
Il Diavolo fa le pendole (1/2) – Dissonanze
Serie: L'angoscia e l'ignoto
- Episodio 1: La mia casa è laggiù (1/4) – Sogno numero uno
- Episodio 2: La mia casa è laggiù (2/4) – Sogno numero due
- Episodio 3: La mia casa è laggiù (3/4) – Fuori dal sogno
- Episodio 4: La mia casa è laggiù (4/4) – La scelta
- Episodio 5: Polvere (1/2) – Memento, homo
- Episodio 6: Polvere (2/2) – Come la sabbia nella clessidra
- Episodio 7: L’App delle risposte (1/2) – Quando moriremo?
- Episodio 8: L’App delle risposte (2/2) – Ore 02:37
- Episodio 9: Inferno (1/2) – Luce e ombre
- Episodio 10: Inferno (2/2) – Occhi
- Episodio 1: Babau
- Episodio 2: Il Diavolo fa le pendole (1/2) – Dissonanze
- Episodio 3: Il Diavolo fa le pendole (2/2) – Oscillazioni
STAGIONE 1
STAGIONE 2
Si fermò appena varcata la soglia della grande sala vuota tranne che per un tavolo da pranzo in legno e un imponente orologio a pendolo stranamente in funzione. Due pensieri si fecero strada nella sua mente. Il primo era che finalmente aveva trovato qualcosa di interessante da recuperare prima della demolizione della vecchia villa. E sinceramente non capiva il motivo per cui si volesse abbattere quella costruzione ancora in buone condizioni e testimone di uno stile che avrebbe potuto dire la sua tra quelle nuove e anonime case che avevano iniziato a infestare il quartiere da qualche anno.
Il secondo pensiero invece lo preoccupava. Qualcuno era stato in quel luogo negli ultimi due o tre giorni. Dei tre pesi dell’orologio, quello centrale, il peso che fornisce la forza per muovere il meccanismo delle sfere, era a metà altezza. La sua esperienza gli diceva che una carica completa avrebbe permesso alle lancette di rincorrersi per circa una settimana, quindi il calcolo era presto fatto.
Spostò la sua attenzione sul tavolo da pranzo: un buon pezzo, in legno massiccio, in perfette condizioni, di dimensioni adatte alla maggior parte delle sale da pranzo delle ville nei dintorni. Un ottimo affare anche quello. Il tavolo e il maestoso orologio a pendolo lo avrebbero ripagato del lavoro che lo attendeva per spostare gli oggetti nel laboratorio e per il successivo restauro.
Si avvicinò all’orologio e lo osservò con cura. Notò le ragnatele e lo spesso strato di polvere compatta che si era accumulata su ogni centimetro della superficie del mobile di legno e sugli sportelli vetrati che coprivano il quadrante e il vano con i pesi e il pendolo. Attraverso il vetro vide che all’interno la presenza polvere e ragnatele sui pesi e sul disco in ottone lucido che oscillava instancabile era minima. Un inequivocabile indizio dell’ottimo stato del mobile. Provò ad aprire lo sportello e notò una certa resistenza; insistette e quando questo si mosse di scatto liberò una nuvola di polvere che lo costrinse a indietreggiare e chiudere gli occhi. Gli starnuti arrivarono subito dopo.
«Maledetta allergia!» disse prendendo fiato.
…ergia-a-a, ripeté la stanza vuota.
Quando si riprese notò che in alcuni punti la polvere aveva liberato il legno del mobile e questo appariva in tutto il suo splendore, in particolare dove aveva appoggiato le dita per aprire lo sportello.
«Castagno» disse a voce alta. «Sublime!»
…blime-e-e, si fece sentire ancora il riverbero del suono.
Continuò l’ispezione eliminando buona parte delle ragnatele e aprendo i due piccoli sportelli laterali per una prima valutazione delle condizioni del meccanismo. Anche qui era presente una minima quantità di polvere. Pensò di prendere la bomboletta di aria compressa dalla sua valigia degli attrezzi, ma cambiò idea pensando agli effetti che avrebbe avuto sulla sua allergia. In laboratorio avrebbe indossato una maschera di protezione adatta che purtroppo non aveva portato con sé. A prima vista molle e ingranaggi erano in buono stato, il ticchettio regolare e secco. Non si udivano cigolii e sfregamenti vari. Soddisfatto di quello che aveva visto richiuse i due sportelli e si avviò verso l’uscita della stanza. Aveva pensato di rientrare e riprendere il lavoro l’indomani, tornando con i suoi due soci e con il furgone per caricare il tavolo e soprattutto l’orologio. Ma il secondo pensiero non lo lasciava tranquillo. Il pendolo era in funzione. Chi aveva provveduto alla carica qualche giorno prima avrebbe potuto tornare e rubare o, peggio, danneggiare quel capolavoro.
Ne ho viste di cose… pensò sorridendo. Il sorriso si spense subito mentre pensava agli effetti di atti vandalismo che aveva avuto modo di vedere nel corso degli anni di lavoro. Case abbandonate, piene di opere distrutte da coglioni calzati e vestiti solo per il gusto di divertirsi…
«No» disse a voce alta. «L’orologio lo portiamo via adesso.»
… desso-o-o.
Prese il telefono per chiamare i suoi soci in laboratorio.
L’orologio iniziò a suonare.
La melodia che pervase la stanza aveva un volume giusto, il suono era nitido, armonioso. Ma il tema non era quello che ci si sarebbe aspettati da un orologio come quello. Era una semplice scala di un’ottava, ascendente e discendente, una scala minore armonica. Quella sequenza di suoni che ricorda melodie orientaleggianti. I rintocchi per segnare le ore lo sorpresero ancora di più. Due suoni distanziati da un intervallo dissonante, il tritono, l’intervallo del Diavolo. Mano a mano che il riverbero della grande stanza vuota restituiva i suoni, questi si accalcavano uno sull’altro generando una percezione acustica sempre più confusa.
Contò i rintocchi. Tredici. Poi, quando anche il riverbero cessò, tornò il silenzio. Le lancette segnavano le sei e dodici minuti. Controllò l’ora sul suo telefono. Le diciotto e dodici. Perfetto. A parte quella assurda suoneria e il fatto che si fosse attivata proprio in quel momento.
Si rese conto che il tono di chiamata del telefono era ancora attivo. Il numero sul display era quello del laboratorio. Ma nessuna risposta.
Chiuse la chiamata e riprovò subito dopo. Nulla. Anche i numeri privati dei suoi soci squillavano senza esito.
«Cazzo!» esclamò ad alta voce. «Mai quando servono!»
… ervono-o-o.
Si ripromise di richiamare dopo alcuni minuti e si concentrò ancora sull’orologio. Quasi con timore aprì lo sportello del quadrante per spostare manualmente in avanti la lancetta dei minuti. Lo considerava un sacrilegio, ma prima di ritentare con il telefono voleva sentire ancora quella suoneria.
Serie: L'angoscia e l'ignoto
- Episodio 1: Babau
- Episodio 2: Il Diavolo fa le pendole (1/2) – Dissonanze
- Episodio 3: Il Diavolo fa le pendole (2/2) – Oscillazioni
molto realistica e minuziosa la descrizione dell’orologio e della musica. non sapevo esistesse un tipo di tono chiamato l’intervallo del diavolo, devo andarmelo ad approfondire, mi hai incuriosita. non so perchè, ma non credo sia stata una buona mossa tirare indietro l’ora…ma staremo a vedere la seconda parte!
Mi ha sempre affascinato l’intervallo del davolo, da quando, da bambino, studiavo pianoforte. E gli intervalli in generale, ovvero come due semplici suoni in una scala possano evocare sensazioni molto diverse tra loro. La genialità della musica…
“…ergia-a-a, ripeté la stanza vuota”
mi ha colpita molto questo passaggio. non la chiami eco, attribuisci il suono alla stanza, rendi la casa una cosa viva. continuando a leggere, quando si ripresentava il suono, mi venivano i brividi perchè la sensazione è quella di non essere soli, di aver a che fare con un qualche tipo di presenza. ho notato invece che il protagonista non ha reazioni in proposito, come fosse abituato alle case che parlano…
Ciao Irene. Mi hai dato un grande suggerimento. Il protagonista non ha reazioni quando sente riverbero della sua voce. Come dici tu potrebbe essere abituato, ma invece potrebbe essere un ottimo punto per introdurre la paura in modo sottile. Il protagonista che percepisce che qualcosa non va come dovrebbe ma in qualche modo si tranquillizza perché dopotutto è solo una stanza vuota…
Sai cosa ti dico? Proverò a modificare quel passaggio…
Grazie!
L’elemento dei rintocchi dell’orologio mi ha ricordato La Mascherata della Morte Rossa di Poe, e come ho già detto, seppur in chiave moderna, il modo che hai di scrivere mi ricorda spesso questo autore. Questo racconto in particolare è davvero claustrofobico: ambientazione silente, immobile, in una vecchia villa disabitata e piena di polvere. L’immersione è quasi dovuta.
“che avevano iniziato a infestare il quartiere da qualche anno.”
Interessante come il termine “infestare” venga usato per le case nuove e non per la vecchia villa, in controtendenza a un certo cliché, se vogliamo.