Il prezzo del lieto fine – seconda parte

Serie: Un destino (S)critto male


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: ....

“La saggezza viene dal dolore.”

(Eschilo, Agamennone, verso 177)

Sapevo che quella sera sarebbe stata decisiva.

Nell’attico della Selene Entertainment avevano organizzato una festa in nostro onore. L’atmosfera sembrava perfetta: musica soffusa, bicchieri sottili, sorrisi ben educati. Ma bastava osservare meglio per capire che non era così. Gli ospiti si muovevano tra i tavoli come pedine su una scacchiera, attenti a non oltrepassare i limiti imposti dalla propria immagine pubblica.

Tutto era troppo lucido per essere vero. Tranne Clara. Rideva con Hyun-woo da quasi mezz’ora, come se il mondo fosse altrove. Lui le sfiorava il braccio con confidenza, ma ogni tanto si voltava, come per assicurarsi che nessuno li stesse osservando.

Talia sorseggiava vino accanto al buffet, con aria annoiata.

Io, invece, non riuscivo più a stare ferma. Avrei voluto voltarmi e sparire nella folla, tornare a essere solo spettatrice. Ma non era più possibile, anche se una parte di me esitava ancora.

Li avevo portati fino a quel punto. Non potevo non concludere il mio piano.

Mi avvicinai a un cameriere con la scusa perfetta.

«Devo fare una telefonata importante» dissi, già con il cellulare in mano. «Cerco un posto tranquillo…»

«Il mio ufficio è a sua disposizione Sofia» rispose Ji-seok, prima che avessi modo di accorgermi dalla sua presenza. «È al piano inferiore. Lì avrà tutta la riservatezza di cui ha bisogno.»

«Grazie, molto gentile.»

Mi voltai e andai via senza aggiungere altro.

Entrai. Chiusi la porta alle mie spalle.

Sfilai la pergamena dalla borsa.

Le mie annotazioni sembravano brillare sotto la luce artificiale come inchiostro appena versato. Le parole si contorcevano, in attesa di essere completate.

Presi una penna. Nessuna cerimonia. Nessuna formula.

Solo una ferma determinazione.

Le parole presero forma.

Nel frattempo Clara e Hyun-woo si erano spostati sulla terrazza. Era ampia, silenziosa, con lanterne appese lungo i parapetti in vetro. Si affacciava su un panorama che sembrava uscito da uno dei tanti drama che Clara aveva osannato negli ultimi anni: Seoul distesa sotto la notte come un mare di luci inquiete. I grattacieli luccicavano, i ponti illuminati tagliavano il fiume Han come sentieri sospesi, e il traffico era un flusso costante.

Lui si era tolto la giacca, la camicia aperta sul colletto. Lei stringeva tra le mani un bicchiere che non beveva.

«Ti piace il panorama?» chiese, senza guardarla.

«Sì… ma non riesco a godermelo senza sentirmi fuori posto.»

Hyun-woo fece un sorriso, ma si poteva leggere una certa amarezza nei suoi occhi.

«È così anche per me. Sono ovunque, ma non sono mai davvero da nessuna parte.»

Clara si girò appena, gli occhi fissi nei suoi.

«A volte penso che ci stiamo solo raccontando la stessa bugia… in lingue diverse.»

Io scrivevo.

Le parole scorrevano sulla pergamena come inchiostro vivo.

Ogni frase sembrava far vibrare l’aria intorno a me, come se il mondo trattenesse il respiro.

La paura si dissolve. Il cuore riconosce se stesso.

Un fremito attraversò la pagina.

Un riflesso nella vetrata mi mostrò Seoul alle mie spalle: la stessa che vedevano loro, ma da un’angolazione differente.

Lui ridacchiò, un suono breve, quasi imbarazzato.

«Quando mi parli… mi sembra tutto più vero.»

Il silenzio che seguì non era imbarazzante. Era denso. Carico di elettricità.

Hyun-woo fece un passo avanti.

«Clara-yah.»

La chiamò col suffisso coreano, con voce bassa, tremante.

«Se mi dici di no adesso… forse riuscirò a smettere di immaginarlo.»

Lei trattenne il respiro.

«E se ti dico di sì?»

Hyun-woo abbassò lo sguardo. Il suo dito sfiorò il polso di Clara, dove il battito accelerava.

«Allora smetterò di fingere che questo…» la voce gli si incrinò, «non sia l’unica cosa vera in mezzo a tutta questa finzione.»

Con un gesto lento le spostò una ciocca di capelli dal viso.

Lei chiuse gli occhi.

Il bacio arrivò così, silenzioso e profondo.

Da dietro una colonna, una figura tremante sollevò un telefono.

Il clic della fotocamera fu quasi impercettibile.

Ma il destino lo sentì e sorrise appena. Il resto sarebbe venuto da sé.

Il mio ultimo segno sulla pergamena fu un punto. Tremò tra le mie mani.

Qualcosa si staccò dentro di me, senza che ne avessi la consapevolezza.

***

L’aeroporto di Incheon era un alveare di voci attutite, valigie a rotelle e annunci multilingua.

Clara camminava veloce, con le guance arrossate e il passo leggero. Continuava a raccontare dettagli della festa, degli abiti e del bacio, sussurrati con la cautela di chi teme che un solo nome pronunciato troppo forte possa sparire.

Talia la seguiva ridendo piano, con un cappello troppo vistoso e un caffè tra le mani.

Io restavo qualche passo indietro.

Avevo freddo, nonostante la giacca. Un freddo strano, come se venisse da dentro.

«Ehi» disse Talia, rallentando appena per raggiungermi. «Va tutto bene?»

Sorrisi.

«Sì.»

Lei mi studiò per un istante, poi fece una smorfia.

«Calliope si strapperà i capelli quando scoprirà che abbiamo fatto una scappatina dall’altra parte del mondo senza dirle niente.»

La guardai.

«Chi?»

«Calliope» ripeté, con tono scocciato.

Le parole mi arrivarono, ma non si agganciavano a nulla. Era come guardare attraverso un vetro appannato: sapevo che avrei dovuto riconoscerle, ma tutto scivolava via.

Rimasi zitta un istante di troppo.

«Non conosco nessuna Calliope… Siamo alle solite. Parli dei personaggi delle tue storie come se fossero reali.»

Il sorriso di Talia si spense.

Clara ci chiamò poco più avanti, ignara.

Il nostro volo era già in chiamata.

Talia non aggiunse altro. Ma mentre ci incamminavamo verso il gate, sentii il suo sguardo su di me: lungo, muto, carico di una preoccupazione che non osava ancora prendere forma.

Serie: Un destino (S)critto male


Avete messo Mi Piace8 apprezzamentiPubblicato in Fantasy

Discussioni

  1. Un tipo di finale come questo può essere scivoloso, è facile sfruttare male una bella idea con le parole sbagliate che rendono il tutto banale o improbabile, ma secondo me tu l’hai gestito proprio bene, con i giusti tempi, e hai lasciato lì sul piatto la voglia di proseguire.

  2. Mi è piaciuto molto il finale. Non so se ho colto esattamente il senso della “dimenticanza” di Moirania, ma l’ho interpretato come il conto da pagare per aver cambiato il destino. Dovrebbe essere felice, invece sente freddo dentro, come se quel gesto per rendere felice Clara avesse però svuotato lei. Mi è venuto poi da pensare che forse il destino esiste davvero e per noi è impossibile pilotarlo: che siano gli dei, che sia Moirania, Clara sta comunque vivendo la storia scritta da qualcuno per lei. E allora, speriamo vada come va nei romanzi, l’autore ci prova anche a stilare la trama, far muovere tutti a dovere come prestabilito, ma il personaggio a un certo punto ti costringe a fare come dice lui tocca rivedere tutti i piani…
    Toglimi una curiosità, che io sono ignorante per quanto riguarda il coreano. Cosa significa il suffisso che viene messo al nome di Clara?

    1. Mi hanno spiegato che è un modo amichevole e informale di rivolgersi a una persona. Crea una maggiore intimità. L’ho usato per sottolineare il cambio di atteggiamento di lui verso Clara.

  3. Sai chi mi ricorda Moirania? Tu probabilmente sei più giovane di me e magari non l’hai visto, ma ai miei tempi (👵) c’era un cartone animato, “Pollon”. Lei era una ragazzina aspirante dea che si intrometteva sempre nelle vicende umane (ma anche divine) facendo un gran casino ogni volta😅 lo conosci?

  4. La storia procede e, a questo punto, sono chiare le domande su cui si basa la trama: è giusto che Moirania interferisca con la vita di Clara? Quali sono le conseguenze delle sue azioni? Se ci pensi è un dubbio che spesso ci assale quando vogliamo interferire con le decisioni, la vita, le opinioni di persone che ci sono care. Vediamo quale lezione impareranno Clara e Moirania. Per il finale…che dire? È un po’ voluto, così non mi mollate prima della fine.🤣

    1. Moirania fa benissimo a interferire con il destino di Clara. Perché ci dovrebbe essere un destino prestabilito? Saremmo solo personaggi di un racconto, ma i personaggi, se soffrono e gioiscono, lo fanno con i nostri sentimenti, non con i loro. Il problema per Moirania è che, cambiando il destino di Clara, inevitabilmente cambia di riflesso anche quello di altri. E poi, dopo, chi li sente gli Dei dell’Olimpo?😂Sono convinta che, esista o non esista un Dio, tutti gli esseri viventi siano collegati da un filo invisibile ma reale. Io tifo per Clara e Moirania😍

      1. Che dolce che sei ❤️ sono molto affezionata a loro pure io, e il mio ruolo è solo di farle vivere una bella avventura e riflettere su alcuni temi della vita come si faceva nell’antica Grecia. Il destino… grande mistero. Grazie Concetta per leggere la mi storia con tanto passione 🙏

  5. Il momento in cui il destino dei due giovani viene scritto, è sospeso, denso, da brividi. Sei stata molto brava a dosare le parole, a spezzare le frasi, a incrociare il volere si una musa con la realtà. Mi chiedo: cosa sarebbe successo se… O forse, cosa non sarebbe successo se… Difficile da dire e difficile immaginare cosa si nasconde dietro alle porte delle opportunità colte e perse che si aprono oppure chiudono al nostro passaggio.
    E il finale? Come va interpretato?
    Riesci con maestria a lasciare sospesa la storia per poi riacchiapparla sempre al momento giusto.

  6. Ecco – come volevasi domostrare – quanto é alto il costo del successo, e della finzione. E quanto bisogna stare attenti a ció che si desidera, per se stessi o per gli altri. Quando il desiderio si avvera, a volte puó rivelarsi una piccola delusione, altre volte sono dolori.
    Questo non puó impedirci di sognare e di inseguire caparbiamente i nostri sogni, ma (ho capito che questo é anche uno dei messaggi della serie), che ognuno si faccia i ca… i castelli in aria suoi.
    Bello anche questo episodio, tra mitologia e attualità, che induce a riflettere. Tra poco leggeró la seconda parte.

  7. Molto riuscita l’oscillazione fra poetico e concreto, con immagini che restano:
    • “Le parole si contorcevano, in attesa di essere completate”
    • “il traffico era un flusso costante”
    • “come guardare attraverso un vetro appannato”.