Il sottopassaggio
Il sottopassaggio era lì. Era lì e sembrava esserci da sempre. Quando c’era la guerra non fu distrutto e quando ci fu altro era lì a permettere alla gente di passare sotto l’incrocio più trafficato della città.
Non lo sarebbe più stato.
Nella vita si nasce e si muore, è la vita. Anche il sottopassaggio avrebbe fatto lo stesso.
Da pochi giorni era morto Mao Tse Tung e in tutta Italia ci si scannava per le proprie idee politiche. Mariano voleva dare il suo contributo.
Il sottopassaggio era sempre stato un luogo pulito e ordinato, ma negli ultimi tempi il Comune si era un po’ perso. Non era difficile trovare cartoni abbandonati.
Fra questi, Mariano aveva inserito il suo regalo.
Non lo faceva per rabbia, per vendetta o che altro, ma solo perché in Italia ci fosse la rivoluzione. Anzi, no, la Rivoluzione. D’accordo, a Jalta il Bel paese era stato ceduto all’influenza americana, ma erano trascorsi trentuno anni e molto era cambiato. Se poi non fosse avvenuto nulla dopo quel che Mariano stava per fare… be’, l’avrebbe ripetuto. Il duomo? La caserma di polizia? Il municipio? Tutto era possibile. Lui lo faceva in nome del popolo.
Adesso era il momento più adatto. Era l’ora dell’uscita dalle scuole, gli studenti affollavano il sottopassaggio e le macchine erano ferme ai semafori proprio sopra il sottopassaggio.
Sarebbe stata una carneficina.
Ma Mariano era emozionato. Avrebbe dato il suo contributo alla Rivoluzione e qualche gruppo di insorti gli avrebbe dato retta.
Mariano si immaginò gli studenti borghesi affrettarsi verso le stazioni dei treni, mentre i dirigenti delle industrie sulle loro automobili di lusso attendevano a che i semafori diventassero verdi.
Uno.
Due.
Tre.
Mariano premette il pulsante.
Il suo cuore fece un tonfo mentre il cervello si immaginava il boato a cui sarebbe seguito il collasso.
Sarebbe stata una carneficina.
Fu una carneficina.
Ma nel suo cuore, solo nel suo cuore.
In effetti non successe nulla e solo in quel momento Mariano si accorse che degli agenti di polizia stavano facendo uscire dal sottopassaggio gli studenti. A sirene spiegate arrivarono dei furgoni e sopra c’era scritto “Artificieri Polizia di Stato”.
Avevano scoperto l’ordigno, non poteva crederci.
Ma va bene, si disse Mariano. Avrebbe colpito altrove. Lui voleva la Rivoluzione.
Avete messo Mi Piace1 apprezzamentoPubblicato in Narrativa
Mi piace tantissimo leggere le tue short fiction. Stai diventando bravissimo nel racconto breve auto conclusivo.
Ciao Raffaele! Grazie per avermi letto e soprattutto per il complimento… e dire che questo racconto l’ho scritto il 25 gennaio.
Però Kenji, corto ma significativo, pregno di riferimenti storici! Mi è piaciuto!
Ciao Antonino! Sì, mi piace essere breve. L’idea di questo racconto ce l’avevo in mente da tanto tempo. Grazie!