Il pozzo e la salamandra
Serie: Il pozzo e la salamandra
- Episodio 1: Il pozzo e la salamandra
STAGIONE 1
La parola scrittura è la mia sfida più ardua, che ogni giorno affronto.
La mia conclamata pigrizia nel mettere in fila la sensata materia dei miei pensieri mi rende un uomo orribilmente piatto e svogliato.
Nella calda mattinata in cui decisi di scrivere del morto trovato nel pozzo del convento, il clima non mi fu d’aiuto nel viaggio metafisico tra le parole dei testimoni, gli appunti degli agenti e la complicata trama in atto unico che l’ufficiale di polizia di turno declamava passo dopo passo, descrivendo ogni azione dei personaggi poco ortodossi della vicenda.
Nulla valse indossare una vestaglia più leggera, aprire le due finestre della saletta dove scrivo e la porta che dà sul cortile per creare corrente… o, in atto estremo, ordinare al sole di raffreddarsi!
Mi arresi all’evidenza: oltre all’inchiostro su quei fogli protocollo a righe, ci sarebbe stato anche il mio sudore in gocce e particelle di saliva provenienti dai miei improperi per il caldo e la luce che, riflettendosi su di essi, mi irritava.
Ero stanco, amareggiato e al limite della follia amatoriale, quando una nuvola, più coraggiosa delle altre, si frappose tra il dio Sole e me.
Fui così felice per quel gesto che mi strappò un «Deo gratias!» dalle labbra sudate.
Fu uno dei pochi attimi di verità nascosta in tutto ciò che stavo scrivendo.
Gli eventi.
Elena era una donna sofisticata e di bell’aspetto: una folta chioma nera raccolta con una spilla a forma di salamandra, del colore degli zaffiri incastonati; un vestito nero che le fasciava il corpo fino a tre centimetri sotto il ginocchio; le spalle rigorosamente coperte da un foulard ricamato a Burano, anch’esso nero, tenuto chiuso sulla spalla destra da un cammeo in corallo di Ercolano che – giurerei – rappresentava la sua stessa silhouette, tanto bella era quella figura.
Il suo modo d’incedere tradiva la scuola di danza classica, che era stata costretta a frequentare fin da bambina. Il portamento, per una donna destinata al fianco di un uomo facoltoso e di successo, faceva parte della dote.
La famiglia di lei – nobili senza portafoglio, ma con una blasonata puzza sotto il naso e titoli in vari circoli dell’alta società – non poteva che offrirla in sposa al ricco marito.
Elena, la mia dolce Contessina scalza.
Così leggiadra, sembrava danzare sulle punte mentre si muoveva tra le sale del convento.
L’orchestra suonava gli ultimi balli e gli ospiti soddisfatti si congedavano dall’ennesima serata mondana, tenutasi nell’esclusiva cornice del Convento di San Erasmo, ora dimora privata della Contessina e di Don Artemisio Milani.
Un nome tanto caratteristico quanto falso – o meglio, ricostruito – dopo che Antonello (questo il suo vero nome) guadagnò il suo primo milione.
Mi fece particolarmente piacere incontrare la coppia di ospiti, anche in una situazione tanto macabra come quella: la morte del giovane cameriere e il suo ancor più macabro ritrovamento, quando l’odore del corpo in decomposizione attirò la restante servitù e i padroni di casa.
Un inconveniente che la mia presenza rese ancora più difficile da gestire, se non fosse che fui io per primo a prestarmi alla malsana abitudine di soccorrere i ricchi malcapitati, trovando con loro un accordo di non divulgazione, per il momento.
Un gesto che mi aprì molte porte, che altrimenti sarebbero rimaste chiuse.
La mattina seguente ai fatti.
Da solo, con un leggero sapore salmastro sulle labbra, mi sedetti su una stuoia di noce di cocco sulla spiaggia, poco distante da una piccola baracca fatta di fusti di latta, che mi dava ombra e riparo da una comitiva di studenti troppo sbronzi di tette e culi per accorgersi di un attempato cinquantenne con un forte desiderio di solitudine creativa.
Avevo raccolto appunti, riflessioni, pettegolezzi e cattivi consigli. La gente ricca ama parlare – e ancora di più, sparlare.
L’unico sforzo per raccogliere tutto questo era sorridere, annuire e ascoltare. Poi scrivere, scrivere, scrivere.
Ora, solo con la mia creatività, sto facendo un lavaggio mentale da tutte quelle baggianate, per ritrovare le forze e riprendere a scrivere con quella verve che il mio ristretto pubblico di lettori tanto ama.
Fu in quel momento di purificazione che un oggetto sferico mi colpì in pieno volto, facendo volare via i miei occhiali da sole e destandomi nel modo più odioso dal mio sonno meditativo.
Il pallone era accanto a me: una copia di una vecchia sfera di cuoio, ma in plastica, in parte sgonfiata e deformata dal caldo.
Non persi tempo: lo presi con la mano sinistra e, stringendolo contro il petto, usai una penna a sfera ben appuntita per forarlo dal basso verso l’alto.
Tutto questo sotto gli sguardi increduli dei ragazzi arrapati e delle loro fidanzatine finte vergini.
Un gesto che, ancora oggi, mi dà soddisfazione.
Subito dopo, l’inevitabile scatto d’ira dei giovani… ma anche il mio contro-attacco. Nulla di concretamente efficace, ma di sicuro effetto per dei fanciulli segaioli.
Il mio sfogo e la mia determinazione nel tener loro testa li fecero fermare a pochi metri da me. Attesero, si guardarono e poi si convinsero da soli che non ne valeva la pena.
Ringrazio la loro cronica sciattoneria e la pigrizia nel reagire alle ingiustizie della vita.
Nel mio caso specifico, non aspettavo certo loro – anzi, avrei voluto scappare, se non fossi stato immobilizzato da una spiacevole atrofia degli arti inferiori, causata dalla prolungata posizione assunta sotto il sole.
Quello che mi dispiacque, subito dopo l’iniziale gioia per la vittoria, fu rendermi conto che questo mondo, lasciato nelle mani di quei bighelloni segaioli, sarebbe finito nel tempo di una generazione.
Ma questa è un’altra storia.
Serie: Il pozzo e la salamandra
- Episodio 1: Il pozzo e la salamandra
La voce narrante è tagliente, sarcastica, ma mi piace. Ci sta in una storia di questo tipo. Un buon inizio. Complimenti
“La parola scrittura è la mia sfida più ardua, che ogni giorno affronto.”
Inizio con il botto👏
Materiale per un ottimo sviluppo ce n’è in abbondanza. Hai una scrittura piacevole e precisa e leggere diventa un piacere. Il tuo protagonista ha il dentino avvelenato con i giovani “segaioli”, nelle prossime vicende ne capiremo il senso (che mi incuriosisce assai).
Mi è piaciuta molto la personalità unica e ironica del narratore; mi ha fatto ridere l’episodio del pallone e la sua pigrizia. Sono curioso di leggere il continuo.
Il tono accattivante del protagonista, apre con una sorta di presentazione di sé. Un biglietto da visita, per così dire, come si usava fare in certe pellicole qualche tempo fa. È convincente, per quanto ancora vago il mestiere che svolge (forse un reporter?) e di conseguenza se ci si debba aspettare un giallo o cos’altro… ma la curiosità s’è accesa e la caratterizzazione che hai dato al tuo personaggio lascia ben sperare. Bravo, e grazie per la lettura
Il tuo racconto ha una voce narrante forte e personale, ironica e piena di carattere. Lo stile è curato, con descrizioni molto vivide e un linguaggio ricco. Trovo molto adatto l’uso della prima persona riflessiva, che avvicina il lettore al pensiero del protagonista, e il tono cinico e disincantato.
La parte iniziale è interessante ma forse un po’ lenta, come se il protagonista cominciasse a riflettere molto prima che la storia inizi davvero.
In generale, però, mi sembra proprio un buon inizio, originale, ben scritto e con la promessa di sviluppi interessanti.