
Il risveglio
Serie: WAKE UP
- Episodio 1: Un volo amaro
- Episodio 2: Il risveglio
STAGIONE 1
«Svegliati, idiota!» gridò Dave spalancando la porta.
Alle otto del mattino, un triangolo di luce si allungò sulla moquette lercia fino a una striscia di peli neri che spuntava da sotto il letto come uno zerbino storto.
Alfie drizzò le orecchie, gli occhi lucidi nella penombra, e restò immobile. Il cane sapeva bene che quando Dave si svegliava con quella voce, era meglio fingersi morto.
«Cristo, ancora dormi?»
Lucas si svegliò di colpo. La testa pesante sul cuscino, le palpebre gonfie e il gusto amaro della notte ancora in bocca. Strizzò gli occhi e, tra ombre e luci, vide Dave in fondo alla stanza. Aggrappato al pomello della porta e ciocche di capelli unti che gli ciondolavano sul viso.
«Che c’è? Cinque minuti…» biascicò, ficcando la testa sotto le lenzuola.
«Cinque minuti un cazzo. Alzati. Non lo senti?» sbuffò Dave, esasperato. Tutte le mattine la stessa storia.
Salì le scale che portavano in mansarda. I gradini di legno, incurvati come il dorso di un asino insellato, ragliavano a ogni passo.
Sentire cosa? si domandò Lucas.
Improvvisamente, dalla strada, il suono di un clacson gli arrivò alle orecchie. Cavolo! Il professore è già qui.
Il cuore gli saltò nel petto e l’adrenalina lo fece sobbalzare come un capriolo.
Corse alla finestra e l’aprì. L’aria gelida si mescolò con il tanfo acre che galleggiava nella stanza.
«Arrivo, un minuto!» gridò con la voce impastata dal sonno.
In strada, John era seduto nella sua Vauxhall Astra del ’92 di colore rosso, ma solo per ricordo. Sbuffando, richiuse con un colpetto il finestrino che aveva leggermente abbassato.
Era una giornata di gennaio. Una leggera foschia avvolgeva le lunghe case a schiera di Chapeltown e il cielo grigio preannunciava la tipica pioggerellina dello Yorkshire.
John aveva l’aria di uno che non dormiva mai. Capelli corti e ondulati, barba rasata con precisione da chirurgo. Alto e magro. Mani lisce e curate. E sempre lo stesso completo di velluto.
Era un insegnante d’inglese, e ogni mattina passava a prendere il ragazzo.
Lucas non aveva mai capito perché, fra tutti gli alunni, John fosse così gentile solo con lui. Ma cavolo se quei passaggi gli facevano comodo. E poi, a chi importava il motivo.
Poco più di un minuto per vestirsi, andare in bagno, sciacquare il viso e lavarsi velocemente i denti. «Mi devo dare una mossa. È tardi, anzi tardissimo.»
Uscì affannato dal bagno senza nemmeno pisciare, scese di corsa al piano terra, afferrò la giacca al volo, si infilò il cappellino e raggiunse John.
Il motore era ancora acceso quando salì in macchina. Dallo scarico, una condensa di fumo bianco e un odore penetrante di gasolio impregnava l’aria. Dentro, la ventola del riscaldamento a palla e il profumo di dopobarba riempiva l’abitacolo.
Nell’autoradio John aveva inserito la solita cassetta di James Brown. In un giorno qualunque, partendo, avrebbe canticchiato “I feel good… so good”, battendo a ritmo le dita sul volante.
Quel mattino, no. Sul cruscotto, lo “Yorkshire Evening Post”. In prima pagina, si leggeva:
“Video scioccante: gang armata di machete rapina gioielleria su Call Lane Road.”
Dall’alba, quei fotogrammi pubblicati non lo lasciavano in pace. Le immagini degli uomini armati gli si erano impresse nella mente.
«Scusa, John, non ho sentito la sveglia», disse con il respiro accelerato.
Una montatura nera sul naso incorniciava piccole lenti tonde, e gli occhi stanchi di John posarono uno sguardo severo su Lucas.
«Si vede. Ieri sera è stata lunga, immagino. Hai fatto serata con i tuoi amici?»
«No, ma quale serata…» Si bloccò. Lo stomaco gli si strinse quando vide il giornale proprio davanti al naso. Call Lane. Non è possibile. Questo è un incubo, penso Lucas.
«Ieri io e Dave abbiamo fatto il turno di notte», fu la prima scusa che gli passò per la testa.
«Quale turno?» rispose John, curioso.
«Niente, un lavoretto… con Dave.» La voce gli tremava.
«Ah… con Dave,» quasi gli uscì senza volerlo.
Lucas strinse le mani tra le gambe. Perché l’ho detto? Avrebbe voluto raccontargli tutto. E se John lo avesse giudicato? Si mise a farfugliare di un lavoro che aveva trovato qualche tempo prima con l’amico.
Con nomi falsi, per non perdere i soldi del sussidio, Dave lo aveva costretto a farsi chiamare Mr. G. Venti.
Così appariva sul cedolino settimanale della Contract UK Employment Services. E quando parlava del suo amico Dave, Lucas doveva stare molto attento a ciò che diceva.
Il vetro appannato rifletteva il suo volto teso, e per un attimo Lucas si sentì intrappolato. Si chiese come avrebbe fatto a evitare guai per un altro giorno.
Le mani di John tremavano appena sul volante, Lucas lo notò, ma non disse nulla. Si ricordò cosa aveva sognato. Quanto gli sarebbe piaciuto ritornare a letto e riprendere il suo sogno.
Mentre il professore ingranò la prima, Dave, in mansarda, a denti stretti, si sollevò la maglietta. A malapena riuscì a torcersi per intravedere… «Cazzo! Che male!» il fiato gli uscì spezzato.
Sulla pelle pallida, un alone violaceo gli copriva la schiena. Sempre io che incasso.
Dave non si sarebbe fatto curare neanche se gli avessero diagnosticato il cancro, figuriamoci per un livido. «Quando sarà la mia ora, farò come gli eschimesi… o come cazzo si chiamano… i cosi…» Non gli veniva in mente. «Proprio quelli… che quando sanno di morire si allontanano dal villaggio. Ecco, quei cazzutissimi Inuit. Loro sì che muoiono come veri uomini», aveva detto un giorno alla compagna, fiero e mezzo ubriaco.
Continua…
Serie: WAKE UP
- Episodio 1: Un volo amaro
- Episodio 2: Il risveglio
Ho letto di fila i due episodi. Mi piace lo stile di scrittura: lo trovo molto adatto al contesto del racconto. Forse mi sbaglio, ma Lucas e David c’entrano forse con la rapina. Bravo, Gianluca!
La storia si fa sempre piú misteriosa e accresce la curiosità. Aspetto i prossimi episodi per capire meglio.