Il marinaio e la sua sposa (parte seconda)
Serie: Brevi minime di quotidiana transitorietà
- Episodio 1: Balera
- Episodio 2: Temporale estivo
- Episodio 3: Il marinaio e la sua sposa (parte prima)
- Episodio 4: Il marinaio e la sua sposa (parte seconda)
STAGIONE 1
Quella notte, il loro letto divenne uno spazio di conflitto. Entrambi girati verso il muro, ognuno nella propria casa mentale, divenuta reale, erano incapaci di trovare il coraggio di avvicinarsi. Si accorsero che le parole non dette, la distanza emotiva e le consuete domande tralasciate pesavano come macigni. Il silenzio si fece muro.
La domenica mattina, però, portò con sé una luce nuova. Aurora si alzò prima dei genitori che, ancora stanchi dalla discussione, cercavano di prolungare il sonno.
La bambina scattò dalla sua stanza e saltò sul letto, sdraiandosi facilmente tra i due, iniziò a spintonarli con i fianchi.
“Perché tanta esuberanza?” chiesero, ancora assonnati.
“C’è un leggero vento di bora, ma sembra una bellissima mattina di primavera. Voglio andare in spiaggia e ascoltare le storie di mare del babbo. Quelle che hanno fatto innamorare la mamma.”
Antonio e Sara si guardarono. Sorrisero dopo tanto tempo. Quasi dimenticarono la discussione della sera prima, si alzarono ed esclamarono: “Va bene!”
Camminarono verso la riva. Sulla battigia, tolsero le scarpe e iniziarono a passeggiare. Antonio raccontava delle battute di pesca più avventurose, spesso inventate. Aurora saltellava radiosa, evitava le onde e poneva domande per ascoltare il proseguimento delle storie. Sara nascondeva per orgoglio il sorriso, ma cadde nella trappola di quei racconti tempo prima.
Ricordava ancora il giorno in cui lo aveva visto per la prima volta: capelli spettinati dal vento e occhi che brillavano di un’energia contagiosa, la stessa che lo contraddistingueva quando narrava le sue storie. Era stato amore, il classico colpo di fulmine tanto usato e blasonato nei romanzi e programmi televisivi.
Antonio aveva appena finito di narrare la prima storia raccontata a Sara, la sua preferita. Una storia del tutto fantastica, di quando con nonno Pietro riuscì a divenire pescatore esperto, con le mani callose e gli occhi che avevano visto più tramonti di quanti potesse ricordare.
Un giorno, durante una battuta di pesca, sentì un peso incredibile alla lenza. Pensò a un pesce enorme, forse un tonno. Ma quando tirò su, vide una creatura mai vista: un pesce con squame scintillanti come oro, occhi grandi e luminosi come il fuoco del camino che cuoce le caldarroste; in quel momento, la creatura aprì una bocca enorme, piena di denti aguzzi. Nonno Pietro, terrorizzato, tagliò la lenza. La creatura scomparve lasciando il vecchio pescatore e il figlio a bocca aperta. Da quel giorno, Antonio divenne un pescatore forgiato dall’esperienza. Ogni volta che guardava il mare e ricordava quella creatura misteriosa, si chiedeva se fosse stato un sogno o un incontro straordinario.
Finito il racconto, la bambina, già felice e paga di quei momenti, si girò di colpo verso il marinaio e la sua sposa.
“Babbo, Mamma… vi voglio bene!”
Quelle parole, semplici, risuonarono nella mente dei genitori.
Sara accarezzò suo marito, che si sentì accolto dopo tempo immemore. Pianse lacrime d’anima, silenziose.
Antonio sfiorò la morbida guancia della moglie riscoprendo il calore di lei, tracciò una pennellata invisibile su quella candida pelle.
Sara riscoprì il tepore della mano callosa di lui, che subito afferrò.
I passi dei due, ora, erano sincronizzati. Mano nella mano, avanzavano sulla battigia, intrecciati come rami d’alberi, lasciando dietro di sé sbiadite tracce sulla sabbia umida. La leggera brezza le scompigliava i capelli biondi in un gioco di luci e ombre. Antonio, con un gesto delicato, li sistemò dietro l’orecchio.
Trattenne il respiro.
In quel contatto fugace, sentirono che l’amore non era svanito: era lì, in attesa di essere riscoperto.
Aurora con la sua innocenza aveva aperto la stiva e orientato la prua di quella imbarcazione chiamata vita verso nuovi orizzonti.
Così, mentre il mondo intorno a loro continuava a girare vorticosamente, il marinaio e la sua sposa si fermarono un istante, guardandosi con la consapevolezza di aver ritrovato un pezzo di sé nell’altro. E di poter costruire, insieme, la loro vita non più come due case e due letti distanti, ma come un’unica casa, con un’unica tavola e un unico letto in cui l’abbraccio riscaldasse le loro notti condivise.
Antonio proseguì con il suo lavoro di pescatore, ma nei momenti di pausa iniziò a portare a termine le letture. Per ogni libro terminato scriveva una lettera a Sara: impressioni, pensieri e domande. Ogni notte, anche senza libro, scriveva comunque alla moglie, chiedendole come stesse e cosa avesse fatto in sua assenza.
Non grandi discorsi, non poesie, ma parole nude, sincere.
Al rientro, poggiava le lettere sul comodino di lei, faceva la doccia per levarsi l’odore acre di pesce, si coricava e abbracciava l’amata. Cercava nel respiro regolare di lei un sussurro che lo cullasse, quella culla non venne più abbandonata. Antonio abbracciava Sara fino al suo risveglio.
Ogni mattina, Sara rispondeva con una lettera che poggiava sul comodino di lui, quando non condividevano la colazione.
Durante la pesca, Antonio scriveva anche ad Aurora, inventando storie di mare e chiedendole come fosse andata la giornata.
Al ritorno, lasciava la lettera nel letto della piccola.
Aurora si svegliava trepidante, felice di leggere le storie del babbo.
Anche lei scriveva una lettera in risposta, esprimendo il piacere della lettura, parole di vicinanza che rendevano meno pesante l’uscita al largo di Antonio.
Ogni lettera si chiudeva con il desiderio di ciò che avrebbero voluto fare nei momenti insieme.
Le parole, assenti per troppo tempo, divennero un ponte delicato tra l’insegnante d’arte e il suo sposo marinaio.
Quando Aurora crebbe, e il mare lasciò il posto al banco della pescheria del padre, decise di voler scrivere una storia.
Intrecciò le vite dei tre e scrisse una storia di vita comune, di ancore gettate per serenità e vele ammainate per mari placidi ma pieni di vitalità. La storia di una figlia che, nella vita dei genitori, imparò a scoprire aurore nei tramonti.
Serie: Brevi minime di quotidiana transitorietà
- Episodio 1: Balera
- Episodio 2: Temporale estivo
- Episodio 3: Il marinaio e la sua sposa (parte prima)
- Episodio 4: Il marinaio e la sua sposa (parte seconda)
Ciao Mattia. Il tuo racconto ha un avvio molto efficace «Quella notte, il loro letto divenne uno spazio di conflitto» che è una frase pulita, tesa, che contiene già tutto il disagio senza bisogno di spiegazioni. Da lì, la narrazione si muove con coerenza verso una ricomposizione credibile, costruita su gesti semplici e immagini quotidiane come, sopra tutte a mio avviso, ‘le mani che si cercano’.
In alcuni punti il testo tende a esplicitare ciò che sarebbe già chiaro attraverso le azioni, ma questo non ne indebolisce il cuore perché la riconciliazione di cui parli non è magica né definitiva, è un processo fatto di attenzione, ascolto e parole ritrovate. Aurora è una presenza riuscita, non salvifica ma rivelatrice, e accompagna il lettore verso un’idea di amore che resta.
Trovo che, nel complesso, il racconto trasmetta fiducia e trovi la sua forza maggiore nella delicatezza con cui tu scegli di raccontare il ricucire, più che lo strappo.
Aurora che si infila nel letto scioglie il gelo con un gesto semplice e vero. La battigia, le storie inventate e quel “vi voglio bene” rimettono in asse la coppia senza prediche. Bellissima l’idea delle lettere: parole piccole ma costanti che ricuciono. E la chiusa con Aurora che scrive chiude il cerchio con dolcezza.
Bello 😉