
“Missing”
Serie: Il Pozzo
1
Settembre 1990. Come tutti i pomeriggi, Michael esce da casa per andare a giocare con gli amici. Passa il pomeriggio, viene sera, ma Michael non torna.
«Non gli sarà successo qualcosa?» chiede la madre, sbirciando dalla finestra. Attraverso la tenda scostata, guarda verso la strada, di là dalla quale si estende il bosco dove suo figlio e i suoi amici oggi avevano in programma di andare a costruire una piccola diga sul torrente.
«Sei troppo apprensiva,» risponde il marito, «probabilmente si sarà fermato a casa di Kenny mentre rincasavano e si sarà attardato là…»
Ma intanto le ombre degli alberi si allungano a tagliare la strada sulla quale Michael ancora non si vede.
Dal cielo sono ormai sparite anche le ultime lingue rosse del tramonto, quando la madre si decide a telefonare a casa di Kenny, per verificare se l’ipotesi del marito sia giusta:
«Kenny? Ciao, sono la mamma di Michael…volevo spere se è lì da te…come? Ma.. dici davvero..?
Il tono con cui la donna parla cambia improvvisamente, destando la preoccupazione del marito; intanto prosegue:
«Grazie Kenny, ciao…» E posa il ricevitore fissando il marito con gli occhi sbarrati.
«Cos’è successo, Annie?» chiede preoccupato l’uomo.
«Kenny dice che Michael non si è visto tutto il giorno, avrebbero dovuto incontrarsi, ma…oh Fred, cosa sarà successo al nostro bambino?»
Gli occhi le cominciano a riempirsi di lacrime.
«No, non preoccuparti, cara, vedrai che non è successo nulla, vedrai che lo troveremo…» dice lui, per rassicurare la moglie ma anche sé stesso…
2
Da un giornale locale di qualche mese dopo:
“Si sono ormai concluse le ricerche del giovane Michael Colbrough, scomparso lo scorso settembre nei boschi attorno Penny Lake. La polizia ha preferito non sbilanciarsi, ribadendo l’ipotesi dell’incidente, ma lo sceriffo del luogo, il signor Krueger, ha lasciato intuire che non si esclude la pista del rapimento. Il padre del ragazzo, ancora visibilmente scosso, all’annuncio dell’interruzione delle ricerche ufficiali ha ribadito l’intenzione di proseguire, anche da solo, a cercare il figlio.”
3
Luglio 1997. L’addetto municipale Stanley Crossman sta controllando i vecchi condotti delle fogne in vista degli imminenti lavori di risistemazione. Si stacca dai suoi compagni ed entra nel ramo che per qualche centinaio di metri passa sotto il bosco di Penny Lake. Si addentra nell’oscurità seguendo il fascio di luce della sua torcia elettrica come il nastro giallo di Doroty nel regno di Oz, pensando alle rate della casa che lui e Patty stanno comperando per potersi sposare, quando un rumore lo riporta immediatamente alla realtà: sembrerebbe un grugnito, ma nessun animale che si può trovare lì sotto emetterebbe mai un verso così forte.
«C’è qualcuno?» chiede Stanley, afferrando istintivamente la chiave inglese e serrando nel contempo la presa sulla torcia. In tutta risposta riecheggia un grugnito ancora più forte del precedente. Stanley volta un angolo e…
4
Una sensazione fastidiosa…tutta quella luce…e lui, abituato a trovarsi a suo agio nell’oscurità quasi totale…rumore, si, rumore, e quindi cibo! Eccolo! Una sagoma, una sagoma ben più grossa dei soliti animaletti viscidi di cui si ciba pressappoco dall’eternità, dalla sua eternità, e anche di quegli altri pelosi e fastidiosi, quelli che gli contendono il cibo ogni volta, quelli che sa che prima o poi cercheranno di mangiare anche lui…troppa eccitazione, troppa confusione! È il momento della caccia, ora …
5
«Cosa diav…» balbetta Stanley quando la luce della torcia illumina ciò che gli si para davanti:in mezzo al cunicolo, a testa in giù, è appesa una forma umanoide, vestita con abiti logori,anzi brandelli di quelli che un tempo forse erano jeans. Il petto imbrattato dai sui stessi escrementi, come anche i capelli che lunghi e sudici pendono fino a sfiorare il suolo. Braccia esageratamente lunghe, come quelle di una caricatura, ruotano veloci su spalle dalle articolazioni snaturate, e serrano Stanley in un abbraccio non tanto forte quanto però improvviso, e prima che l’uomo abbia modo di reagire la schiena dell’essere si inarca all’indietro con un angolo improponibile. Stanley ha modo di vedere un ultimo obbrobrio: una gamba dell’essere è incastrata nel foro dal quale questo pende,una specie di pozzetto d’aerazione, ed è piegata con un angolo innaturale, e persino il polpaccio sembra essersi sviluppato attorno alle radici che lo trattengono aderendo ad esse ed inglobandole come un albero con una rete.
Poi, improvvisamente, la testa dell’essere scatta verso il volto di Stanley, e i suoi denti in un attimo gli si serrano sul collo, dilaniandogli la giugulare.
E mentre l’uomo lentamente si spegne, prima ancora che la vita l’abbia abbandonato del tutto, già il mostro banchetta col corpo della sua preda.
6
Fastidio! Quella luce portata dalla sua preda è ancora viva! Troppo lontana per afferrarla! Colpirla, ecco colpirla con delle cose…non muore, fastidio, fastidio!
Rabbia, urlare, rabbia, urlare…
7
Fuori dal cunicolo,i suoi colleghi si chiedono come mai Stanley ci metta tanto.
«Hey, Ted! Entra un po’ a dare un’occhiata,probabilmente Stanley ha trovato qualcosa che non va…»
«Si, o magari invece ha trovato l’oro dei pirati!»
Ted entra nel cunicolo accompagnato dalle risate dei suoi colleghi.
Ma ben presto qualcosa gli cancella il sorriso dalla faccia: un suono gutturale, una specie di ruggito cavernoso riecheggia nel passaggio.
«Stan..? sei tu? Va tutto bene?»
Ma nessuno risponde al suo richiamo e anzi il suono si fa più forte e più incalzante…poi ecco che Ted arriva vicino all’angolo dietro il quale Stanley ha fatto la sua raccapricciante scoperta, ma prima ancora di proseguire e fare la fine del compagno vede proiettata sulla parete un’ombra mostruosa che si dibatte sbraitando. Lanciando un urlo di terrore ,Ted abbandona il cunicolo, correndo fuori dai suoi colleghi.
Serie: Il Pozzo
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Oh mio Dio! Mi piace! Avevi ragione, questa è una di quelle storie che non avevo ancora letto e valeva assolutamente la pena di leggere! Mi sta quasi tornando l’ispirazione per scrivere qualcosa 😁 Bellissima, davvero!
Ti ringrazio Arianna!
Questo è uno dei miei primissimi racconti, avrà una trentina d’anni e li dimostra tutti, rileggendolo lo sento “acerbo” (non che ora io sia chissà che scrittore, eh!), e risente tantissimo dell’influenza del mio scrittore preferito dell’epoca 🙂
Un inizio che mi ha fatto vivere in parte lo stesso mood emotivo di Twin Peaks, con uno stile narrativo preciso e lineare, anche nel raccontare qualcosa d’inspiegabile e apparentemente mostruoso. Lo stile narrativo mi ha fatto piombare all’interno di un film, il cui genere ancor non son riuscito ad interpretare
Ciao David! ti ringrazio per il bel commento! In realtà ci sei andato vicino: questo racconto è molto vecchio, uno dei miei primi, e l’avevo scritto con davanti agli occhi l’immagine del clown Pennywise che invita i bambini ad entrare nelle fogne con in mano il suo palloncino 🙂
Che colpo :O
Ciao Sergio, la voce narrante del “mostro” (penso il bimbo disperso), mi ha ricordato quella di Gollum.
Mi piace il presupposto di partenza, lo trovo originale
In effetti, anche se non mi ero ispirato a Gollum, il parallelismo ci sta tutto: si tratta sempre di una creautra che dopo anni di isolamento, ha perso la sua umanità (hobbittosità nel caso del povero Smeagol)
Uno sviluppo interessante di un tipico fatto di cronaca.
Mi piace molto l’idea da cui è partito questo horror vediamo come prosegue.
eilà! pensa che questo è uno dei miei primi racconti, 2001 /2002 o giù di lì… è sicuramente migliorabile!