Charlie

Serie: Il Ragazzo Che Vedeva Troppo


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Un ragazzo ha un incredibile potere.

I

Il Bombarolo

La guerra era una foglia. Calpestata, spinta, calciata; i soldati ci correvano sopra, tra il fango e la pioggia. Quasi a contatto col terreno, gli aerei falciavano l’aria e gli alberi perdevano i propri figli. Contro la volontà della madre, le foglie seguivano le scie di quelle macchine volanti mentre i rami si contorcevano e resistevano. Dopo essere fuggite, le foglie venivano mitragliate: i soldati scaricavano i loro fucili contro gli aerei e i proiettili correvano verso l’alto, trapassando quelle povere figlie smarrite. Alcuni aerei colpiti cadevano e si frantumavano al suolo, mentre l’esplosione si accaniva proprio su coloro che li avevano abbattuti. Le foglie venivano ritagliate in migliaia di pezzi minuscoli e l’onda d’urto le spingeva via, perdendole tra il fango e il sangue. I soldati rimanevano impotenti: l’esplosione aveva scottato le loro carni, l’esplosione era penetrata nella loro pelle, l’esplosione era eruttata fuori e infine li aveva polverizzati.

Gli aerei più intelligenti volavano tra le nuvole, più in alto dei loro fratelli caduti, ma anch’essi ferivano la terra. I loro colpi erano più grandi di quelli dei fucili; i colpi degli aerei erano gargantueschi, i colpi degli aerei ribaltavano enormi zolle di terra, i colpi degli aerei schiacciavano i soldati. La macchina uccideva il suo creatore. Gli aerei continuavano e raggiungevano la città.

Nelle strade le auto sfuggivano alla furia delle loro sorelle volanti e cercavano una via d’uscita nel labirinto della folla. Le persone, sotto al cielo che si tingeva di metallo, scappavano e cercavano rifugio dalla pioggia di morte. Ai colpi che dagli aerei che piovevano sugli innocenti si aggiunse la grandine: le bombe. Una per aereo, le bombe aspettavano che l’aguzzino del popolo premesse il bottone, che iniziasse il volo, la loro discesa verso la terra. Le persone erano palline e le bombe mazze da golf. Sparati lontano, i cadaveri sbattevano contro i palazzi, mentre anche essi iniziavano a crollare. Ma i palazzi non erano campi da golf, i palazzi erano blocchi di marmo e le bombe scultori: piantavano il chiodo e con il martello colpivano. Interi pezzi volavano via e atterravano al suolo, alzando nelle strade la polvere. La polvere diventava nebbia e la nebbia oscurità in cui la folla si perdeva. Mamme con neonati in braccio correvano alla cieca, i loro occhi si riempivano di polvere e di lacrime. Ora cieche, le auto si scontravano tra di loro, con le persone e con le bombe.

Il cielo tornò a distendersi sulle loro teste e, stupita, la folla lo guardò. Si stava sgombrando, gli aerei volavano via. Tornò l’azzurro e su di esso una macchiolina. Una piccolissima macchiolina grigia. La macchiolina non era un aereo, la macchiolina era più grande. All’interno c’era lui, il Bombarolo.

“Coordinate quasi raggiunte, procedere all’apertura del portello.”

Rumore di tasti e interruttori. La voce del pilota raggiunse in fretta il Bombarolo, che, però, la ignorò. Il Bombarolo sapeva cosa doveva fare.

“Portello in apertura. Lancio in cinque secondi.”

Lo sguardo del Bombarolo era come un quadro, immobile ma profondo.

“Quattro secondi.”

L’aria iniziò a entrare dallo sportello e a colpire il Bombarolo, ma la sua mente era lontana dal corpo: immaginava già l’esplosione, la più grande che l’umanità avrebbe visto.

“Tre secondi.”

Il Bombarolo sorrideva. I suoi denti gialli venivano seccati dall’aria che entrava, dal portello aperto si intravedeva la città.

“Due secondi.”

Il Bombarolo avvicinò la sua mano al bottone nero.

“Un secondo.”

Il sorriso del Bombarolo si allargò ancora di più, diventando ancora più spaventoso.

“Procedere al lancio.”

Il Bombarolo emise un bestiale suono nasale e guardò la bomba andare giù. Una volta caduta, gli altri soldati guardarono quegli occhi, quei terribili occhi e si rabbrividirono. Qualcuno sospirò.

“Che Dio ci perdoni.”

La bomba toccò terra. E luce fu. Non c’erano più colori, non c’erano più sfumature: c’erano Luce e Tenebre. Non c’erano più le persone, c’era polvere. L’ombra della vita si fuse con la luce della morte. La storia, il tempo e il creato furono spazzati via dall’esistenza e anche l’esistenza stessa morì.

Con uno schiocco di dita la città era sparita. Tutta la sofferenza creata dalla guerra era stata annientata. La bomba era debuttata in società, creando la malattia e somministrando la cura mortale. Poi giunse l’onda d’urto. Le foglie sparirono, gli uccelli diventarono puntini lontani. Tutti gli aerei erano salvi e distanti dall’onda, tranne uno. Lento che cercava di raggiungere lo stormo da cui si era allontanato, fu colpito dall’onda e cadde. Le eliche faticavano, il motore fumava e le ali si piegavano. Charlie lo vide arrivare. Un puntino, un sassolino, una pietra, un cappello, uno scudo, una ruota, e poi Charlie capì che quello che lo stava per travolgere era un aereo.

II

Fantasia

L’aereo non lo uccise e Charlie non ne fu sorpreso. Proprio di fronte al suo naso ora sanguinante, l’aereo era immobile, sorretto solo da una piccola colonna con a ridosso una targa dorata.

A mio nonno,

che ha dato la vita

e lasciato un tesoro.

Grazie, Lara

L’aereo era un cimelio e le persone sulla strada si fermavano solo per vederlo da più vicino. E dopo averlo visitato, “visto che ormai siamo qui,” le persone restavano ed entravano nel ristorante di fianco, anche solo per un caffè o un semplice tramezzino. Quell’aereo non volava, ma certamente funzionava: attirava clienti.

Il viaggio di ritorno Charlie lo passò con il naso contro il finestrino e gli occhi fuori dall’auto. Immaginava.

La strada sotto l’auto vibrò, poi, come spaventata, iniziò a tremare. Su di essa si formarono piccole crepe distanti, e man mano che la terra continuava quelle fessure si incontrarono e si unirono, diventando mastodontiche, come un graffio sulla faccia della terra. Gli uccelli presero il volo e abbandonarono quel luogo insicuro, i cavalli trottarono quanto più lontano possibile e infine la terra si alzò. Fu come un’esplosione: interi pezzi di terra volarono in aria, rivelando un enorme buco da cui venne la nebbia, che inondò la terra.

La madre di Charlie fermò l’auto e guardò suo figlio. Poi i loro sguardi furono catturati da una sagoma, ferma di fronte all’auto. Tutto intorno era sparito, la strada e il cielo erano stati cancellati dalla gomma e il panorama ridisegnato dalla matita. Grigio ovunque. Infine era arrivato il colore e aveva sfumato quella figura nera. E un’asticella. Anche se poteva vederne solo la sua silhouette, Charlie capì che quel mostro stringeva nella sua mano qualcosa, come una linea.

“Lo vedi anche tu, vero mamma?”

Lei annuì, tenendo stretta la mano di suo figlio. Tutto era immobile.

La silhouette si mosse e la linea si fece più corta.

“Cosa sta fa-”

La falce affondò nell’aria e l’auto fu morsa. Il tetto dell’auto era volato via e il vetro si era trasformato in un esercito di soldatini appuntiti. Charlie guardò sua madre. La mandibola si muoveva incessantemente mentre il resto della faccia era stato tagliato via. La fontana s’aprì e dalla gola di sua madre il sangue iniziò a schizzare ovunque. La mano di sua madre era ancora stretta sulla sua e quando finalmente fu libero da quella presa mortale, Charlie iniziò a spingere sul bottone rosso della cinta. La vista di sua madre aveva toccato qualcosa dentro di lui, qualcosa che dovrebbe rimanere sepolto e mai disturbato. La cinta era bloccata, Charlie fu assalito dal panico e iniziò a dimenarsi, mentre la figura svaniva nella nebbia. E più cercava di distruggerla e più quel serpente nero lo stringeva a sé. Poi il tonfo. E dopo il tonfo, il terremoto. E ancora, un altro tonfo. Poi capì: non tonfi ma passi. Venivano da dietro di lui. Seppur bloccato, Charlie girò la testa e guardò dietro di sé. Vide di nuovo il mostro. Questa volta enorme, alto a toccare il sole, un gigante di oscurità. I suoi occhi a D erano rossi e lo fissavano. Le sue possenti braccia calarono su di lui e Charlie gridò.

Se sua madre non avesse avuto i riflessi pronti, l’auto sarebbe finita fuori strada ed entrambi sarebbero morti, questa volta per davvero.

“È finito, Charlie!” diceva sua madre con una mano sul volante e l’altra su di lui. “L’incubo è finito!”

Gli uccelli erano di nuovo fermi sui cavi elettrici e cantavano, i cavalli trottavano tranquilli. In alto il sole e un blu felice.

Serie: Il Ragazzo Che Vedeva Troppo


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Discussioni

  1. Ciao Valerio, mi sono letta adesso d’un fiato le tre parti del racconto e credo che dovrò farlo altre volte perché sono sicura che alla prima lettura il rischio che qualcosa scappi c’è. Il racconto è complesso e complicato, nel senso che bisogna scendere dentro con la dovuta attenzione e restarci ben saldi fino alla fine. Dentro e fuori dalla testa di Charlie, dai suoi incubi e paure, dall’apocalisse e ritorno. Il racconto è anche perfetto, il tuo modo di scrivere non lascia indietro niente. Il finale non poteva essere diverso, anche se è aperto e il dubbio resta. Mi hai molto colpita verso la fine, quando dici che il mostro stava andando a male. Non saprei dire, ma mi ha lasciato una certa amarezza. Mi fermo qui facendoti veramente i complimenti, anche se, di questo tuo racconto, si potrebbe discutere per ore. Alla prossima scrittura!

  2. Caro Valerio, difficilissimo per me commentare questo racconto cosi’perfetto in ogni parola, in ogni virgola, in ogni cosa lasciata immaginare. Ma voglio comunque lasciarti una traccia del mio passaggio e della mia gratitudine per averlo scritto, questo racconto bello, al confine fra la cruda realta’, il videogioco e le angosce pi’ forti provocate da incubi di realta’. Bravo