
Il soldato del plastico
Marciava lungo la strada.
Shakò in testa, zaino, moschetto in spalla, aveva davanti a sé la battaglia. Intorno, gli altri commilitoni camminavano e cantavano un inno di guerra. Il comandante a cavallo accorreva agli ordini dei superiori, il generale era seduto e aveva disteso le gambe su un tamburo lasciato lì da un tamburino ucciso dagli inglesi.
Il soldato aveva dietro di sé una una vita: nato in Francia, studi scarsi, molti guai da discolo, si era arruolato per difendere l’Impero dei francesi dalle potenze coalizzate. Per la Francia avrebbe fatto tutto, anche per l’Imperatore. Ma aveva sempre qualcosa che non gli tornava, alle volte mentre marciava, come in un sogno, si figurava che tutto fosse sempre stato così e nulla sarebbe cambiato.
Marciare per sempre verso un combattimento che mai sarebbe avvenuto, lui più una statuina cristallizzata nel tempo.
Si sbagliava.
Alzò gli occhi al cielo, tutto bianco, si era accesa una luce, era il Sole ma cominciava a pensare fosse un sole artificiale. Come una candela, soltanto più potente e più grande in sua proporzione.
Vide allora i numi circondare la piana d’erba e fango in cui lui marciava – i numi: dei giganti – i giganti parlavano fra loro e lui li capì, impossibile non sentirli visto il tono di voce:
«Belle miniature. Quanto tempo hai dedicato a questo lavoro?».
«Un anno della mia vita» sospirò l’altro.
«Siamo a Waterloo, nel 1815» disse un altro dei giganti, l’ennesimo. «Lì si vedono i reparti della Grande Armata, dall’altro lato quelli dell’Armata dei Paesi Bassi. Si notano subito Napoleone e Wellington con i rispettivi stati maggiori. Questo è il momento prima della battaglia anche se si notano già le prime scaramucce».
«Infatti. Qui e qui ci sono già le linee di schermaglia, qualche morto, qualche ferito, i barellieri stanno accorrendo e in quest’angolo si vedono i chirurghi che preparano i loro strumenti».
Il soldato si augurò di non finire vittima dell’attenzione dei chirurghi, anche se capì all’improvviso che i giganti avevano ragione: lui era una miniatura e viveva da sempre in un plastico. Non avrebbe mai combattuto. Peccato, che vana attesa. Continuò a marciare, stavolta con ancora più solerzia.
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Bell’idea! Ma meritava uno sviluppo… si lo so, è il tuo stile… Ma questa storia poteva intrigare di più!
Hai ragione, ma sono sempre in un turbine di idee e molte non le approfondisco come si deve. Grazie del tuo commento!
Interessante storia. Bella descrizione del protagonista senza svelare subito i dettagli. Ho immaginato la scena, e quando sono arrivato al punto dei giganti è scattato il famoso “aahhhh” 🙂
Grazie per il tuo bel commento
Non rispondermi ancora che sei un cretino, se dico che hai radici profonde e un modo interessante di rivitalizzarle.
Ciao! Mi sono connesso apposta per leggere il tuo ultimo librick. Non so risponderti, è solo che ho molta fantasia, tutto qua
e molta sapienza consolidata