Il primo passo
Serie: Morirò d'estate
- Episodio 1: Bastardo
- Episodio 2: Morirò d’estate
- Episodio 3: Fame d’amore
- Episodio 4: Mind to mind
- Episodio 5: Uomo fritto
- Episodio 6: Mutande nuove
- Episodio 7: Sarai felice
- Episodio 8: In gabbia
- Episodio 9: Chiamato per nome
- Episodio 10: Campo Base
- Episodio 1: Morto e risorto
- Episodio 2: Tutto questo per me?
- Episodio 3: Nuova possibilità
- Episodio 4: Amare per primo
- Episodio 5: La gallina che becca
- Episodio 6: Nato sbagliato
- Episodio 7: Il primo passo
STAGIONE 1
STAGIONE 2
Nei giorni a seguire, cercai di riprendere in mano la mia vita, ma la visita ai miei genitori mi aveva lasciato un senso di fallimento e frustrazione.
Mi ero illuso che i miei buoni propositi e la mia presunta fede ritrovata avrebbero cambiato la situazione con mio padre, ma mi trovavo al punto di partenza.
Mi sentivo svuotato, senza scopo né direzione.
Passavo le giornate lavorando e a casa, dormendo e mangiando poco.
Evitavo la chiesa e le uscite con gli amici, preferendo una routine di lavoro e solitudine.
Le mie giornate erano scandite da pasti frugali e qualche abbuffata disperata, che terminava sempre in bagno con due dita in bocca, e poi da lunghe dormite.
Una domenica mattina, mentre i miei colleghi erano con le loro famiglie, Suor Lucia bussò alla porta del mio container. Non risposi e lei se ne andò.
La segui con lo sguardo dalla finestra, poi tornai a dormire.
Mi ritrovai a fissare la sveglia, invidiando la sua semplicità e regolarità.
Pensai a quanto mi sarebbe piaciuto essere quel pezzo di metallo con ingranaggi perfetti, che facevano sempre la stessa cosa e soprattutto non erano condizionati da aspettative né da sentimenti.
Il giorno dopo, andai al lavoro come al solito.
Quando ritornai a casa, trovai Suor Lucia davanti all’uscio, con un gran sorriso e un sacchetto bianco in mano.
«Ciao Luca!» disse con la sua solita vocina sottile e squillante.
«Ho portato due rustici caldi, caldi, così magari li mangiamo assieme e parliamo. Non ci vediamo da un po’» continuò.
«Grazie, ma ho già pranzato» risposi istintivamente.
«Va bene! Vuol dire che parleremo soltanto!» replicò sorridendo.
Aprii la porta e le feci segno di entrare, con un gesto un po’ goffo.
Ci sedemmo in cucina, e lei, poggiato il sacchetto sul tavolo, guardandomi con i suoi grandi occhi azzurri, mi chiese come stessi.
Non feci neanche in tempo a rispondere che scoppiai a piangere.
Avrei voluto dire qualcosa, ma i singhiozzi mi impedivano di proferire parola e le lacrime salate e fredde, scendevano come un fiume in piena.
Sentii la mano di Suor Lucia, piccola e bianca, toccare la mia guancia, e per un attimo ebbi la sensazione di sentire il profumo di mia madre.
Mi alzai, dirigendomi verso la finestra, dove mi fermai a guardare fuori.
«Scusami!» dissi, con la voce tremante.
«Non devi scusarti, le tue lacrime, valgono molto. Tu vali molto» replicò Suor Lucia.
Anche questa volta, ebbi la netta sensazione di sentire mia madre.
«Sto male! Sto troppo male!» fu in quel momento, mentre in qualche modo stavo chiedendo per la prima volta aiuto, che la suorina si alzò e tenendomi strette tutte e due le mani mi disse: «Non puoi sorreggere da solo il peso del mondo, in due è più facile».
Alzai lo sguardo verso di lei e la abbracciai.
«Come devo fare? Cosa devo fare?» le chiesi, con la voce ancora spezzata dal pianto.
«Non so e non posso darti una risposta, ma posso dirti per certo, che già oggi, sei sulla strada giusta» non compresi esattamente cosa volesse dirmi, ma la ringraziai istintivamente, mentre lei, come se già conoscesse la mia casa, prese dallo sportello della cucina un bicchiere, vi versò dentro l’acqua e me lo porse, con un sorriso luminoso e sereno.
«Grazie» dissi, bevendo lentamente.
«Ora devo andare!» esclamò mentre si dirigeva verso l’uscita.
«Ci vediamo oggi pomeriggio in chiesa?» mi chiese mentre io l’accompagnavo alla porta.
Annuii con la testa, forzando un sorriso, poi la salutai, mentre lei si allontanava.
Andai in camera da letto, e tornando a guardare la gallina che becca provai ad addormentarmi, cercando di non dare retta al mio stomaco che brontolava per la fame.
Ci riuscii, perché mi svegliai nel tardo pomeriggio. Mi alzai, e indossate velocemente le scarpe, mi diressi verso la chiesa.
Quando arrivai, trovai Suor Lucia seduta nel suo solito posto e vidi in lontananza Padre Andrea, che parlava animatamente con un signore stempiato e tozzo.
Mi sedetti vicino a Suor Lucia, che salutai a bassa voce, lei mi rispose con un sorriso e poi tornò con lo sguardo al Cristo Risorto.
Rimanemmo lì in silenzio, per un bel po’, poi mi invitò ad uscire per parlare.
Ci sedemmo, sulla panchina in pietra alla sinistra della Madonna in gabbia e mi porse un foglio bianco, che nel frattempo aveva preso dalla sua minuscola borsetta in pelle marrone che portava sempre con sé.
«Dottoressa Grazia Mori, psicoterapeuta» lessi.
«Chiamala quando vuoi e se vuoi» mi disse.
«Oggi mi hai chiesto cosa potevi fare per stare meglio. Ecco! Chiedere aiuto è un primo passo» continuò guardandomi negli occhi e con voce ferma ma allo stesso tempo calda e dolce.
Non risposi nulla, mi limitai a ripiegare il foglietto e metterlo in tasca.
Tornai a casa con la sensazione di essere nudo: vergognato per essermi fatto vedere così fragile e infreddolito seppur fuori si sfioravano i 40 gradi.
Mi spogliai velocemente e feci una doccia calda. Volevo lavare via la vergogna e riscaldare il mio corpo, ma l’unica cosa che riuscii a fare fu bruciare la mia pelle e nascondere le mie lacrime, confondendole con l’acqua.
Uscii dalla doccia, indossai il pigiama e andai a letto. Prima però presi il foglio che mi aveva dato Suor Lucia e lo riposi sul comodino, a fianco della gallina che becca.
Provai a dormire ma non riuscivo a spegnere i miei pensieri.
Andai a piedi scalzi in cucina, alzai la cornetta e chiamai quel numero.
Guardai istintivamente l’orologio che segnava le 20:30 e pensai subito che era troppo tardi.
«Pronto!» sentii, mentre stavo per riattaccare.
«Mi scusi l’orario, mi chiamo Luca, e mi ha dato il suo numero Suor Lucia, avrei bisogno di parlare con lei, ma non so il perché» dissi, mentre pensavo di aver detto una stupidaggine.
«Lo scopriremo insieme! Va bene sabato prossimo per le 18:00?» rispose, come se già sapesse che l’avrei chiamata.
«Sì!» dissi, senza neanche controllare se fossi libero.
«Bene Luca, ci vediamo lunedì!» sentii dall’altra parte della cornetta.
«Non vuole segnarsi il mio cognome?» chiesi.
«Luca va benissimo!» rispose lei.
Tornai a letto e questa volta mi addormentai velocemente, visto che mi svegliai l’indomani con ancora in mano il foglietto dispiegato.
Serie: Morirò d'estate
- Episodio 1: Morto e risorto
- Episodio 2: Tutto questo per me?
- Episodio 3: Nuova possibilità
- Episodio 4: Amare per primo
- Episodio 5: La gallina che becca
- Episodio 6: Nato sbagliato
- Episodio 7: Il primo passo
Un bel passo avanti importante, per iniziare a riparare i danni subiti. L’aiuto di un esperto é necessario, quando non si riesce a intravedere alcuna soluzione ai problemi esistenziali che derivano da disfunzioni delle dinamiche familiari.
Una maggiore consapevolezza, accettazione e integrazione delle esperienze dolorose, potrebbe aiutare anche Luca a vivere meglio. Nessuno possiede la bacchetta magica e “La ferita dei non amati” (Peter Schellenbaum), può riaprirsi, a volte, anche dopo un lungo percorso terapeutico; il cambiamento in positivo, però, la svolta che Luca vorrebbe, ora diventa possibile. E un racconto come questo può dare conforto, speranza e incoraggiamento ai tanti che, in situazioni simili, non osano chiedere l’ aiuto di cui si ha bisogno.
Grazie di cuore @cedrina
Il tuo commento mi spinge a continuare con più entusiasmo.
È fondamentale per me, lasciare un messaggio, che possa, nel mio piccolo, essere di aiuto e “speranza” a chi mi legge. 🙏🏻❤️
Ciao Corrado. Un episodio molto bello ed emotivamente potente, che trasmette con autenticità lo smarrimento del protagonista. La figura di Suor Lucia funziona bene come presenza luminosa e di sostegno. Il racconto scorre, con momenti toccanti e dettagli ben scelti. Tuttavia, se posso permettermi, mi è parso che alcune parti rallentino il ritmo, soprattutto nelle descrizioni della routine.
Nel complesso, la tua è una narrazione intensa e coinvolgente, che guadagnerebbe ancora più forza con qualche snellimento.
Grazie @cristiana 🙏🏻
Non solo puoi, ma devi permetterti, di dare la tua sincera opinione, che tra l’altro condivido.
Quando scrivo, cerco sempre di descrivere minuziosamente le sensazioni, le emozioni, ma anche i luoghi e i vari personaggi e in effetti rileggendomi, ho notato anch’io, in alcuni tratti, un rallentamento del ritmo nel mio racconto, ma lo credevo funzionale alla storia.
Farò tesoro del tuo consiglio, cercando di snellire un po’ il tutto.
Grazie sempre 😊
A volte si pensa di non essere amati ma più semplicemente sono chi ci sta intorno a non capire come bisogna amare. I genitori di Luca sembrano professare un amore asettico, mentre invece questo sentimento ha bisogno di fisicità, anche solo una pacca sulla spalla , anche anche la Comunione con Cristo passa,attraverso qualcosa di fisico: l’ostia. Bravo, Corrado!🙂👏👏
Grazie @conchita59
🙏🏻😊
Il tuo racconto trascina a livello emotivo, evidenzia la fragilità umana con delicatezza e rispetto. Complimenti
Grazie @Paolafrancesca per avermi dedicato del tempo, leggendo il mio racconto e per i complimenti. 😊🙏🏻