Il Pazzo nel Corridoio

Serie: A piedi controcorrente - Cronache semiserie di un fuggitivo pandemico -


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: L’ingresso in città è come attraversare una soglia invisibile: il mondo fuori resta indietro e dentro tutto sembra ovattato, irreale. Tra rumori, odori e sensazioni contrastanti, il protagonista avverte chiaramente di trovarsi in un luogo che protegge ma allo stesso tempo isola, come una bolla che s

“Maria! Vieni, veloce, che il pazzo è caduto!”

Ho sentito quella voce allarmata infilarsi nelle mie orecchie, e il messaggio arrivato al mio cervello è stato chiaro:

“Alzati, forza. Ci manca solo che ti facciano portare in camera appoggiato alle spalle dello zio…”

Provai a muovere un piede, poi l’altro. Niente.

Il ginocchio protestò come se gli avessi chiesto di scalare l’Everest.

“Dai, veloce! Mi serve una mano per portarlo in camera!” insistette qualcuno sopra di me, con un tono che oscillava tra il panico e il fastidio.

Perfetto. Proprio quello che volevo: un pubblico.

Il mio orgoglio si fece sentire e, a quel punto, dissi:

“No, non c’è bisogno. Grazie, ma ce la faccio.”

In realtà sembravo un cucciolo di foca arenato sulla spiaggia che tenta, con dignità discutibile, di tornare a fatica verso il mare.

“Che è successo?”

Era arrivata Maria.

Il mio stupido orgoglio, in quel momento, era completamente crollato.

“Luigi, mi avevi detto che era matto questo. Ma non credevo di ritrovarmelo disteso per terra nel bel mezzo del corridoio…” continuò lei.

“Non si preoccupi, signora,” risposi, “devo aver appoggiato male il ginocchio, che già mi faceva male, ma non è niente di grave.”

Non riuscivo a credere nemmeno io alle mie stesse parole.

Lei non rispose. Si inginocchiò accanto a me e, mentre mi toccava il ginocchio, disse:

“Se vuoi ripartire, ti conviene restare fermo e farti accompagnare da Luigi sul letto.”

Mentre parlava, mi guardava con gli stessi occhi di una nonna che cerca di calmare il nipote dopo una brutta caduta. Occhi di un azzurro chiaro che facevano a gara con quelli del marito in dolcezza.

“Luigi, dai, porta il ragazzo in camera. Ce la fai da solo? Almeno io, nel frattempo, vado a prendere un po’ di ghiaccio da mettere su quel ginocchio. Dai, su.”

E si allontanò facendomi l’occhiolino.

Lui sospirò un attimo, poi mi afferrò da sotto le braccia e mi tirò su con una facilità che non mi aspettavo da un uomo gracilino come lui.

Una volta in piedi, mi guardò dritto negli occhi e disse:

“Se pensi che sia io l’uomo di casa, ti sbagli. Ma mi sembri sveglio, e lo avrai già capito. Dai, andiamo.”

Mentre il buon vecchio Luigi mi portava in camera non dissi una parola. Quella situazione, quelle persone… non mi ero mai sentito così al sicuro e protetto, nemmeno a casa mia.

Ero sdraiato sul letto e l’unica cosa che riuscivo a fare era guardare il soffitto bianco della camera. Alla mia destra c’era una finestra, abbastanza vicina al letto, che cercavo con tutte le forze di non guardare, per evitare che mi venisse la tentazione di alzarmi e andare a vedere il panorama.

Il silenzio del ginocchio mi faceva pensare che approvasse anche lui la mia decisione.

Luigi, dopo avermi tolto lo zaino dalle spalle e averlo adagiato sul letto, mi sfilò anche le scarpe, nonostante le mie proteste. Soprattutto sulle scarpe.

“Ora rilassati e stai tranquillo, che tra poco arriva Maria con qualche sua crema miracolosa.”

Poi aggiunse: “Ah, le scarpe te le appoggio fuori dalla finestra, almeno prendono un po’ d’aria.”

Fece una smorfia mentre le portava verso la finestra. Di sicuro non avevano un buon odore.

Le mie proteste, mentre me le levava, erano per quello. Io glielo avevo detto.

“Quanto ci mette Maria? Povera donna, zuccona! Io glielo dico sempre: fermati un pochino. So’ stato fortunato!”

Luigi mi dava le spalle mentre diceva quella frase e guardava fuori dalla finestra. Non so perché, ma mentre lo osservavo ho pensato che due lacrime stessero scendendo verso quei baffoni.

“Luigi, ma l’hai messo nel letto così, buttato come un animale, con i vestiti?”

La voce arrivava da fuori la stanza e, quando mi girai, c’era Maria sulla porta, con una valigetta del pronto soccorso. Roba da far invidia ai paramedici del pronto soccorso.

Mi guardò da dietro la valigiona, che era più grande di lei, e disse:

“Dai, su, vediamo che ha sto ginocchio.”

Ed io, a quel punto, non ci stavo capendo più niente.

Continua...

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