Il tenente

Casamance, 1982

Amadou si spolverò le mostrine, poi indossò i guanti a mezzedita. Ora, aveva per le mani il fucile e fece attenzione che tutti i suoi uomini lo guardassero. «Mi raccomando, signori, fra poco la faremo vedere ai ribelli; impareranno cosa significa sfidare il governo di Dakar».

I soldati annuirono, fieri del loro tenente, intanto il pick-up sobbalzava a causa dei dossi della strada sterrata.

Il plotone si trovava nella regione della Casamance. Già da anni, il popolo di quei luoghi desiderava la secessione da Dakar.

Dakar non gliel’avrebbe mai concessa.

Ed ecco perché Amadou si trovava lì, era tutto un affare di controinsurrezione.

Non appena i pick-up si fermarono, il plotone scese dai pianali e, tutti insieme, i soldati si misero a rastrello, poi marciarono in direzione della base dei rivoltosi.

Non era distante, e già le prime mitragliatrici stavano scatenando le raffiche su di loro.

Senza paura, i fucilieri continuarono l’avanzata e se gli insorti non facevano giusto neppure un tiro, loro non sbagliavano: sparavano, e uccidevano.

Amadou stava sempre dietro i suoi soldati, li guidò con professionalità e vide arrivare un altro pick-up. Non lo degnò della sua concentrazione.

Ora il plotone era arrivato al limite del campo e i soldati spararono a bruciapelo ai ribelli separatisti, alcuni di loro provavano a fuggire, più che altro strisciavano perché erano stati feriti e il loro sangue si univa a quello degli altri e dei morti tanto che, più che una pozza, erano tante lame di sangue.

Fu il solito massacro.

Amadou era orgoglioso di essere un tenente dell’Esercito del Senegal, e conosceva abbastanza l’Africa per sapere quanto la violenza fosse radicata nel suo popolo e in tutti quelli del resto del continente. E forse pure nel resto del pianeta Terra, considerò mentre accarezzava il fucile come se fosse una chitarra. Neppure l’aveva adoperato.

«Stampa!», «Stampa internazionale», «Guardate da questa parte», «Alcune domande» arrivarono all’improvviso queste parole.

Amadou si voltò e vide che, dal pick-up appena arrivato, erano scesi dei giornalisti, tutti con le macchine fotografiche che lanciavano dei flash, tutti con i taccuini e le penne per documentare la battaglia.

Amadou non ci pensò troppo e si mise in posa accanto a un cadavere. Sorrise.

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Discussioni

  1. Il testo si legge bene e la scena è molto chiara e d’impatto. Si sente la tensione e l’atmosfera di guerra, ma tutto resta un po’ freddo, come se mancasse un’emozione vera. Se Amadou mostrasse anche solo un momento di esitazione o un pensiero più umano, la storia arriverebbe di certo più forte.