molti, che sia il reale colpevole. Non lo sono e i primi a scagionarmi sono stati i genitori di Elisa con i quali ero a pranzo.


21 febbraio 1997

Il processo è finito. Rino scagionato dalle accuse e io condannato per falsa testimonianza. Tanti mi odiano, anche mia moglie Clara. Vendo il bar, così pago le spese processuali e il risarcimento a Rino, mi separo e vado a vivere in Baviera dove ho trovato un locale che potrebbe diventare un’ottima gelateria.


12 ottobre 1999

Sono in vacanza sul lago di Garda. Ne ho approfittato per andare a salutare gli amici che non vedevo da due anni. Ho saputo che Roberta ha avuto un bambino e che vive a Bologna. Il periodo in cui è nato e la mancata attribuzione di paternità hanno creato in me mille pensieri. Clara, che sono andato a trovare per farmi raccontare i fatti, l’ha definita “puttanella” e per la prima volta, anche se mi ha regalato quattordici anni di inferno coniugale, l’ho odiata. Devo parlare con Roberta e, che sia o meno il padre del bimbo, la devo aiutare.


30 ottobre 1999

Sono riuscito a rintracciarla. Non le ho neanche chiesto se Thomas fosse mio figlio, mi è bastato vederlo. Non vuole nulla e si prende tutte le colpe di quanto è successo, dimenticandosi le mie. Ho insistito per avere il suo conto corrente e le ho detto che, se non vuole nessun aiuto per lei, accetti almeno che pensi al futuro di Thomas. Ha acconsentito alla condizione che non pretenda di averne la paternità e solo se le giuravo che non gli avrei mai detto nulla.


15 maggio 2000

Roberta si è sposata con Giorgio, da ciò che so è un bravo ragazzo. Spero possa essere felice.


16 febbraio 2010

Il marito di Roberta è morto, lei non vuole comunque che Thomas sappia del vero padre. Quanta sofferenza, sia per lei che per me.


2 aprile 2015

Roberta ha un tumore al seno. Ha una forza incredibile e non vuole nessun aiuto, ma è infelice e lo sono anch’io. Ha paura che incontri nostro figlio e non mi vuole a Bologna. Lui è sempre distante.


26 giugno 2018

Roberta è morta. Le ho disobbedito e le ero accanto. Con me, solo Margherita, la cugina di secondo grado che l’ha aiutata fin da quando è scappata dal paese. Prima di morire mi ha chiesto di controllare Thomas senza entrare nella sua vita, come mi sarà possibile non lo so. Ancora ha voluto che giurassi che non gli avrei detto nulla. È la pena che devo pagare per la mia colpa.


28 dicembre 2024

Sto morendo, questo compagno di viaggio è più forte di me e non mi lascia ancora molto tempo. Ho dato a Jűrgen disposizioni per l’eredità, così che Thomas abbia un futuro migliore del presente che sta vivendo. Non è cattivo, ma non ha nessuna stima di se stesso e nessuna ambizione. Spero che la mia morte e ciò che riceverà possano permettergli di cambiare vita.


Avrei voluto piangere per diluire la tristezza. Tristezza per mia madre alla quale avevo dato poco affetto e molte preoccupazioni e tristezza per l’esistenza infelice di Giacomo che tanto aveva pagato quell’unico grande errore che mi aveva dato la vita.

Serie: L'eredità di Giacomo


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