Il treno verso la verità

L’orologio della sala d’attesa segnava le 22:47 quando Elena Rossi estrasse il taccuino dal trench. Il neon tremolante disegnava ombre seghettate sulle pareti scrostate della piccola stazione di Monterivo.

Dodici minuti prima aveva ricevuto l’SMS anonimo: «Se vuoi la verità su tuo fratello, prendi il treno, ultimo binario».

«Non hai paura di arrivare troppo tardi?» domandò una voce ferma alle sue spalle.

«Lei doveva essere a Milano», ribatté Elena, abbassando il tono per non tradire sorpresa.

«Una soffiata mi ha detto che la mia cronista preferita stava per mettersi nei guai. Ed eccomi qui, a rubarle la scena».

«Non è una scena, commissario. È la mia vita».

Il regionale delle 22:50 frenò con un lamento metallico. Dal convoglio deserto si aprirono solo due porte.

«Torno con la verità o non torno affatto», mormorò Elena, salendo il gradino.

Ferretti la seguì, facendo schioccare il distintivo contro il fianco. Dentro regnava un silenzio irreale. Sedili impolverati, neon pulsanti. Il vagone pareva sospeso fuori dal tempo.

Il treno entrò nel tunnel. Al centro sedeva un uomo in impermeabile grigio, volto nascosto sotto il cappello.

«Signorina Rossi», disse senza alzare lo sguardo, «accomodatevi. Abbiamo poco tempo».

«Mostri il viso».

L’uomo sollevò il cappello: era Marco, suo fratello, dichiarato morto sette anni prima nell’incendio della chimica Desmet.

Ferretti estrasse la pistola. «Polizia!».

Marco scosse il capo. «Abbassa l’arma, Lorenzo. Il vagone è saturo di propano».

Elena, voce rotta: «Hanno identificato il tuo corpo».

«Era un operaio pagato per sostituirmi. Il rogo serviva a cancellare prove d’inquinamento, protetto da politici e ufficiali corrotti».

Ferretti strinse la mascella. «E adesso?».

Marco posò una chiavetta USB sul sedile. «Contiene le prove e il progetto di ampliamento che domattina la regione approverà. Se non li pubblichiamo ora, spariranno».

Il treno proseguiva nella gola di roccia.

«Il gas si innescherà quando i sensori vedranno la luce dell’uscita», spiegò Marco. «Hai sette minuti per caricare tutto sul tuo portale».

Elena accese il laptop. «Password?».

«Narciso», sussurrò Marco.

Ferretti strappò un pannello elettrico. «Se scollego la CCTV, la banda raddoppia».

Le luci d’emergenza rosse avvolsero il vagone.

«Se non riusciamo», disse Marco, «saltate prima dell’uscita. La detonazione non scatterà nel buio».

«E tu?» domandò Elena.

«Io? Sono già un uomo morto».

«Novanta secondi all’uscita».

Upload 51%.

Ferretti: «Puoi disattivare il timer?».

«No».

Sessanta secondi. 63%.

Il macchinista Lopez apparve. «Che succede?».

«Frena!» urlò Ferretti. «Deraglieremmo», obiettò l’altro.

Quaranta secondi. 78%.

Ferretti liberò un altro canale.

Trenta secondi. 86%.

«Pronta?» chiese a Elena.

«Non senza di lui».

Venticinque secondi. 90%.

Marco sorrise. «Ginocchia piegate, rotola all’impatto».

Diciotto secondi. 93%.

Ferretti spalancò la porta d’emergenza.

Quindici secondi. 95%.

La luce dell’uscita cresceva.

Marco si pose al centro del vagone. «Addio, sorellina».

Dieci secondi.

Ferretti trascinò Elena fuori.

Nove secondi.

Si gettarono nel vuoto.

Sei secondi.

Rotolarono sul pietrisco. Un’esplosione trasformò il treno in una sfera di fuoco.

Silenzio.

Elena aprì gli occhi. Sullo schermo lampeggiava: «Trasmissione completata 100%».

Sirene in lontananza. Ferretti tossì. «Hai appena dichiarato guerra a mezzo governo».

«Ho acceso una lampada in una stanza buia», rispose Elena.

«Dovrai sparire per qualche giorno», avvertì il commissario.

Elena fissò il relitto. «Che resterà di lui?».

«Un eroe anonimo. Ma il suo sacrificio farà rumore».

Un elicottero sorvolò la vallata. Elena strinse la chiavetta.

«Abbiamo ore per blindare le prove e convocare la stampa».

Ferretti annuì. «In auto c’è un collegamento satellitare».

«Sai cosa mi terrorizza?» sussurrò Elena.

«Che il mondo non cambi?».

«No, che domani non sia abbastanza. Ma andremo avanti finché lo sarà».

Camminarono nella notte, spalle all’incendio che illuminava la valle.

Davanti a loro, un futuro incerto, rischiarato da una scintilla di verità che nessun potere potrà soffocare.

Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Un racconto scritto benissimo, frasi rapide che ti inchiodano. Mi chiedevo, mentre leggevo: ‘come si fa in 1000 parole? Come ne veniamo fuori?’ E invece, abbiamo rotolato nel modo giusto.
    Molto bravo!

    1. Devo ammettere che non è stato facile, ma neglii anni sono stato abiatuato a stili di scrittura differenti, soprattutto quelli traggo dalle mie numerose letture! Grazie mille!

  2. Bel racconto, dal ritmo serrato e molto visivo. Si legge bene, con dialoghi credibili e una tensione che tiene fino alla fine. Mi sono piaciuti i dettagli pratici — i secondi che scorrono, la tensione fisica — che rendono la scena concreta.
    Devo dire che mi riconosco abbastanza in questo stile, anche io scrivo in modo simile, con attenzione al ritmo e ai dialoghi asciutti.