Il nuovo mondo

Serie: Solo


Un ragazzo tenta disperatamente di trovare la pace, in un mondo post-apocalittico che la pace sembra aver perso.

La notte

 

Il sole sta tramontando nella sera fredda e umida. Le tenebre arrivano sempre, nel loro lento cammino, insensibili al bisogno umano di luce e e calore. In quel mondo dove ogni cosa, materiale e spirituale, è distrutta o va sgretolandosi, la notte rappresenta l’inizio di un periodo ostile e periglioso. La notte è paura; freddo; pericolo. Il sonno è sì un bisogno fisiologico a cui non si può rinunciare, ma costituisce anche il momento dove ogni persona abbandona – seppur temporaneamente – il controllo della propria vita, lasciandosi esposto alla cattiveria spietata del nuovo ordine.

Sei solo, sdraiato sulla ghiaia dura e coperto da un telo di plastica sudicio. Provi a rannicchiarti per sentirti al sicuro e sfuggire al freddo, che si intensifica man mano che la notte si inoltra nell’abisso delle tenebre, ora dopo ora. Prima di addormentarti cerchi la zona più alta e scruti l’oscurità in cerca dei qualche luce, segno che non sei solo. Non è una consapevolezza che ti alleggerisce, anzi. Ti senti minacciato, come una lepre che si rende conto di essere preda di un cacciatore; non puoi scappare perché sei stanco, così ti affidi alla vastità dell’ambiente e allo scarso numero di abitanti rimasti. Alla probabilità e al caso. Forse non ti troveranno, perché ti sei accampato nella radura sorta in periferia, lontano dalla strada.

Ora mi capisci? Dormire vuol dire abbassare la guardia, lasciandosi andare a un destino incerto. Mentre ti addormenti, la stanchezza rende la tua mente cinica: probabilmente non mi prenderanno, ripensi; ma potrebbe anche succedere… e ciò non ti importa. Credo sia la chimica del nostro cervello, ormai giunto allo stremo. Ti addormenti augurandoti di non russare, perché in cuor tuo sai che sulla via, qualche metro più in là, potrebbero passare i cacciatori, armati fino ai denti.

Un tempo, la sera costituiva un momento di riposo dalle stressanti giornate passate in ufficio o in fabbrica; la sera ci si rilassava davanti alla televisione o si usciva a brindare con gli amici; si leggeva un buon libro sorseggiando un tè della fragranza preferita. Nel dormire, ci si abbandonava al calore delle coperte, nella sicurezza delle mura domestiche.

C’era la paura del buio, questo è vero. Ma era un sentimento naturale e spontaneo, che poteva essere scacciato via con un pizzico di maturità… ora è diverso; la notte, quando smettiamo di vegliare su noi stessi e sui nostri cari, se siamo fortunati potremmo essere derubati; se ci va male rapiti o le nostre mogli stuprate mentre quelli che hanno già finito – o che aspettano il proprio turno – ci intimano di non compiere mosse false; di guardare, se vogliamo.

La metropoli

 

La metropoli, giungla di cemento, è muta. Il silenzio dei palazzi che toccano il cielo è assordante. L’edera e le sterpaglie si fanno sempre più strada, segno che la vita va avanti oltre l’uomo; è la natura che si riprende ciò che gli abbiamo strappato nei secoli, trionfante per questa vittoria. Di tanto in tanto la città si lamenta, quando il cemento si sgretola e le travi di acciaio si piegano, indebolite dall’acqua, dal freddo e dal fuoco. La creatura dell’edilizia umana sta morendo, ora che è stata abbandonata; il creato la sta torturando sgretolandola pezzo per pezzo.

La metropoli è agonizzante come un corpo in fin di vita, che ha smesso da tempo di esercitare le sue funzioni vitali, i cui organi si spengono uno a uno, le cui ossa logore perdono forza incessantemente.

Nel centro di essa la vita continua, sebbene sconvolta rispetto al passato. Le rudimentali attività commerciali si svolgono nei piani bassi degli edifici sudici e puzzolenti, senza finestre e porte.

Le persone raramente vivono al chiuso: gli edifici del centro si sono trasformati in latrine pubbliche e non sono illuminati. Stabilirvisi è impossibile in quanto colonizzati da ragni, blatte e topi. La gente vive nello squallore in fatiscenti baraccopoli situate sui larghi marciapiedi o lungo le strade asfaltate. Bidoni in fiamme scaldano barboni ubriachi.

Poco più in là la vita sociale cessa improvvisamente e la metropoli si spegne. E’ la zona disabitata, ovvero quella che separa il centro cittadino dal mondo esterno. Qui le strade sono percorse solo da viaggiatori e mercanti. Sono strade pericolose, controllate dai cacciatori, bande di delinquenti in moto pronti a uccidere e saccheggiare chiunque si trovi sul loro cammino.

Chiunque transiti per queste vie, lo fa perché obbligato e il terrore non cessa di gelare la pancia fino a quando non si ha abbandonato la periferia, tornando in centro o al di fuori della città. L’ambiente non fa altro che alimentare lo sconforto, riempiendo i cuori di tristezza.

Nelle stanze e sotto i portici, dove un tempo il mondo viveva, ora restano solo ombre. Scure e minacciose sono le finestre. Le entrate dei palazzi sembrano bocche spalancate di mostri in cemento. Non si dovrebbe entrare nei luoghi che ci incutono timore. Una sensazione ricorrente quando si transita per la metropoli è un misto sconforto, la paura e il sentimento di essere osservati: sei sempre sul filo del rasoio. Fai attenzione a non esporti, resta nell’ombra dei palazzi – non sai chi può osservarti dai piani più alti – e non fare rumore.

Al cammino sull’asfalto i brandelli di vetro scricchiolano e il tessuto logoro del giaccone sfrega contro lo zaino; è un fragore che si distingue nel silenzio, e ti spaventa. Ti spaventa perché tu, piccolo uomo, stai violando il silenzio tombale della metropoli. Non dimenticare poi che se fai rumore, qualcuno potrebbe sentirti. Se sei fortunato ti ritrovi a dover scacciare un lupo affamato;

Se ti va male, sarai costretto a incontrare l’uomo.

L’uomo

 

Nella società civilizzata, la vita vuol dire partecipare a un gioco. Scegli le tue mosse cercando di rispettare il regolamento e sono previste sanzioni per chi trasgredisce la legge. Questo rende la vita relativamente sicura e prevedibile. Nella società civilizzata ogni persona è al suo posto – in sociologia si direbbe “divisione del lavoro sociale”; Per ogni bisogno c’è una persona che vi si dedica, quindi la sua soddisfazione diventa una mera questione economica, mentre una moneta universalmente accettata ci permette di acquistare qualsiasi cosa sia nelle nostre possibilità.

Caldo, gelo, fame e morte erano solo parole per la maggior parte degli abitanti della società civilizzata. Nel mondo di oggi, le parole di cui prima sono una costante, e le persone hanno imparato a farci i conti, dal momento che non vi è possibilità di migliorare la situazione.

Una nazione o una città sono sicure perché le persone condividono e rispettano un qualche sistema di regole e perché chi non le condivide viene punito. Un sistema economico è efficiente perché ognuno fa la sua parte producendo, scambiando e acquistando.

La linfa della società sono le persone, bensì il collante che le tiene unite.

Nel muovo mondo è venuta meno la fetta maggioritaria delle popolazione, ma non per questo esso è così diverso rispetto a prima. Il disastro giunse perché era venuto meno il collante alla società.

Non più regole eque, solo rapporti di forza; non più scambio, bensì furto e rapina; non più dialogo, solo violenza e guerra.

Il potere non esiste come lo conoscevano gli uomini nel vecchio mondo. Esso è frammentato, precario e ingiusto. Bande e organizzazioni paramilitari, criminali disperati, coloro che detengono armi e risorse; questi sono in grado di controllare pezzi di territorio, calpestando le vite di coloro che non aderiscono ai loro malsani progetti. I fini ultimi del potere sono la sopravvivenza e la soddisfazione del primordiale bisogno di sangue.

La zona morta

 

Fuori dalla metropoli, si stende un’imponente area di circa settecento mila chilometri quadrati (poco più del Texas) totalmente desertica. E’ la zona morta, dove la cenere tossica ricopre ogni cosa e l’erba non cresce più. Qui il mondo si è fermato all’istante e nella maniera più violenta. Le costruzioni sono ridotte in poltiglia. L’aria è letale per livello di radiazioni e le acque contaminate da batteri mortali. Alcuni esseri viventi hanno imparato ad adattarsi, mutando in orribili forme semi – umane. Quasi nessuno conosce questo inferno e coloro che possono dire il contrario sono quasi sempre persone pericolose, dalle quali è meglio stare alla larga.

Un tempo qui si trovavano industrie, fonderie e magazzini, oltre che basi militari e aeroporti. Ora non rimane più niente se non sabbia e cenere. Un esercito di cadaveri carbonizzati, che ancora giacciono ai loro posti, in attesa di un ordine. Immobili e silenziosi. L’atmosfera è impregnata da una nebbia secca gialla, infame portatrice di morte.

Ai confini della zona morta, dove le radiazioni sono più blande e gli edifici pericolanti rimangono in piedi, gli uccelli volano per qualche centinaio di metri, per poi virare e fuggire dall’aria infestata, gracchiando a chi guarda dal basso di non proseguire.

Serie: Solo


Avete messo Mi Piace5 apprezzamentiPubblicato in Horror

Discussioni

  1. Ci hai efficacemente presentato il mondo post-apocalittico in cui ambienterai, suppongo, il seguito, che mi interessa molto leggere. Ben scritto, anche se c’è qualche piccolo refuso.
    Mi ha ricordato un genere di letture e di film che mi piace molto, per citare un autore italiano Alan D. Altieri (ciclo di Terminal War) e per citare un film, “I guerrieri della notte”.
    Grazie per la condivisione.

    1. Ti ringrazio per il riscontro, proverò a correggere l’impostazione 😉

      Un autore a cui mi sono ispirato nel modo di scrivere è Cormac McCarthy: il suo romanzo “La strada” mi ha profondamente colpito e trovo quello stile perfetto per rendere l’angoscia e la paura che una situazione del genere, credo, evocherebbe in noi.

  2. Un inizio molto evocativo e ben scritto.
    Da quasi l’idea di una sorta di “legenda”, come quelle mappe, che si trovano subito dopo la copertina nei libri fantasy per introdurre il mondo in cui è ambientata la storia.
    Sono davvero curioso di leggerne il seguito.

  3. Ciao collega postapocalittico. C’è molta potenza nel tuo scrivere, molta chiarezza in questa prima introduzione al nuovo mondo ed ovviamente, in me, molta curiosità su ciò che affronterà il ragazzo. Mi piace il tuo approccio e aspetto nuovi capitoli. A presto