Il prima e il dopo

Serie: Il dipinto sul muro


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Ma a differenza degli altri io ho avuto un motivo per andare fino in fondo, per capire cosa davvero rappresentasse quel cane dipinto sul muro.

Dopo l’episodio di Sofia di fronte al dipinto, mia moglie ed io rimandammo ancora la decisione di adottare i due cani. Non potevamo rischiare di introdurre altre variabili che la bambina non fosse in grado di gestire. Nei mesi successivi il suo comportamento non cambiò di molto. Spesso la trovavo di fronte al cane, in piedi o seduta a terra. Non diceva nulla. Lo guardava… posso dire che si guardassero. Poi qualcosa parve cambiare e l’interesse di Sofia verso Leland si attenuò fino quasi a scomparire. Pensai più di una volta che era il momento di eliminare quella nicchia e il suo dipinto, ma avevo il terrore di creare nuovi problemi.

Rinunciai ancora al mio proposito, e con il tempo riuscii a dimenticare quell’episodio, o almeno a modificarlo nella mia mente in modo che risultasse meno carico di angoscia.

Fino a quel pomeriggio di due anni dopo.

Sofia frequentava la terza elementare e come ormai era prassi la baby-sitter andava ad attenderla alla fine delle lezioni per riportarla a casa o accompagnarla per le altre attività della giornata. Tranne quel fottuto pomeriggio. Non poteva a causa di non so quale cazzo di motivo.

No. Sono ingiusto. Per tutto il tempo che era stata con noi aveva dimostrato educazione, dolcezza e sincerità come non se ne vedono spesso. Era come se facesse parte della famiglia, tanto che spesso si fermava a cena e a dormire da noi in una camera che era diventata sua. Era sempre pronta a darci più che un aiuto.

Ma non quel giorno.

Fu Eleonora ad aspettare Sofia all’uscita della scuola.

E ci fu l’incidente.

Mi ritornarono alla mente le parole che Sofia aveva detto tra le lacrime due anni prima, l’invocazione di aiuto che aveva rivolto a Leland, la sua angoscia nel raccontarci quello che il cane le aveva confidato, che sarebbe dovuta andare via, che non si sarebbero visti per molto tempo.

Anche la nonna è andata via. Un mattone dello stomaco.

Poi torno, Leland. Un groppo in gola che non vuole scendere né salire.

La mia vita cambiò.

Ci furono gli amici. Per molto tempo tentarono di lasciarmi il meno possibile solo con i miei pensieri. Mi trascinarono in attività di cui non mi importava nulla. Forse non importava nulla neppure a loro, delle attività intendo. Lo facevano per me. Ma da parte mia non arrivavano risposte che potessero incoraggiarli. Se all’inizio era comprensibile, con il tempo il mio modo di fare li allontanò. A parte qualche irriducibile, e qui si vedono gli amici più veri, le loro visite, i loro tentativi di coinvolgermi nella vita al di fuori dalla grande casa e dal lavoro che mio malgrado ero costretto a portare avanti, si diradarono fino a cessare quasi del tutto.

Ci furono anche i parenti… Non tentarono di fare nulla, all’inizio, ma come il negativo dell’immagine dei miei amici, iniziarono a comparire nei mesi successivi. Persone che non vedevo da anni, persone che non esistevano. Forse perché le loro menti misere e meschine avevano realizzato che io non avessi più eredi diretti. Se qualcuno di voi si riconosce in questa descrizione sappiate che il fatto non è casuale. Improvvisamente vi siete ritrovati un cugino, un nipote, un qualsiasi altro cazzo di legame desunto dai certificati di nascita o di stato di famiglia, al quale rompere i coglioni fingendo di interessarvi alla sua vita passata e al suo inferno attuale. Smettete per un attimo di leggere. Posate i fogli che avete in mano e guardatevi. Non vi sembra di essere davanti a specchi che rimandano la vostra immagine e i vostri pensieri e le vostre falsità?

Quindi ce l’avete fatta: siete qui davanti al signore elegante in trepidante attesa di conoscere i termini legali di tutta la vicenda. Mi correggo: ce l’avete quasi fatta. Mancano ancora alcuni dettagli, importantissimi, fondamentali dettagli.

Scusate lo sfogo. Siamo a buon punto, non voglio perdere altro tempo.

La mia vita cambiò.

Continuai a guidare la mia attività che era cresciuta negli ultimi anni. Continuai finché la possibilità di cedere tutto ciò che avevo creato non mi permise di ritirarmi da tutto e da tutti, senza necessità di lavorare, senza necessità di fingere che tutto stesse tornando alla normalità e che il dolore stesse iniziando a scemare. Per alcuni anni vissi da eremita, occupando il mio tempo unicamente con la lettura e la cura del vuoto della mia grande casa. Fu merito dei miei veri amici, che non desistettero dallo stressarmi neppure dopo alcune mie sfuriate nei loro confronti, se riuscii almeno in parte a riaffacciarmi al mondo.

I cari parenti che avevano tentato di avvicinarmi dopo la tragedia si dileguarono nel corso del tempo, ma questo lo sapete bene. Con mia grande soddisfazione non vidi più nessuno di loro… di voi. Fino a oggi. Vi vedo, figlioli, vi vedo! Vedo come siete vestiti, vedo le vostre espressioni di circostanza, le stesse che avevate al mio funerale.

Perdonate ancora la mia digressione.

Avevo in parte superato la fase critica. Ma la linea di confine temporale che delimitava il prima e il dopo della mia vita era ben visibile, impossibile da dimenticare anche solo per un istante. Il momento peggiore non era la notte, come sarebbe logico pensare. Il buio mi dava quel conforto, spesso aiutato da qualche sorso di cognac, che l’acutezza dei sensi e dei pensieri che esplodevano alla luce del giorno non mi permettevano di raggiungere. No, non era la notte. Il momento peggiore era il mattino, quando aprivo gli occhi consapevole di dover affrontare i miei fantasmi diurni.

Vi state chiedendo se ci fossero degli aiuti esterni? Terapie mediche o psicologiche? Sì. C’erano. E mi parlavano di un vissuto che “ci sta”, come sono soliti dire i dottoroni quando non sanno più a quale santo affidarsi. Cosa potevo ribattere? Io avevo solo perso tutta la mia vita… La depressione? Ci sta. Voglia di farla finita? Ci sta.

Così aspettavo la notte. E una notte la mia vita cambiò ancora, la notte in cui capii che forse non avevo perso tutto.

Continua...

Serie: Il dipinto sul muro


Avete messo Mi Piace6 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Senza nulla togliere a quelli precedenti, questo è a parer mio il miglior episodio di questa serie! è pieno di sapore tragico, descritto con estrema cura, che non lascia una singola parola al caso. Le frasi e i periodi hanno una costruzione eccellente, uniti al tono generale, introspettivo, riflessivo e rivestito di un gusto un po’ d’altri tempi. Da qui in poi appare chiaro dove sta andando a parare il tutto, e questo è estremamente soddisfacente per il lettore. Poi vabbè, questa è una mia preferenza personale, ma le brevi digressioni che rompono in qualche modo la quarta parete, io le adoro, e qui in particolare sono rese davvero bene. Insomma, con questo tuo Il dipinto sul muro, secondo me, ti sei superato: sono proprio contento di avere la possibilità di leggere qualcosa con questo grado di qualità qui sulla piattaforma. Complimenti, e buona scrittura per gli episodi successivi!

    1. Anche qui, come per altri tuoi commenti, non so davvero cosa dire. Grazie, innanzitutto.
      Le digressioni mi creano qualche cruccio: piacciono anche a me quando le rileggo. Ma…troppe? Troppo insistenti? In ogni caso andrò avanti fino in fondo seguendo questa strada. Ormai ci sono dentro… 🙂

  2. “Smettete per un attimo di leggere. Posate i fogli che avete in mano e guardatevi. Non vi sembra di essere davanti a specchi che rimandano la vostra immagine e i vostri pensieri e le vostre falsità?”
    👏 👏

  3. “Non vi sembra di essere davanti a specchi che rimandano la vostra immagine e i vostri pensieri e le vostre falsità?Quindi ce l’avete fatta: siete qui davanti al signore elegante in trepidante attesa”
    Mi piace molto questo passaggio, il modo in cui sei arrivato dalle considerazioni personali al parlare con i (probabili?) futuri eredi.

    1. Sarebbe bello potersi rivolgere così a chi ti sta sull’anima. Un po’ cattivo, forse, ma fatti e vicende della vita mi portano a dire che in realtà non lo sono stato affatto.
      E detto da un inguaribile ottimista come me…

  4. Hai reso bene il rancore, il dolore del protagonista. L’accenno all’incidente, al ruolo dell’assena della baby sitter, mi ha incuriosita. Non so quanto c’entri la ragazza, ma fatto sta che il protagonista se la “prende” con la sua assenza, come fosse lei la responsabile. Spesso accade, nelle morti che non sappiamo spiegare cerchiamo un colpevole. Sono d’accordo con Paolo, la digressione su parenti e amici mi ha distratto dal fatto principale: l’incidente, e cosa è venuto poi. Io però l’ho intesa come una tecnica messa lì appositamente per creare ancora un po di suspence, e mi è sembrata funzionare (lo so, magari adesso ti ho confuso ancora di più, ma ognuno come vedi ha il suo modo di intendere il racconto, a prescindere dalle intenzioni dell’autore. Non è mica facile stare dietro ai lettori, ahimè 😅). Tra l’altro aver a che fare con parenti e amici dopo un lutto non sempre è d’aiuto, anzi, ci sente ancora più abbandonati e soli, come nel caso di questi caccia-eredità, e tu questa cosa l’hai descritta molto bene.

    1. Sai cosa ti dico? Ben venga che ci siano lettori simili in questo gruppo. La trovo davvero un’ottima palestra. E come dicevo a Paolo, io annoto… Come per esempio quello che dici per quanto riguarda l’assenza della ragazza. In realtà è solo un fatto messo lì che non fornisce informazioni ulteriori. Però potrebbe, no? Potrebbe diventare importante per la storia… Torno a dire che più che confondere le idee questi sono spunti creativi notevoli.
      Grazie!

  5. Ciao Antonio, questo episodio mi è risultato un po’ faticoso. Se posso esprimere un opinione personale, credo che funzioni poco la parte di riflessione rivolta a un ipotetico pubblico, le digressioni su amici e parenti… Distolgono l’attenzione dal cosa è successo che accenni, ma sospendi (l’incidente). Grazie per la lettura

    1. Ciao Paolo. Puoi, e ti ringrazio! Faccio tesoro dei commenti, soprattutto quando sono così mirati. Li annoto in fondo agli episodi perché saranno molto utili in eventuali riscritture.
      Ho deciso di non approfondire l’incidente, ma solo accennarlo, come altri punti, forse per paura che il racconto diventi troppo lungo. Ma forse dovrei approfondire in modo che le digressioni non prendano il sopravvento. Sarà un mio prossimo esercizio.
      Grazie ancora e a presto.

  6. Davvero molto interessante questa storia che ci stai narrando in prima persona. Un romanzo tra il gotico e il famigliare, ben dosato, che lascia la sensazione di una narrazione che si srotola piano, piano.
    Ci hai abituati a questo tuo stile e qui, in particolare, se ne riconoscono i tratti caratteristici.
    Ottimo, a mio avviso, lo stile diaristico. Ho apprezzato il cambio gergale del protagonista dopo il drammatico incidente perché da sfogo a rabbia e frustrazione. Molto bello.

    1. Ciao Cristiana. Ti ringrazio per la tua full-immersion nei primi episodi. Mi hai fatto notare una cosa molto interessante sui meccanismi inconsci che ci guidano anche quando scriviamo. Il cambio del modo di parlare del protagonista dopo il lutto, che tu hai notato, è venuto fuori in modo automatico. Forse quando siamo davvero dentro la nostra storia il pensiero precede le nostre intenzioni. Oppure, come dicono molti, i personaggi prendono vita tanto che diventa difficile controllarli.
      Grazie e a presto!