Il sole di mezzanotte

Serie: Anatomia sepolcrale di un sogno


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Gustav, lasciato da solo nella camera della stipula, non resiste alla sua tensione e firma con uno sprazzo illeggibile, senza il vaglio dei testimoni. Poi esce di nuovo fuori, dove incontra la cantante, stavolta in un abito rosso e con una carica seduttiva irresistibile che lo travolge in pieno.

Liberato il groviglio del suo abito rosso dalle scarpe, la cantante trattenne i seni nelle braccia, sbirciando sul foglio del mio contratto, per poi guidarmi lungo i tornanti delle carezze verso l’ortografia corretta. Mi divertivo un mondo, perché a ogni curva sul suo corpo la mia firma riprendeva il corso fluido di una sua nuova vita, ancora più erratica e travolgente. La completai tutta, quando lei ebbe un attimo di sgomento, quasi un capogiro, dicendo di avvertire l’arrivo di un orchestrale, forse del trombonista Alex, che si credeva suo fidanzato, quando a sua detta non era così.

«Avanti, avvocato, non c’è tempo! Non si preoccupi della firma. Testimonierò per lei che sia autentica a tutti gli effetti, e che rispetti i canoni di eleganza e decoro calligrafico, a patto che mi aiuti a ricompormi e a chiudermi il vestito. Me lo aveva promesso, ricorda? Tra poco devo attaccare il primo brano del secondo tempo e sento già l’odore del trombonista dietro la porta. Spero che l’abbia chiusa a chiave» mi disse, raccogliendo dal pavimento il suo abito stropicciato.

Le garantii che la porta l’avevo chiusa a chiave, ripromettendomi di aiutarla con la lampo del vestito, il tempo di controllare che la mia firma fosse ancora visibile. Ero terrorizzato al pensiero che potesse estinguersi, come era già successo, ma una volta appurato che era sempre lì, trattenni la sua lampo con i denti e il lembo fiammante dell’abito con le mani .

«Faccia attenzione, avvocato. Mi ha preso un po’ di carne, non se ne è accorto?» e mentre risalivo vedevo un segno strano impresso dietro la sua nuca, dove scorsi la mia firma in miniatura, la stessa ricomparsa per incanto sul foglio del contratto. Mi chiese cosa stessi facendo, incitandomi a sbrigarmi – aveva percepito il mio respiro ansimante accanto al suo orecchio, mentre leggevo e rileggevo la tarantola della mia firma nel pieno dell’eccitazione.

«La porta è chiusa, avvocato? Le dispiacerebbe controllare, per piacere? Altrimenti non trovo pace» aggiungendo a quelle piccole richieste una serie di ordini secchi, perentori, in modo da ottimizzare i tempi, dovendo ancora provare il microfono, le luci, la posizione esatta sulla pedana, per cui mi toccava sbrigarmi e riporre la punta del bischero nella fondina, proprio mentre suonò la sirena degli orchestrali, che segnava la fine della loro pausa fumo.

«Giusto in tempo, avvocato. È stato meraviglioso. Adesso scappo davvero, però. Ci si vede dopo, alla mia prossima pausa» e mi sgusciò dalle braccia. La sua lampo era a posto, ormai, proprio come la mia firma. La porta, dopo i suoi scatti di chiave, era tornata aperta, ma una volta che lei uscì fuori la mia firma svanì. Mi accinsi a impugnare la penna stilografica e a firmare di nuovo, quando nella stanza entrarono mia moglie e il poeta. Lui sorridente e in splendida forma, con un calice di prosecco in una mano. Lara, tutta impettita, masticava un chewing gum e indossava un completino rosso cortissimo, che non le avevo mai visto.

«Stavo appena firmando. Come vedi tutto è ritornato in perfetto ordine, Stanislao. Da ora in poi farò tutto ciò che desideri» gli dissi, ignorando la presenza di mia moglie. Lui smise di sorridere e mi guardò con un viso sbiadito, lo stesso della mia Lara, che faceva le bolle rosa con la gomma, mentre le fissavo le cosce nelle calze scure, in quel vestitino strettissimo che nemmeno le ricordavo – di sicuro non era il suo. Poi risalii lungo i fianchi e lei fece scoppiare la gomma, forse per dispetto, guardando altrove, oltre me, con indifferenza, quando il poeta mi disse: «Vorrei una spiegazione sul tuo comportamento, Gustav, e poi… riguardo alla tua signora, non vedi che pezzo di ragazza che hai lasciato da sola in albergo? Non sai cosa dirmi? Guarda me, per favore. Con Lara avrete tutto il tempo di chiarire o di sollazzarvi. Ora è importante che tu mi ascolti, però. In un contesto di ermetismo lirico e di rinnovamento come il nostro, avvocato, bisogna stare attenti a come muoversi, a come allontanarsi e avvicinarsi alle camere e alle persone adeguate nei momenti più opportuni. Dal tribunale sono arrivate diverse chiamate, altre dallo studio legale, come ti avranno riferito. Tutti davano la colpa delle tue inadempienze alla nostra rivista. Con tua moglie, io non vorrei ripetermi, ma lasciare nel buio dei corridoi un paio di gambe del genere è pura follia» e così Lara cominciò a ridacchiare, stringendosi al braccio del poeta, che mi chiedeva di ascoltarlo e nello stesso tempo esigeva delle spiegazioni sul mio comportamento indecoroso, spiegazioni che non avevo. Chiesi al poeta come si sentiva, dicendogli che si vociferava di un suo attacco di cuore. Lui scoppiò a ridere, prese un seno di mia moglie e se lo strinse come uno straccio in una mano. Poi mi guardò fisso, con la presa sempre ben salda, chiedendomi se un poeta reduce da un attacco di cuore avrebbe mai potuto stringere un seno con tale forza.

«Tu permetti, vero?» e Lara lo lasciò fare e poi rideva, mentre il poeta abbandonava e riprendeva simultaneamente la pressione esercitata sul suo seno triste da studentessa, mentre la mia firma riprendeva a sbiadirsi, poi a ricomporsi per gradi, e il poeta si ostinava a stringere, in un moto alternato, isocrono al mio corsivo, quando scorsi una lacrima sul viso di Lara.

«Per favore, la mia firma sta sbiadendo di nuovo. Potresti stringere ancora?» gli dissi, con aria disperata.

«Allora ti sei deciso! Finalmente il nostro direttore si è deciso» fece Stanislao, girandosi verso Lara.

«Mi sono deciso, ma va precisato che dopo qualche tempo la firma sbiadisce. Non so per quale ragione. Dovresti stringerlo di più, potrebbe funzionare.»

«Devo torcerlo, allora?» mi chiese il poeta, e Lara ingoiò una lacrima per il dolore, poi si morse la lingua, mentre da poco lontano riaffiorò la voce della cantante, tersa e sognante come il sole di mezzanotte. 

Continua...

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