Il generale del Terzo Mondo

Indossò gli occhialoni, si sistemò il berretto e corse al carro armato.

L’attendente lo accolse con un saluto. «Signore».

«State pronti».

Dopo essere entrato, il generale fece capolino dalla cima della torretta e agitò un braccio.

La colonna si mosse al suo ordine.

I carri armati sollevarono molta polvere, dietro i blindati e i camion carichi di truppe.

Le forze meccanizzate aggirarono i corazzati e si gettarono a capofitto sui reparti ribelli.

I ribelli sgranarono i fucili russi, tutti prede di guerra, ma di fronte alla forza arrembante delle truppe governative non ce la fecero: dovettero arretrare.

Il generale controllò la situazione della battaglia dal carro comando mentre i corazzati intorno sparavano cannonate accanendosi sui ribelli in fuga. «Non mi piace, possono sempre trovare una maniera per fuggire nel paese confinante e per noi sarebbero guai».

L’attendente lo ascoltava. «Cosa intende fare, signore?».

«Dobbiamo compiere una manovra a tenaglia, ma ci sono questi rilievi scoperti. I corazzati rimangono qui, le truppe meccanizzate devono scendere dai blindati e i camion e attaccare ai lati. Noi inchioderemo i ribelli con i cannoni».

L’attendente obbedì. Trasmise gli ordini via radio.

I soldati obbedirono a loro volta e, con i cannoni dei carri armati che martellavano i ribelli, le forze governative agirono in quella maniera.

Il generale assisté alla scena e se i ribelli morivano anche i soldati governativi subivano la stessa sorte, i corpi che rotolavano più in basso e tutto diventò lo stesso sangue.

I ribelli non fuggirono nell’altro paese, rimasero immobili fino all’ultimo e morirono.

Il generale si fregò le mani. «Ce l’abbiamo fatta». Aveva voglia di festeggiare.

«Signor generale, sì, abbiamo avuto un successo ma molti dei nostri sono morti».

Il generale sorrise come se fosse uno stupido. «Mio caro, allora tu non hai capito nulla» esclamò.

«Cosa dovrei capire?». Era a disagio.

«A me non interessa nulla della vita dei soldati, né che i ribelli vincano o perdano, ma questo!». Gli fece un gesto più che facile da comprendere.

«Soldi?».

«L’assegno che le ditte di armi mi sganciano perché la guerra prosegua».

«Oh, capisco».

Il generale scoppiò a ridere. Era sul serio venuto il momento di fare festa.

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Discussioni

  1. Il tuo personaggio è estremamente cinico nel suo modo di comportarsi, agire e parlare. Hai descritto come in una fotografia, con poche parole, ma efficaci, quello che è il reale valore di una guerra: il valore economico. E’ moto triste, ma molto vero. Il tuo racconto fa pensare