
Il Respiro del Veleno
Zurigo, novembre. La pioggia cadeva sottile mentre, Angela camminava veloce lungo il viale che portava al Politecnico, stretta nel suo cappotto di lana. L’ansia le stringeva lo stomaco: Clara, la sua coinquilina e amica da sempre, era scomparsa due notti prima. Apparentemente una scappatella con una nuova fiamma.
Angela non ci credeva. Clara non era il tipo dedita come era al suo lavoro di ricercatrice. Da settimane lavorava a qualcosa di segreto, un progetto chimico, diceva, “per un seminario privato”. Angela aveva trovato un taccuino con formule incomprensibili e il nome di un uomo scritto a margine: **Dr. Caligari**.
Un professore di storia politica? No, molto di più.
Caligari insegnava *Geopolitica della Sicurezza Internazionale*. Parlava cinque lingue, nessuno sapeva dove vivesse di preciso, e il suo sguardo — freddo, attento — sembrava vedere due secondi nel futuro. Corporatura media, sempre vestito di scuro, amava giocare con un sigaro tra le dita.
Angela lo aspettava davanti al suo ufficio nel sottosuolo del policlinico. Quando lui arrivò, la fissò con quegli occhi grigi e immutabili.
— Dottoressa Meier, cosa la porta qui?
— È per Clara. Era nella sua classe. E… qualcosa non torna.
Lui rimase in silenzio un attimo. Le fece cenno di entrare.
Lo studio odorava di cuoio e tabacco. I libri ordinati per decenni, non per autore. Angela parlò. Raccontò tutto. La scomparsa, il taccuino, le voci di strani personaggi che si aggirano nei dintorni del campus. Fù quando disse la parola *formula*.Che lo vide irrigidirsi.
— Posso vedere il taccuino?
Glielo porse. Caligari lo sfogliò, poi lo chiuse con un gesto secco.
— Se quello che dite è vero, la sua amica era coinvolta in qualcosa di grosso e sporco. E ora è lei ad essere in pericolo.
Angela si sentì mancare il respiro. Caligari le porse un bicchiere d’acqua.
— Mi lasci il taccuino, le prometto che proteggerò lei ed il segreto che Clara stava custodendo.
– E Clara ?
– Si prepari al peggio.
—
I giorni seguenti furono un incubo ovattato. Due uomini cercarono di forzare la sua porta. Un’auto la seguì per tre isolati. Una notte, qualcuno lasciò un biglietto sotto la sua finestra: **”Dacci la formula, o seguirai Clara.”**
Caligari si fece sempre più presente. La scortava, le parlava con voce bassa, gentile. E Angela si lasciò cullare da quella sicurezza. Lui era l’unico che sapesse cosa stava succedendo.
Una sera, nascosti in un rifugio sotto la biblioteca centrale, Caligari le raccontò parte della verità: era stato nel controspionaggio elvetico per vent’anni. Aveva visto formule come quella: un composto sintetico capace di alterare la coscienza, più potente dell’LSD, più dipendenza dell’eroina. “Perfetta per il controllo”, disse. “O per la guerra.”
Angela si avvicinò a lui. Le sue labbra tremavano.
— E tu… perché mi aiuti?
Lui la guardò. Silenzio. Poi un sussurro:
— Redenzione.
—
La verità esplose una settimana dopo.
Angela, insospettita da quell’uomo, troppo presente sempre pronto a smorzare ogni avvisaglia di pericolo, troppo sicuro di sé e allo stesso pronto a insinuare il dubbio in Angela su ogni persona o amici che si avvicinavano a loro, seguì Caligari. Lo vide incontrarsi con un uomo in un vicolo di Oerlikon. Riuscì a capire solo alcune parole: formule, campione, ragazza.
Tornò a casa con un nodo in gola. Non riuscì a dormire. Il giorno dopo, Caligari le disse che dovevano partire. “Un laboratorio sicuro in Engadina.”
Ma Angela lo affrontò.
— Sei tu. Tu hai venduto Clara. Tu lavori con loro.
Per la prima volta, vide una crepa nei suoi occhi d’acciaio.
— Non tutto è come sembra, Angela.
Fu allora che i marsigliesi colpirono.
Tre uomini armati, entrarono nel ufficio del professore. Caligari reagì. Uno colpo secco al primo, un proiettile silenziato al secondo. Il terzo cercò di prendere Angela, ma Caligari lo colpì con il calcio della pistola lasciando esamine.
Angela tremava, paralizzata, mentre Caligari svuotava le tasche dei malcapitati in cerca delle chiavi dell’auto e di altre armi.
— Hai detto che lavoravi per loro.
— No, ho detto che li conoscevo.
— Allora chi sei veramente?
Caligari si avvicinò. Con delicatezza, le prese la mano.
— Sono l’unico che può salvarti da ciò che Clara ha lasciato dietro.
Aprì una borsa. Dentro, una fiala di vetro azzurrina. La formula.
— Loro la volevano per venderla. Io… la voglio per distruggerla. Ma non oggi.
Angela lo fissò.
— Perché?
Caligari sorrise, per la prima volta. Un sorriso obliquo, ambiguo, quasi dolce.
— Perché chi possiede il veleno… possiede anche l’antidoto.
—
La polizia trovò i cadaveri, un laboratorio in fiamme, e nessuna traccia del professor Caligari, mentre Angela ritorno al suo tran tran. Ma a volte, la notte, nei suoi sogni rivedeva quegli occhi grigi, e quel sorriso ambiguo.
. I giornali parlarono di un regolamento di conti. Il Politecnico di Zurigo chiuse le lezioni per una settimana.
Tre mesi dopo, a Lione. Nuovo taglio di capelli, nuovo nome, una donna stava sorseggiando un bellini al tavolo di un bistrot insieme ad un uomo.
– Clara come ti trovi a Lione.
-Dottor Caligari, non so come sdebitarmi grazie a lei sono viva e salva.
– Questo è nulla paragonato a quello che la tua formula farà per me.
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