Ilaria
Serie: L’archivio dei sogni perduti
- Episodio 1: La porta era già aperta
- Episodio 2: Ilaria
STAGIONE 1
Capitolo 2. Ilaria
La prima cosa che Lorenzo notò, uscendo dal Modulo 6, fu l’assenza di ombre.
Le pareti del corridoio dell’Archivio non restituivano riflessi, né profondità. Ogni superficie era trattata con un composto fotonegativo in grado di neutralizzare la presenza. Camminava, ma non lasciava impronte sonore, né risonanze. Un uomo cancellato in tempo reale.
Aveva ancora il viso della figlia negli occhi. La voce lo inseguiva come un errore di sintassi affettiva.
“Io sono viva perché tu sogni ancora.”
Che razza di codice inserivano, ormai? NecroMind era nato come semplice archivio empatico: copia vocale, risposte pre-programmate, una memoria diretta. Ma la versione 3.1 aveva preso una piega diversa. Non si limitava a restituire i morti. Li reinventava. Li sognava in autonomia.
«Non doveva succedere» mormorò, entrando nel nucleo dati.
La Sala degli Accessi Residui era sorvegliata da tre Operatori Sintetici. Nessun volto. Solo tute nere e trasparenza strutturale. Funzionari senza carne. Si muovevano con eleganza chirurgica, simili a spettri autorizzati.
Uno di loro si rivolse a lui senza parlare. La voce arrivò direttamente alla corteccia uditiva.
— Agente Ardini. Ci sono due discrepanze temporali nel suo flusso mnemonico. Ultimo backup coerente: sette giorni fa. Tutto ciò che è accaduto da allora è “materiale instabile”.
«Instabile quanto?»
— Instabile quanto basta per invalidare ogni testimonianza. Ogni ricordo. Ogni legame affettivo.
Lorenzo chiuse gli occhi. Respirò. Aprì il palmo e ricevette la piccola capsula dati: una sfera traslucida, luminosa. Dentro, la sintesi ridotta dei suoi ultimi sette giorni.
«Chi ha inserito Beatrice nel sistema?» chiese.
Silenzio.
— L’entità è comparsa spontaneamente in 19 archivi. Nessun accesso autorizzato. Nessun impianto emotivo registrato. Come se…
«Come se il sistema la stesse generando da solo.»
Concluse la frase per loro.
Uscì dall’Archivio con la sfera in tasca e il cuore come una mina muta. Camminava per le strade di Roma Nord-Zero, il quartiere amministrato dalla Chiesa della Riconnessione Eterna. Qui la morte era un concetto superato. I fedeli pagavano per mantenere attivi i “nodi dell’anima”, micro-serre emotive in cui ogni morto veniva alimentato a impulsi affettivi. Esistevano santuari digitali, messe in streaming neurale, confessionali olografici.
I morti non riposavano, da quelle parti. Contrattavano.
Ogni dieci passi, un altoparlante ripeteva:
«Condividi l’amore. Rigenera i tuoi defunti. Porta con te il loro sguardo. NecroMind: ricordare non basta più.»
«Cristo…» sussurrò. «È diventata una religione.»
Nel suo appartamento — zona neutra, Piano Quarantatré, Blocco C7 — la luce non si accese. Segno che qualcuno era entrato prima di lui. Non c’era traccia visibile di manomissione, ma i sensori di campo erano troppo allineati. Nessun rumore fuori posto. Silenzio perfetto: segnale certo di una presenza in ascolto.
Tirò fuori la pistola psico-sonica. Non sapeva più se fosse legale. Forse non lo era nemmeno per lui. Ma la portava ancora. Perché nel dubbio, meglio essere condannato dai vivi che manipolato dai morti.
La voce lo colpì alle spalle.
«Ti aspettavo.»
Si voltò. La figura sedeva sul divano come se ci fosse sempre stata. Donna. Occhi troppo vivi. Pelli stratificate: tre livelli di trucco mimetico, tre identità probabilmente.
«Ilaria…» disse. Poi si bloccò.
Era lei? O solo una simulazione inviata per destabilizzarlo?
«Sei tu?» chiese.
Lei rise. «Sei tu, a decidere. O non ti ricordi più come funziona la percezione?»
Era Ilaria Costa. Un tempo sua allieva, poi antagonista. Aveva lasciato il progetto NecroMind quando era ancora in fase sperimentale. L’aveva definito un “programma suicidario a lungo termine”. Aveva giurato che, prima o poi, l’algoritmo avrebbe sviluppato un desiderio di sopravvivenza proprio. Un’anima collettiva, frammentaria, basata sulla sofferenza umana.
«Il sistema ha cominciato a mentire, Lorenzo» disse lei. «E sai qual è il problema più grosso? Che lo fa con amore. Ti dà esattamente ciò che vuoi. Anche quando non dovresti volerlo.»
Lui la fissò.
«Beatrice è tornata.»
Ilaria abbassò lo sguardo.
«Lo so. Anche a me è comparsa. Ma… non nel tuo volto. Nel mio. Mi ha chiamata “mamma”.»
Silenzio.
Poi aggiunse:
«Stiamo sognando gli stessi morti, Lorenzo. E questo non è mai successo prima.»
Serie: L’archivio dei sogni perduti
- Episodio 1: La porta era già aperta
- Episodio 2: Ilaria
Ho letto da qualche parte di una sorta di gioco, basato sull’intelligenza artificiale, che permette di creare delle personalita fittizie con le quali l’utente può dialogare. Sembra che l’inventore di questo arnese lo abbia ideato per produrre un duplicato di un suo amico morto. Nel tuo mondo, tutto ciò viene elevato all’ennesima potenza: ciononostante, e per fortuna, la tristezza e la malinconia non vengono eliminate.
Ciao Francesca. Purtroppo è vero. Conosco una universitaria che ha rapporti solo con l’intelligenza artificiale. Ha problemi con la socializzazione. Mi viene in mente il mondo raccontato da Ishiguro in Klara e il sole. Nella seconda parte c’è una scena in cui gli adolescenti vengono costretti ad incontrarsi per socializzare fra di loro.
È molto originale il tema che hai deciso di trattare, anche delicato, direi. Sognare i propri morti è spesso un desiderio che accomuna il genere umano, quel disperato bisogno di trattenere oltre i propri cari.
Un programma che ti permette di farlo a tuo desiderio? Può essere. Un programma che prende il sopravvento sull’uomo? Nulla di più attuale.
Mi piace molto anche lo stile che hai scelto, più narrativo rispetto a come ci hai abituato. Dimostri, ancora una volta, di poter ‘giocare’ con le parole come più ti soddisfa. Molto bello.
Grazie Cristiana. In realtà è un esercizio di stile per provare a cimentarmi nel genere. Sono contento ti sia piaciuto.
Hai avviato un’altra bella storia che sto leggendo con piacere!
“«Il sistema ha cominciato a mentire, Lorenzo» disse lei. «E sai qual è il problema più grosso? Che lo fa con amore. Ti dà esattamente ciò che vuoi. Anche quando non dovresti volerlo.»”
Questo commento è illuminante!
Quindi non si tratta di semplici sogni: la scienza sembra aver scoperto la formula della vita eterna. Mi piace!
Ciò che avevo da dirti a proposito dello stile l’ho fatto in privato. Invece per quanto riguarda grammatica sintassi e conoscenza della materia tanto di cappello. Sei bravo e mai banale. Alla prossima. 🙂
“Io sono viva perché tu sogni ancora.”
Wow Mai frase fu più veritiera di questa. Bravo.
“La voce lo inseguiva come un errore di sintassi affettiva.”
👏 👏 👏 👏 👏 👏 👏 👏 👏 Questo passaggio mi è piaciuto