
Il rischio e l’abisso della fiducia
Serie: Anatomia sepolcrale di un sogno
- Episodio 1: L’arrivo e le altezze
- Episodio 2: Il coltello e i ricordi
- Episodio 3: Nel cuore della notte
- Episodio 4: Ombre rosse
- Episodio 5: Le parole nel buio
- Episodio 6: Il temporale
- Episodio 7: La visione
- Episodio 8: La rivista di poesia ermetica
- Episodio 9: La finestra dell’albergo
- Episodio 10: La prima accoglienza
- Episodio 1: Il solletico dell’assassino
- Episodio 2: Ingresso in camera
- Episodio 3: Prima di cena
- Episodio 4: Inizio della cena
- Episodio 5: L’arrivo a Praga
- Episodio 6: Vita con Edo
- Episodio 7: Delle carte utili e inutili
- Episodio 8: Col respiro spezzato
- Episodio 9: Primi mutamenti
- Episodio 10: Incontro con il direttore
- Episodio 1: L’invito domenicale
- Episodio 2: La sentenza
- Episodio 3: Riverberi dal pranzo
- Episodio 4: Il sonno di Edo e la telefonata
- Episodio 5: Dalla parte di Gustav
- Episodio 6: L’arrivo di Lara in albergo
- Episodio 7: Il rischio e l’abisso della fiducia
STAGIONE 1
STAGIONE 2
STAGIONE 3
«Aspetta, vorrei essere sicuro che mia moglie mi abbia visto» feci al poeta, cercando di farmi spazio.
«Non credo che ti abbia visto, avvocato. Al momento si è accorta solo di me. Fidati, Gustav, almeno una volta. La fiducia negli altri è fondamentale. Come uomo di legge, soprattutto tu, dovresti insegnarcelo, avendo avuto a che fare con le tipologie più svariate di persone, attraversate dai gradi più estremi d’innocenza e di colpevolezza, dalla santità all’assassinio, che non sempre denotano o certificano, attraverso i resoconti delle loro azioni, la loro reale natura. Credo, perciò, che l’istinto primordiale alla fiducia rappresenti il fattore essenziale e intuitivo per ogni tipo di attività basata sulla relazione. Il rischio è l’abisso irreversibile dell’aver fiducia, naturalmente, che è lo stesso dell’aver fede, amici. La mia fiducia in Edo, per esempio, l’amico agente della Polfer e nel direttore della rivista di Praga, è la prova lampante di come sia importante affidarsi, nonostante le cose non vadano come si credeva o si pensava che andassero. Se le mie poesiole fossero state pubblicate col mio nome, non è detto che la mia carriera poetica avrebbe avuto l’evoluzione straordinaria che speravo. Forse le cose sarebbero finite lì, chi può dirlo. Mi sarei sentito onnipotente, gustandomi l’ebbrezza della stampa fresca, sulla panchina di un parco deserto, avvolto nella nebbia del mattino presto, senza testimoni al mio fianco, sognando a lungo nei miei versicoli; ma forse tutto sarebbe sfumato nel giro di giorni, di settimane, al massimo di qualche mese, per precipitare nell’oblio. La mia strada in discesa mi avrebbe viziato e la mia avventura sarebbe finita lì, con le paginette scialbe di una domenica letteraria praghese. Certo, qualcuno di voi potrebbe dirmi che dei testi sottratti con l’inganno dovrebbero confermarne il loro valore intrinseco, attestando il fatto che soltanto io potrò continuare a crearli, e che la vena di Edo, al contrario, finirà di certo lì, nella miseria subdola dell’inganno. Potrei condividere il vostro punto di vista, ma al momento non voglio misurare la mia espressività con il mio passato, ma dedicarmi soltanto al nuovo, all’energia di ciò che non è più stato, ma che preme per vedere una sua prima luce. A me importa fondare una rivista ermetica del presente che sia soltanto mia, e il mio atto di invitarvi e rendervi partecipi di un progetto così ambito e rivoluzionario rimane un atto fondamentale di fiducia verso di voi, verso il mio e il vostro futuro, e un atto di fede verso il mistero della vita, che è molto più grande del mistero della poesia.»
Stain si fermò di colpo e fece un lungo segno col braccio a Lara, che continuava a parlare col portiere dell’albergo, sollevando qualche volta il viso alla finestra, per poi distendere un grande sorriso destinato solo al poeta e a nessun altro al di fuori di lui. Cercai a tutti i costi di rendermi visibile, sporgendomi e allungando il braccio nella sua direzione, tentando di aprire la finestra e gridare il suo nome contro le tenebre, ma Stanislao mi bloccò: «È inutile. Se non ti ha visto fino a ora non ti vedrà più. Sta salutando soltanto me, penso che sia palese. Lascia correre e non forzare. Non otterresti granché.»
«Per favore, Stain, fammi aprire la finestra. Devo parlarle adesso! È importante. Sono suo marito, ne ho tutto il diritto» gli dissi, cercando di farmi spazio, quando mi sentii afferrare alle spalle da Ariele.
«Sarebbe meglio che ti calmassi, invece. Andiamo, respira e non agitarti. Potresti sentirti male» e mi trattenne con forza, riportandomi a tavola, dove fui preso da una spossatezza improvvisa. Il capo si era fatto pesante, allo stesso modo gli occhi. Ariele mi raccomandò di non pensarci, che Lara di certo ci avrebbe raggiunto e tutto avrebbe ritrovato il suo ordine.
Nel frattempo il poeta descriveva con cura la scena che vedeva scorrere dalla finestra.
«Adesso il portiere ha finito di parlarle. Sono certo che a momenti Lara salirà in camera. Tu, Ariele, dovresti chiamare il cameriere. Mi serve un’altra sedia, un bicchiere pulito, meglio un calice, una bottiglia di vino ben fresca e una tagliata di formaggi, accompagnati con delle buone conserve, giusto per organizzarle un’accoglienza adeguata. Ti chiedo troppo?» disse il poeta.
«Assolutamente no. È solo che… non so dove si trovi il cameriere. Non c’era un campanello per chiamarlo in camera?»
«A quest’ora il campanello non funziona, purtroppo. Il cameriere è in una stanza dalla porta rossa, detta la stanza privata dei camerieri. È la numero 19. Si trova al nostro piano. La riconoscerai per via del colore sgargiante e scarlatto. Ti ringrazio di cuore» gli disse il poeta. Ariele uscì fuori, mentre Stanislao si allontanò dalla finestra per sedersi accanto a me.
«Lara sta per arrivare. Mi raccomando, avvocato, cerchiamo di rimanere tranquilli. Dobbiamo badare al bene della rivista sopra ogni cosa. Non devono esserci tensioni di alcun tipo tra i collaboratori, capisci?» mi disse il poeta.
«Ma che cosa aveva da dirsi mia moglie col portiere di notte che non ha mai visto, allora?»
«Chi ti dice che si debba parlare a lungo unicamente con persone che si sono già viste, Gustav? Io invece penso il contrario: se ti ho già visto e ti conosco, avrò meno curiosità di parlarti. La parola è uno dei primi strumenti di conoscenza e di indagine. È per questo che il portiere in divisa ha parlato a lungo con Lara. In primo luogo per conoscerla e intuirla a fondo, ben sapendo come sono sospettosi e ostili i clienti di questo albergo rispetto ai nuovi arrivati. Con un’indagine verbale avrà potuto scartare i fattori principali di rischio, relativi alla presenza di una persona estranea, come lo è tua moglie al momento, almeno per lui, che non credo l’abbia mai vista prima, insomma: si sarà rassicurato che tutto sia in regola. È un suo diritto e nello stesso tempo un suo dovere, essendo, come portiere, responsabile di qualsiasi cosa accada qui durante la notte. Non trovi?»
«Sarà …» gli feci, con aria assente, del tutto disilluso, desideroso di svanire, dissolvermi.
Serie: Anatomia sepolcrale di un sogno
- Episodio 1: L’invito domenicale
- Episodio 2: La sentenza
- Episodio 3: Riverberi dal pranzo
- Episodio 4: Il sonno di Edo e la telefonata
- Episodio 5: Dalla parte di Gustav
- Episodio 6: L’arrivo di Lara in albergo
- Episodio 7: Il rischio e l’abisso della fiducia
Hai un modo molto professionale di scrivere, nel senso proprio di maturo e coinvolgente, da libro. Complimenti.
Ciao, Marta. Ti ringrazio davvero molto della tua lettura e delle tue parole. Un saluto e buona scrittura.