
Il Mio Caro Amico
Gli occhi di Lucy mi fissavano, vacui e inanimati, mentre fluttuavano all’interno d’un bicchiere colmo d’acqua. Rappresentavano il regalo di bentornato a casa che Il Mio Caro Amico mi aveva riservato, quella sera.
All’epoca lavoravo come commesso in una bottega di prodotti alimentari, nella periferia d’una grigia cittadina. Avevo girato molti paesi, sempre accontentandomi delle modeste occupazioni che mi venivano offerte. Quel particolare lavoro era perfetto per la mia indole solitaria: svolgevo quasi sempre il turno pomeridiano e fino alla chiusura mi capitava di dover servire pochi clienti, silenziosi e desiderosi di tornare velocemente a casa, prima che calasse la notte.
Il Mio Caro Amico veniva a trovarmi anche in quel piccolo negozio. Perdonatemi, non ho mai dato un nome a questa creatura che da diversi anni s’intrufola con insistenza nella mia vita. Normalmente appariva poco prima del tramonto e le avvisaglie del suo arrivo erano diverse ogni volta: la temperatura calava all’improvviso, facendomi gelare il sangue, o un disturbo elettrico spegneva di colpo tutte le luci; o, ancora, una coltre di fumo luminescente si insinuava da sotto la porta.
La costante era che Il Mio Caro Amico compariva sempre quando ero solo. Sapeva, sempre, quando sarei stato solo. E infine eccolo dinanzi a me, un orrido essere galleggiante nell’aria, vestito di stracci e con in testa un cappello consunto da stregone. Le dita erano rattrappite e verdastre e annaspavano, come se per avanzare dovesse in qualche modo nuotare. E il volto, signori miei, se lo vedeste vorreste poterlo dimenticare all’istante, o urlereste prede della follia più nera: un viso raggrinzito da cento rughe, una bocca da pescecane che si muoveva come a voler parlare, ma non una parola usciva da essa. Non gli serviva la voce: gli occhi, gialli e sempre fissi nei miei, lasciavano intravedere l’indicibile orrore celato in quella creatura. E portava doni. Tutte le volte.
La prima volta che lo incontrai fu dopo il funerale di mia madre, avevo quindici anni. Mia madre cadde dalle scale di casa nostra e batté la testa contro gli ultimi scalini, morì in ospedale dopo aver mormorato, pare, il mio nome per diverse ore. Il Mio Caro Amico mi apparve qualche sera dopo, svegliandomi da un sonno senza sogni: lo vidi di fianco al mio letto, avvolto dall’oscurità ma in qualche strano modo perfettamente visibile. Provai a urlare, credo. Lui sembrava in attesa, divertito dalla mia espressione, fino a quando non aprì la sua mano sinistra, e tra le dita teneva quella che riconobbi essere una ciocca dei capelli di mia madre.
Un dono, appunto. E tanti altri ne sarebbero seguiti, a ogni visita. Doni legati a persone che anche solo brevemente avevano incrociato la mia vita.
Ho pensato che cambiando abitazione, città, prima o poi se ne sarebbe andato, ma per ora non è successo. Così mi sono ritrovato a aprire la porta di casa mia, l’altra sera, e gli occhi di Lucy hanno subito catturato l’attenzione dei miei.
Lucy è la mia vicina di casa. Era la mia vicina di casa. Non che fosse proprio un’amica, diciamo che era la persona più vicina a esserlo. Il Mio Caro Amico, quella sera, si trovava a fianco del bicchiere. Immobile. Ho provato a urlare, alla vista del suo macabro regalo, ma nuovamente non ci sono riuscito. Il Mio Caro Amico ha afferrato il bicchiere, alzandolo come a voler fare un brindisi, e dopo averlo poggiato nuovamente sul tavolo è sparito.
I giorni successivi sono più confusi. Il corpo di Lucy, occhi a parte, è stato trovato nel suo appartamento, squartato e sezionato come da cento coltelli. Così mi ha detto il mio avvocato, quantomeno.
Il mio avvocato si chiama Thomas. Si chiamava Thomas. Un omino gracile, di mezza età, stranamente a disagio all’idea di occuparsi della mia difesa legale. Ho dovuto affidarmi a lui dopo che la polizia mi ha interrogato più volte, con sempre maggiore insistenza.
A Thomas ho ripetuto, fino alla nausea, quello che avevo già detto ai poliziotti: non ero stato io a uccidere Lucy. Non l’avevo vista quella sera. Non ero stato nel suo appartamento. Non ho menzionato Il Mio Caro Amico: non ho mai parlato a nessuno di lui.
Stavo aspettando, pazientemente, che qualche poliziotto entrasse nella stanza in cui mi trovavo con il mio avvocato e mi dicesse che potevo andarmene, che ero libero, che potevo cambiare città di nuovo, trovarmi un lavoro e attendere le visite del Mio Caro Amico, quando l’ho visto. Alle spalle di Thomas. I suoi occhi gialli e innaturali si sono conficcati nei miei come spilli, la sua bocca da squalo ha iniziato a muoversi, freneticamente, come a blaterare parole sconnesse una dietro l’altra, e le sue mani verdastre si sono chiuse a tenaglia intorno alla testa di Thomas, come una morsa. Le sue dita acuminate sono penetrate negli occhi, mentre l’avvocato ha iniziato a urlare e a dimenarsi e io cercavo di urlare con lui, senza riuscirci. Il Mio Caro Amico ha poi spostato le mani sulla gola di Thomas, e l’avvocato ha smesso di urlare.
Due poliziotti sono piombati nella stanza ma era troppo tardi per il mio avvocato. Mi hanno trovato riverso sul suo corpo con i pollici sporchi di sangue, e mi hanno ammanettato e trascinato fuori.
Sono passati alcuni mesi da allora. Mi trovo in un altro posto, non è proprio una prigione, lo chiamano manicomio. Non so bene quanto tempo dovrò passare qui, il mio nuovo avvocato ha parlato di anni. Ma credo sia pessimista.
Il Mio Caro Amico non si è ancora fatto vedere, ma non mi sono liberato di lui. Sento che è vicino. In attesa.
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Letto! adesso ti dico
Ma che bel racconto! Molto ben dosato nelle descrizioni degli aspetti e degli avvenimenti, caratteristica questa che, come ha già osservato qualcun altro, lo rende fluido e gradevole alla lettura, e per nulla pesante. C’è anche da dire che con me l’horror psicologico centra sempre il colpo, e qui questo aspetto è davvero ben trattato. Complimenti!
Grazie mille! Spero ti piacciano anche gli altri!
Ciao Stefano, questo tuo racconto mi ha catturato dalle prime righe. Scritto veramente bene, stile fluido, descrizioni efficaci senza risultare pesanti. Ma ancora più efficace la costruzione di questo Caro Amico. La cosa più bella è il racconto tranquillo del protagonista. Bravo.
Carlo, grazie mille. Sono molto contento ti sia piaciuto! Spero sarà così anche per i successivi!
Grazie al tuo racconto, la giornata è iniziata nei migliori dei modi. Tralasciando la prosa, ti faccio i miei complimenti al riguardo, il tuo scritto ha tutti gli elementi che catturano la mia attenzione. Il sovrannaturale nell’anormale (o quello che giudichiamo tale), il gioco psicologico alla base. Ho fatto mio un ambiente letterario dark, horror, prima nelle letture per poi proseguire (sfociando nel fantasy) nella scrittura. Come dire… grazie per avermi invitata ad entrare nella casa del tuo protagonista
Sono molto contento se il mio racconto ha rappresentato una nota lieta in questa giornata. Grazie dei complimenti!
Stefano ti devo dire davvero un gran bel lavoro, per la mia modesta opinione. Oserei dire un melange tra genere Poe e Lovecraft.
Mi piace molto questo approccio intimo, con sfumature dark. Mi piace l’invenzione, la storia, il segreto che sta alla base. In termini di contenuto, per quanto mi riguarda, hai fatto centro.
Sulla forma, per quanto scritto bene, c’è a mio parere un margine di perfezionamento. Non parlo di errori ma di finalizzare lo stile al contenuto, affinché sia ancora più d’effetto. Aspetto questo che solo con l’esperienza si può acquisire.
Ma le premesse ci sono tutte per future belle letture.
Ti seguo volentieri.
Roberto, ti ringrazio per il commento e per il suggerimento, ne farò tesoro per i racconti futuri. Seguiranno sicuramente altri racconti, spero ti piacciano come e più di questo 🙂
A presto!
Un racconto horror molto buono e ben scritto che passa in rassegna alcuni dei temi classici che agli amanti del genere piacciono sempre. A me, in particolare, è piaciuto parecchio!
Ti ringrazio! Sono contento ti sia piaciuto