
Il museo delle mummie
I tacchi picchiarono il pavimento, si lisciò la gonna e poi si guardò intorno. Era così bello il museo dell’antico Egitto. Da una parte sarcofagi con tanto di mummie, dall’altra i gioielli funebri…
La gente era curiosa di osservare tutte quelle bellezze e lei se ne compiacque. Tornò in ufficio e lì si dedicò ai suoi documenti. Era arrivato un telegramma dall’Egitto: mentre in Europa già si parlava di guerra fra Germania da una parte e Inghilterra e Francia dall’altra, lei doveva pensare a quelle mummie rinsecchite. Trovava fossero meglio loro che Hitler, Chamberlain e Deladier… e allora si gettò a capofitto sul lavoro.
Dopo alcuni minuti, si rese conto che era tutto molto più complicato. Le autorità britanniche facevano le pulci sul trasporto di alcuni tesori rinvenuti nella piana di Giza con la scusa del conflitto imminente, ma solo che in quel luglio accaldato, lì a Chicago, a lei non interessava nulla di tutto ciò. Era molto meglio lo studio dell’antico Egitto che fare la guerra.
Ma non ci poteva fare nulla.
«Signorina Hobbs, è orario di chiusura».
«Grazie Jim, ma ho ancora da sbrigare alcune faccende».
Il sorvegliante annuì. «Noi andiamo».
«Ma certo, ma certo. Ho io le chiavi…».
Jim andò via commentando: «Ha un bel coraggio, quella: stare tutta sola in questo museo…».
La signorina Hobbs sentì e non sentì, fu una risposta indistinta, ma non se ne curò. Doveva pensare a concludere quella faccenda.
Le ore trascorsero e lei rimase nell’ufficio. Solo quando l’orologio indicò che era mezzanotte ebbe concluso. Si alzò dalla sedia, si stiracchiò e con uno sbadiglio andò alla porta. Presto ci sarebbero state le ferie di agosto ed era meglio terminare quelle faccende al più presto, sennò a settembre si sarebbero accumulate.
Canticchiando una melodia tutta italiana si avviò a recuperare la borsetta, quando sentì il rumore di un vetro rotto.
Impallidì. Doveva trattarsi di un ladro.
Spaventata, scappò al telefono più vicino ma poi sentì altri rumori simili.
Doveva trattarsi di un gruppo di ladri molto numeroso.
Prima di arrivare al telefono, la signorina Hobbs vide delle figure avanzare barcollando e lei lanciò un urlo: erano delle mummie!
Per un attimo pensò si trattasse di uno stupido scherzo e che senza che qualcuno si prendesse la briga di dirle nulla il museo egizio era diventato il set di una pellicola Universal, ma poi intuì che tutto ciò era molto serio. Quelle mummie puzzavano di una morte millenaria, non erano attori.
Scappò, ma poi vide davanti a sé altre mummie.
Si mise le mani fra i capelli, lanciò un urlo stridulo e si sentì svenire, solo che prima che potesse cadere in terra ci fu l’ennesimo rumore di vetri rotti, poi una brezza leggera spazzò via quell’odore di polvere e un uomo con il borsalino entrò in scena.
Con la Bodeo sparò un colpo, poi un altro e un altro ancora.
Le mummie, colpite alla testa, piombarono in terra e si polverizzarono.
«Oh, mio eroe! Tutta colpa di quell’antichissima maledizione…». L’aveva riconosciuto: era un amico di Jim, l’aveva visto tempo prima al bar con quel sorvegliante.
L’uomo si avvicinò alla signorina Hobbs con passo quatto, poi disse: «Oh, Daisy, sì, tutta colpa di quell’antichissima maledizione!». Prese per la vita Daisy mentre con la mano impugnava la Bodeo e lei si rovesciò all’indietro. Si baciarono, poi lei disse: «Sono transessuale».
Lui annuì. «Lo sapevo. E io sono gay».
Si baciarono con ancora più passione.
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Ciao Kenji, finale sicuramente inatteso che mi ha fatto sorridere. Al contempo comprendo la confusione di @berenice.
Ciao Kenji, sempre divertente l’ambientazione in un museo egizio, ma credo di non aver capito il senso del finale. Potrei sbagliarmi, però ho l’impressione che i termini usati non siano pertinenti 🙂
Grazie per il tuo commento!
un finale veramente inaspettato, mi ha divertito
All’inizio doveva essere un finale classico e banale come i film anni ’40 (un bacio fra la ragazza da salvare e l’eroe), poi ho deciso di essere anticonformista. Grazie!