
Impiegata del sesso
Serie: La storia di Maddalena
- Episodio 1: La mia storia
- Episodio 2: La formazione
- Episodio 3: La strada
- Episodio 4: I clienti
- Episodio 5: Venduta
- Episodio 6: Il prezzo del sangue – prima parte
- Episodio 7: Il prezzo del sangue seconda parte
- Episodio 8: Impiegata del sesso
- Episodio 9: Un nuovo padrone
- Episodio 10: L’incontro con Rocco
- Episodio 1: La doppia vita
- Episodio 2: La fine della strada
STAGIONE 1
STAGIONE 2
Non esiste una fine in questo mondo. Esiste solo un continuo cambiare di pelle, di adattarsi alle circostanze. Sono una prostituta. Ma ora sono anche una donna fatta. E so come si gioca questo gioco. So come restare viva.
Quando sono tornata sulla strada, non ero più la stessa. Il mio corpo era cambiato. Il seno più grosso, i fianchi più larghi. Il bambino non c’era più, ma il segno che aveva lasciato sul mio corpo era evidente. E agli uomini piaceva.
Il Lupo lo sapeva. Mi aveva guardata come si guarda una cosa che si è rivalutata nel tempo. Come un investimento che aveva finalmente dato i suoi frutti.
«Ora vali di più» mi disse, come se fosse una battuta. Io non risi.
Mi cambiò giro. Non ero più la ragazzina magra e disperata che si faceva trascinare nei vicoli bui. Ora ero una donna, con un corpo che attirava i clienti più ricchi, più esigenti. Mi mise su strade migliori, quelle dove le auto erano di lusso, dove gli uomini pagavano senza chiedere sconti.
Ma il Lupo voleva di più. Non era mai abbastanza per lui. E sapeva che le ragazze come me, dopo un po’, iniziavano a farsi domande. A cercare una via d’uscita, o almeno un modo per non sentire più niente.
Una sera mi prese da parte.
«Dovresti iniziare a farti» disse, con quella voce calma che mi faceva sempre gelare il sangue. «Così smetterai di pensare. Sarà più facile per te, e per me.»
Non era un consiglio. Era un comando.
Rifiutai. Non volevo perdere il controllo. Per quanto fosse poco, era l’unica cosa che mi teneva ancora viva.
Ma il Lupo non accettava rifiuti. Una notte, mi prese con la forza. Lui e i suoi uomini. Mi tennero giù, mentre lui mi infilava una pasticca in bocca. Mi strinse il naso finché non ingoiai, e poi aspettarono.
Non so cosa fosse quella pillola. Non ricordo molto di quella notte, se non le risate, le mani su di me, i corpi che mi schiacciavano uno dopo l’altro. Il soffitto girava, e io mi sentivo staccata dal mio corpo. Forse era quello che voleva il Lupo. Che non fossi più io. Solo carne, senza pensieri, senza resistenze.
Quando mi svegliai, avevo lividi ovunque. Il sapore amaro della droga ancora in gola. Il Lupo era lì, seduto sulla sedia di fronte al letto, che mi guardava come se fosse tutto normale.
«Vedi? Te l’avevo detto che sarebbe stato meglio.»
Ma io sapevo che non potevo continuare così. Se avessi iniziato a drogarmi, sarei finita. Non avrei mai più avuto il controllo di niente. Sarebbe stata la fine.
Così feci l’unica cosa che potevo fare. Trattai.
«Ti farò guadagnare di più» dissi, la voce roca per la droga e le urla soffocate della notte prima. «Lavorerò di più, farò tutto quello che vuoi. Ma non mi drogherò. E non voglio più stare sulla strada.»
Il Lupo mi guardò, sorpreso. Non si aspettava che fossi capace di trattare. Ma io ero cambiata. Non ero più la ragazza spaventata che aveva trovato anni prima. Ero una donna che aveva imparato a sopravvivere.
«Continua» disse, incuriosito.
«Lavorerò in casa. Riceverò i clienti lì. Tu avrai più soldi, io sarò più efficiente. Ma niente droga. E niente più strada.»
Mi fissò per un lungo momento, poi si alzò e si avvicinò al letto.
Mi trovò un appartamento. Bello. Arredato con gusto, con mobili che non avrei mai potuto permettermi in una vita normale. Un posto sicuro, dove potevo ricevere i clienti senza dover più camminare sotto i lampioni.
C’era anche una cucina. Un lusso che non avevo mai avuto. Ma non era una casa. Era solo un ufficio. Il mio nuovo ufficio.
Dalle dieci del mattino a mezzanotte, ogni giorno. Una telefonata, un indirizzo, il campanello che suona. I clienti arrivano, mi pagano, e facciamo quello che dobbiamo fare. Come una fottuta impiegata del sesso.
Il lavoro era sempre lo stesso. Il corpo era sempre lo stesso. Ma ora c’era una routine, una normalità che rendeva tutto ancora più surreale. Aprivo la porta, facevamo una breve trattativa, loro mi davano i soldi. Poi ci spogliavamo. La maggior parte non durava più di mezz’ora. Pochi preliminari, giusto il tempo di farli venire.
Quando finivano, andavano via senza dire niente. Io mi lavavo. Mi asciugavo. Come se non fosse mai successo. Mia madre mi aveva insegnato questo.
«Una lavata, un’asciugata e come non averla mai adoperata» diceva sempre. E così facevo.
Ogni cliente era solo un altro corpo, un altro volto che avrei dimenticato. Uno dopo l’altro, dalle dieci del mattino fino a mezzanotte. Una catena di montaggio.
Il Lupo mi lasciava sola. Ma non ero mai davvero lontano. Aveva messo telecamere ovunque. Mi osservava, controllava ogni movimento, ogni cliente che entrava e usciva. Non ero mai libera, nemmeno lì.
Sapevo che non mi avrebbe mai lasciato in pace. Ero diventata una macchina perfetta, una macchina che lavorava senza fare domande.
Ogni giorno era uguale all’altro. Il campanello suonava, io aprivo la porta. C’era sempre qualcuno diverso. Uomini d’affari, ricchi annoiati, padri di famiglia che non vedevano l’ora di entrarmi dentro.
Pagavano, scopavano. E poi sparivano.
La sera, quando l’orologio segnava mezzanotte, chiudevo la porta, mi sdraiavo sul letto e fissavo il soffitto. Vuota. Sempre più vuota.
Avevo tutto quello che potevo desiderare. Una casa, soldi, la possibilità di non stare più per strada. Ma ero ancora una prigioniera.
Dovevo lavorare, dovevo far guadagnare soldi. Era la mia unica funzione, l’unica ragione per cui ero ancora viva. Un’impiegata del sesso, nient’altro.
Serie: La storia di Maddalena
- Episodio 1: La mia storia
- Episodio 2: La formazione
- Episodio 3: La strada
- Episodio 4: I clienti
- Episodio 5: Venduta
- Episodio 6: Il prezzo del sangue – prima parte
- Episodio 7: Il prezzo del sangue seconda parte
- Episodio 8: Impiegata del sesso
- Episodio 9: Un nuovo padrone
- Episodio 10: L’incontro con Rocco
Un titolo assolutamente esplicativo, che non lascia alcun spazio alle interpretazioni.
Sembra proprio che questa storia non abbia una vera fine, come se, in fondo, si richiudesse su se stessa.
Passo al prossimo.
Maddalena dovrebbe essere, prima di tutto e sopra tutto, una persona. Eppure lei è la prima a non considerarsi tale, cresciuta in una situazione di totale disumanità. La cosa che maggiormente mi impressiona è il fatto che le sue ‘parole’ più ricorrenti, o meglio pensieri, richiamino il suo non essere nulla, vuota, un involucro. Il baratro fino al tentativo di suicidio, una sorta di ‘rinascita’ che certamente non lo è, e quel bambino che non nomina più. Una storia che veramente pesa.
Che storia triste
Ciao Rocco, non avevo idea che questa storia fosse vera a tutti gli effetti, che Maddalena non fosse un personaggio di fantasia creato per raccontare una realtà terribile in cui chissà quante donne sono prigioniere. Questo rende ancora tutto più agghiacciante e il tuo lavoro ancora più prezioso.
Che tristezza pensare che non è solo fantasia, che l’annientamento di una personalità e la negazione di una vita che poteva essere diversa sono cose reali, quasi banalizzate dalla cronaca. Sei crudo e duro ma fai pensare e quindi il tuo lavoro è ottimo, la tua scrittura impeccabile. Sai che soffro nel leggerti ma è un dolore necessario. Bravo Rocco.
Ciao, hai mai letto Don Winslow ? Lui si che è crudo. Io sto solo cercando di raccontare la storia di Maddalena attingendo dai suoi diari e ti posso assicurare che è tutta realtà purtroppo. Anzi ho dovuto edulcorare molti passaggi che altrimenti sarebbero stati difficili da digerire anche per me.
“Pagavano, scopavano. E poi sparivano.”
Cinque parole che raccontano perfettamente la situazione e lo stato d’animo della protagonista. Senza fronzoli, come tutto il racconto.
Una storia tremendamente cruda, come è giusto che sia parlando di prostituzione.