Il ragazzo e il mare

Era una gelida e grigiastra giornata di fine Gennaio. Un ragazzo solitario e pensieroso camminava sulla spiaggia umida. Guardò il mare e lo fissò per un paio di minuti. Nel mentre dei gabbiani giocavano e si inseguivano. In quei minuti un turbinio di pensieri pervase la sua mente.  Guardò quella enorme massa blu e riuscì a percepire la  sua mestizia melanconica, come se il suo giacere inerte esprimesse una sofferenza sorda. Nonostante le pessime condizioni climatiche, il mare era piatto come una tavola. Il ragazzo spaccò il silenzio, condito dal sottofondo flebile delle onde che battevano perpetuamente sulla riva: – Come ti senti? – Il mare non rispose, se non con l’andamento regolare delle sue onde. Il ragazzo percepì qualcosa di diverso nelle onde, ma incomprensibile e pensò: – Il mare non ha orecchie, non ha bocca, come può comunicare con me? Con il contatto fisico – Il guizzo mandò in estasi il ragazzo. Preso dall’entusiasmo iniziò a spogliarsi subitaneamente. Rimasto nudo, entrò nel mare. Il ragazzo gelava, ma sentiva il freddo solo superficialmente, come se la sua anima lo scaldasse. Forse vi erano una manciata di gradi sopra lo zero, ma il ragazzo sentiva solo l’amore che provava verso il mare. Si immerse completamente nell’azzurro del mare e riemerse dopo pochi secondi. Nuotò e arrivò dove i piedi non toccavano sabbia. Iniziò ad interloquire con il mare: – Come sei triste, lo leggo nei tuoi profondi occhi celesti, anche se, paradossalmente, la tua chiarezza tende a ingannare, a farti apparire sempre giocondo e gioviale agli occhi degli ignari passanti. Essere mistificati in continuazione dalle persone, apprezzato solo nella buona sorte, quando il tepore estivo aumenta la nostra temperatura. Ti ergono a bellezza perché ne hanno bisogno, bisogno di rinfrescarsi nelle tue candide braccia, sempre aperte. Quando il tepore svanisce tu rimani li, inerte, – una lieve pioggerellina iniziò a battere sul mare placido – aspettando l’amore eterno promesso, che viene periodicamente tradito con l’avvento del freddo. Diventi un espediente per ricordare i bei tempi caldi, licenziosi, dissoluti, non pensano a te direttamente. – il ragazzo si fermò per qualche secondo, perché il suo corpo iniziò a sussultare, facendogli capire che quella non era la temperatura ideale. Riprese – Quando non sei più affabile chi vuole farsi coccolare? Io non sono come gli altri, tu mi hai rinfrescato nei periodi caldi, io ti faccio compagna, nella solitudine che il freddo porta. – Le lacrime iniziarono a scendere dai suoi occhi, un po’ per emozione, un po’ per il gelo. Si mischiarono con la grandezza del mare – Non devi divenire un semplice ricordo, non si può apprezzare una cosa solo quando è localizzata nel passato. Devi vivere nei miei brividi, nella mia pelle irrorata dai tuoi larghi occhi, sono pronto a morire per farti vivere anche per poco. In amore non si pensa al domani. Il presente, l’essere adesso, banalizza tutto, perché il presente è l’ordinarietà. Insieme alla morte, quell’attimo fugace, che noi chiamiamo presente, è l’unica certezza, e le certezze non rendono straordinaria una cosa. Qualsiasi cosa acquisisce valore solo quando esula dal presente, quando diventa straordinario, e per essere straordinario, non può essere presente nell’attimo fugace. Quanto sono noiose le certezze. – La pioggia iniziò a battere con foga, la temperatura si abbassò, ma il ragazzo, refrattario, continuava a non sentir nulla – Tutti i fortunati che riescono a buttarsi nei tuoi occhi, quando sei mite e piacevole, non hanno la consapevolezza del tuo valore, diventi banale perché non sei più un evento straordinario, ma mera routine. E quando si ricordano della tua bellezza? Quando non sei più agibile, quando il freddo ti rende impraticabile, perché sei sfuggito da quella routine, sei sfuggito dalla banalità insita nel presente, diventi un ricordo, diventi il passato, e a differenza del presente, il passato, può essere straordinario. Come quando accade un evento tumultuoso, la mente umana, per processare la straordinarietà di ciò che è appena successo, ha bisogno di tempo, il tempo esatto per far si che quell’evento scappi dal presente e diventi passato. Le menti straordinarie non possono essere riconosciute come tali se esistenti, se vive, in quanto “vivo” equivale all’essere nell’adesso. Quei geni devono morire, scappare dal presente, perché sia riconosciuto il loro valore in senso assoluto e non relativo al tempo. Tutti sono, per se stessi, la propria normalità, e chi condivide il presente con loro viene giudicato alla stregua della loro normalità, magari può essere migliore ma non straordinario, in quanto è, come tutti. Per essere quello che si è effettivamente, bisogna non essere. Ma io sono diverso dagli altri, io sono qui per rompere questo stupido assioma, rendere normale la tua straordinarietà riportandoti nell’adesso, e renderti straordinario nel qui e ora, almeno per me. É più facile per te, vastità, capire me, nullità. Io non voglio capirti, io voglio amarti nel bene e soprattutto nel male, Voglio che la tua straordinarietà sia assoluta. Almeno per me. – La pioggia picchiettava indomita sulla testa del ragazzo, il mare cominciò a infervorarsi, le onde violente battevano con voluttà sul ragazzo. Iniziò a perdere forza ma nonostante tutto continuava a non sentire il freddo, come se la vasta coperta del mare lo riscaldasse – Mi sento morire, ma non mi sono mai sentito più vivo di ora, tu hai dato tanto e ricevuto poco, io voglio compensare il bene che hai donato, e se il costo è la vita, morirò soddisfatto e felice. Posso morire con la consapevolezza di aver amato. Un amore vero, non verso l’idealizzazione di un passato remoto. – Il ragazzo si zittì. Si mise prono sul velluto blu agitato. Ormai esanime, si lasciò sprofondare nelle calde braccia di quel freddo mare e non risalì più. Pochi minuti dopo la pioggia si fermò d’improvviso, il mare si calmò. Un raggio di sole uscì avidamente da quel cielo grigiastro. Illuminava la zona dove il ragazzo soccombette all’amore. Voleva amare, ci riuscì pagando con la vita.

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Discussioni

  1. “Per essere quello che si è effettivamente, bisogna non essere.”
    ho interpretato questa frase nel senso che per raggiungere pienamente l’essere bisogna sottrarsi al divenire. Può anche darsi che abbia frainteso.

  2. Pur se presentato con toni ordinati di scrittura e la descrizione di un ambiente suggestivo, non posso fare a meno di notare che il fulcro è la fusione totale tra la massa d’acqua e quella dell’animo, una unica cosa, fino al finale. Un racconto che racconta la liberazione nell’ultimo atto di chi sceglie la parola exit. Apprezzato.